Neanche il più pessimista tra i tifosi azzurri avrebbe potuto immaginare che la vigilia di Liverpool-Napoli al 26 novembre fosse così grigia, spenta. Il Napoli è a quindici punti dalla vetta della classifica, a cinque lunghezze dalla zona Champions, i pensieri inevitabilmente vanno alle frasi dell’estate: “Il secondo posto non basta più”, “Ho bisogno di vincere”, “Questa società ha tutto per vincere”. Sono trascorsi solo quattro mesi dal ritiro di Dimaro, sembra che, invece, siano trascorsi dei decenni considerando il disastro emotivo a cui il Napoli sta sottoponendo i suoi tifosi, quel popolo che si sta mettendo in viaggio anche per la lontana Liverpool. A qualcuno interessa di loro? C’è la voglia di rimettere in piedi il puzzle o la priorità è farsi la guerra come se la stagione fosse già finita? Sono le domande da porre al presidente De Laurentiis che oggi è rientrato in Italia, nello stesso giorno in cui sono state inviate le raccomandate con le multe ai giocatori per la notte dell’ammutinamento, una vicenda di cui la stampa internazionale parla ancora, anche a Liverpool. La società ha subito un danno di credibilità, i giocatori hanno svuotato di senso un diktat del presidente, a livello simbolico si tratta di una mazzata che non poteva passare inosservata.
Il club ha il diritto d’individuare la strada più opportuna sotto il profilo legale ma deve esserci il dialogo quanto prima. De Laurentiis non risponde al telefono ad alcuni giocatori dal 5 novembre scorso, che senso ha? Il Napoli, che non vince da sei gare è spento, confuso, si è perso nei limiti che appartengono alla gestione Ancelotti sin dallo scorso gennaio, appesantiti dalla situazione creatasi. Tutto ciò preoccupa il presidente? Il Napoli non ha unità d’intenti, non c’è traccia del famoso “amalgama” che ricorda una storica citazione di Massimino, manca l’empatia tra la squadra e la gestione tecnica, è esploso un vuoto di gestione tra la programmazione societaria e le esigenze espresse da tanti giocatori, c’è chi da tempo tratta il rinnovo di contratto, quelli che volevano andare via o quelli che hanno capito che il Napoli avrebbe desiderato venderli ma sono rimasti per mancanza d’offerta congrue.
Il calcio non è un settore come gli altri, ha regole non scritte che appartengono alla sua storia, per rialzare la testa da situazioni difficili la professionalità non basta, il valore tecnico dell’organico non è sufficiente. Serve una scossa, le parti devono incontrarsi, tirar fuori tutto ciò che hanno dentro, raggiungere un compromesso e arrivare a fine stagione, in estate poi si faranno tutte le scelte più opportune. Il Napoli è a un passo dagli ottavi di Champions, ha bisogno per gli investimenti compiuti della dimensione europea per continuare a crescere, il quarto posto è un obiettivo più che alla portata e poi c’è la Coppa Italia. L’ammutinamento del 5 novembre è un fatto clamoroso, senza precedenti nella storia del calcio, rappresenta già un grave danno d’immagine per il club, per quanto tempo ancora deve pesare come una spada di Damocle sulla vita del Napoli? Andare avanti per inerzia non può essere una strada percorribile, serve intraprendere una direzione, assumersi tutte le proprie responsabilità.
Il Napoli non esprime entusiasmo, costanza nella determinazione, vive di fiammate d’orgoglio nei momenti in cui si ricorda delle qualità a propria disposizione, è in netto calo a livello offensivo, commette spesso gli stessi errori in fase difensiva subendo tra le linee e nello scivolamento laterale e soprattutto non vince da sei partite, ha subito già 19 gol a livello stagionale e ne ha segnati soltanto 13 nelle ultime 12 gare ufficiali. A che soluzione pensa Ancelotti? Almeno il silenzio dell’allenatore è quasi finito, domani ad Anfield torneremo ad ascoltare il suo punto di vista in attesa di conoscere le strategie del presidente. Dopo la risposta legale, qual è il piano del Napoli? Senza un’idea di futuro, è complicato immaginare una reazione seria della squadra che le consenta di trovare continuità.
Ciro Troise
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