Ore 02:15 di un sabato qualunque di metà gennaio, il Napoli, dopo una prestazione a dir poco vergognosa anche a detta del proprio allenatore Gattuso, ha perso per la quarta gara di fila in casa 0-2 contro la Fiorentina e tutto il mondo azzurro è preoccupato per le sorti della propria squadra del cuore. Sono rientrato a casa da poco e mi accingo per andare a dormire, ma ogni due secondi mi fermo a pensare alla gara del San Paolo di qualche ora prima e per ogni azione che compio, dallo spogliarsi al lavarsi i denti, ci metto veramente un’ eternità. E tutto questo perché la mia mente è inondata dai pensieri sul Napoli.
Ore 03:05 provo a dormire e, ovviamente, non riesco a farlo, mi muovo continuamente, accendo il cellulare per distrarmi ma niente e niente ancora…
Ore 03:30 con uno scatto all’insegna del miglior Bolt accendo la luce, chiudo la porta della mia stanza, e accendo il computer e inizio a scrivere. Inizio a scrivere perché è una notte che non è fatta per dormire perché è tutto un contorcersi dentro, di girarsi e rigirarsi nel letto, di continue idee che viaggiano all’interno della mente, di paure, di tormenti, di nostalgie di cercare di capire i veri motivi di una crisi sportiva che sembra non aver fine, di sognare formazioni e moduli, di pensare a possibili nuovi acquisti, di fare calcoli per la zona Europa quando sei è positivo e di fare calcoli per la zona retrocessione quando passi allo stato del pessimismo più cupo insomma, è una notte di tormenti e pensieri. E’ una notte dove prendere il proprio portatile, ascoltare le canzoni che ti fanno attraversare oceani e monti con la mente e scrivere di getto tutto quello che ti passa per la mente per non tenersi dentro un macigno composto di ansie e patemi. E’ una notte senza fine, è una notte da vero tifoso napoletano.
Il tifoso napoletano è abituato alla sofferenza, al non vincere quasi mai, ma tutto questo fa parte del modo di essere di un sostenitore del Napoli perché la sofferenza in amore è un vuoto a perdere, come affermava Troisi, e sotto l’ombra del Vesuvio si perde molto spesso e in maniera molto amara.
Ore 03:37 la stanchezza si incomincia a sentire, ma l’immagine di quel bambino con la sciarpa del Napoli che piange sugli spalti del San Paolo, al fianco del proprio padre anche lui in preda al più totale sconforto, con quegli occhi azzurri che solo azzurri potevano essere, non lascia la mia mente e il mio cervello ricomincia a fabbricare pensieri e arrivo alla conclusione, che dentro di me già sapevo, che il calcio non è solo uno sport, non è solo ventidue uomini in pantaloncini che rincorrono una palla ma il calcio è sognare, il calcio è appartenenza, il calcio è identità, il calcio è scappare dalla vita monotona di tutti giorni, il calcio è un veicolo per far funzionare la propria fantasia, il calcio è metafora di vita, il calcio è l’animo stesso di un tifoso. Caro bambino dagli occhi azzurri, posso dirti che hai emozionato tutti i tifosi di calcio e che l’intero popolo azzurro, dal più anziano al più giovane, si è immedesimato in te.
Ore 04:00 c’è chi riesce a dormire, c’è chi è disteso sul letto ma con gli occhi aperti, c’è chi sta tornando a casa, c’è chi sta facendo l’amore, c’è chi sta litigando, c’è chi sta facendo una maratona su Netflix, c’è chi sta in discoteca e poi ci sono io che davanti a un computer cerco di scrivere qualcosa di astratto ma che tocca profondamente in maniera reale il proprio animo come solo sa fare la propria squadra del cuore. La propria squadra del cuore è come un familiare che ti accompagna per tutto l’arco della giornata, dove in un secondo lo mandi a quel paese e l’attimo dopo gli chiedi scusa perché sai che senza di lui la tua vita sarebbe riempita solo dalla solitudine.
Ore 04:28 gli occhi si chiudono da soli e posso dire che questo articolo molto probabilmente non sarà letto da nessuno visto l’orario e che, ancora più probabilmente, in questo articolo non sono arrivato a nessun punto, ma posso dire che mi sono sfogato, di sentirmi più libero e anche un filino speranzoso perché citando, in maniera banale e comune, Eduardo De Filippo: ”Add passà a nuttat”.
Di WILLIAM SCUOTTO
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