Quattordici risultati utili consecutivi in campionato, diciotto complessivi prima del dignitoso ko di Madrid ma è bastata una sconfitta contro l’Atalanta per minare le certezze dell’ambiente. I volti di Sarri, Giuntoli e del direttore della comunicazione Lombardo, gli ultimi a lasciare il San Paolo dopo la mazzata subita dalla banda Gasperini, erano persi nel vuoto, alla ricerca di risposte per la terza sconfitta stagionale al San Paolo, il fortino in cui nella scorsa annata passò solo l’Inter in Coppa Italia.
Il Napoli ha iniziato male il suo ciclo terribile, quello che può determinare la valutazione della sua stagione, ma a fine febbraio è in corsa su tre fronti e, dopo aver fronteggiato prima la partenza di Higuain e poi l’infortunio di Milik, non era assolutamente scontato.
Tra i corridoi dell’Atahotel Executive, al termine della sessione estiva del calciomercato, erano noti a tutti i rischi di una squadra giovane, ricostruita attorno agli introiti derivanti dalla cessione di Higuain e all’identità di gioco strutturata da Sarri. Il mondo del calcio spesso soffre di amnesie, ha il brutto vizio di avere la memoria corta e farsi travolgere dalla legge del risultato, dalla “dittatura del periodo breve” che spesso sconfigge la capacità di programmazione e di valutazione sul lungo periodo.
Il Napoli post-Higuain ha alimentato un limite emerso spesso anche nella scorsa stagione: il gap in termini di carattere rispetto a coloro che sono abituati a vincere e possono vantare una lunga esperienza nella gestione degli appuntamenti importanti. Un anno fa il Napoli fallì il mese decisivo, a Febbraio arrivò l’eliminazione dall’Europa League, la sconfitta nello scontro diretto contro la Juventus e i pareggi contro Fiorentina e Milan che costarono la fuga bianconera. Quel gruppo ha perso il suo “leader tecnico” ed è lontano da Juventus e Roma riguardo a carattere, mentalità e personalità. Lo dimostra il dato delle quattro sconfitte subite contro le prime cinque della classifica e il calo psicologico verificatosi dopo la sfuriata di De Laurentiis a Madrid.
Contro l’Atalanta, alle difficoltà di natura tattica costruite dalla filosofia di gioco di Gasperini, si è aggiunto un evidente stato di smarrimento degli azzurri che soprattutto nei dettagli hanno palesato mancata convinzione nei propri mezzi, scarsa intensità e lucidità. C’è un filo rosso che unisce i passi falsi contro il Palermo e l’Atalanta, in entrambe le gare il Napoli ha sprecato molto sotto porta, un’osservazione che stride con i numeri del miglior attacco del campionato. Tale difficoltà a livello realizzativo va inquadrata anche in una profonda novità rispetto alla scorsa stagione: la Champions League, che sottrae tante energie a livello psicofisico, soprattutto quando presenta gare affascinanti, complicate e intense come quelle contro il Real Madrid.
Sarri e la squadra devono compattarsi, stringere i denti ed affrontare nel modo migliore questo ciclo terribile che può essere devastante, poi tocca a De Laurentiis finalmente affrontare il bivio che da anni si pone davanti alla sua gestione. Lenin sceglierebbe il Che fare come domanda, l’Amleto di shakesperiana ispirazione suggerirebbe la domanda “Essere o non essere”. La Roma, con l’approvazione del progetto del nuovo stadio, intravede una strada per arricchire le risorse a propria disposizione, il Milan e l’Inter a breve potranno contare sui capitali dei gruppi cinesi, nuovi proprietari delle due società di Milano, e il Napoli dovrà scegliere se fare o meno il salto di qualità per stare al passo con gli altri club.
Bisogna accelerare su tutti gli aspetti: stadio, settore giovanile e strumenti di marketing per accrescere il fatturato. La crescita a piccoli passi non basta più, negli ultimi mesi il Napoli ha potenziato la struttura societaria sotto il profilo della diffusione del brand, con un occhio specifico alla Cina, e la comunicazione attraverso i social. C’è una disparità netta tra la velocità imposta dalle trasformazioni del sistema economico globale e la crescita a piccoli passi del Napoli. E’ il momento di imprimere una svolta, le plusvalenze attraverso la compravendita dei giocatori hanno una centralità importante nel bilancio del club ma non possono rappresentare il “sol dell’avvenire” ed essere l’unico punto di riferimento strategico per l’evoluzione del Napoli. De Laurentiis guardi oltre i suoi schemi, il consueto attacco all’allenatore su cui scaricare le colpe nei momenti di difficoltà è diventato un esercizio sterile, che inasprisce gli animi e soprattutto priva il Napoli della capacità d’impostare una programmazione ad ampio raggio.
Ciro Troise
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