Dopo giorni (settimane) di polemiche, di astio, di critiche feroci, di offese, di scontri quasi fisici, si ritorna sul campo e gli uomini di Ancelotti affronteranno un match classico del calcio italiano: Milan-Napoli.
La novità in casa azzurra che, dopo anni di amore inscindibile, c’è un forte distaccamento tra i tifosi e la squadra. Prima il bersaglio (da una parte della tifoseria) era solo De Laurentiis, ma adesso, in maniera paradossale, i più criticati sono i giocatori.
Sembra che siano passati secoli dagli ‘abbracci’ a fine gara tra i calciatori e il pubblico del San Paolo in festa, sembra che siano passati secoli dall’immagine del pullman del Napoli bloccato a Fuorigrotta, che non riusciva a fare due metri senza fermarsi, per la grandissima mole di persone che inneggiavano i propri idoli prima della trasferta di Torino vinta per 0-1 con il goal di Koulibaly contro la Juve (22 aprile 2018).
Sotto l’ombra del Vesuvio, il punto più basso si è raggiunto quando si è incominciato a parlare di stagione finita: si discute di futuro, di giocatori dati per partenti certi ma siamo ancora a novembre e questo è inaccettabile per un club come il Napoli che non può chiudere un’annata quando mancano la bellezza di sette partite (tra campionato e Champions) prima della pausa natalizia.
C’è troppo da giocare, c’è troppo in ballo sia dal punto di vista economico che sportivo, ma soprattutto affettivo perché il pubblico napoletano non si merita di pensare già alla prossima stagione a metà novembre. Il pubblico napoletano si merita ancora di sognare che la propria squadra vada il più possibile in avanti in tutte le competizioni e di togliersi qualche soddisfazione al di là della propria vita perché tutti sanno che il tifoso azzurro vive in simbiosi con la propria squadra del cuore. La piazza sarebbe ingestibile in questi sei mesi, che da lunghi potrebbero diventare interminabili, se il Napoli si sciogliesse come neve al sole come cantava il grande Pino Daniele che quando lo si cita non si cade mai in errore.
Tutte le parti devono ricominciare a correre insieme per cercare di raggiungere gli obiettivi societari, di squadra e personali e per farlo ognuno deve fare un passo verso il proprio interlocutore e cercare di capirlo, sembra banale ma è questa è la più pura forma di democrazia e il concetto di democrazia non è mai banale. Non si può continuare a discutere in maniera puerile, non si possono avere vari ‘partiti’ all’interno di un spogliatoio, di una società perché le grandi vittorie si raggiungono con il gruppo unito, con le persone disposte a sacrificarsi l’un l’altro per avanzare ‘un centimetro’ sul campo e sul cuore dei propri supporters.
A Napoli non si ride più, a Napoli non c’è più quell’attesa snervante e allo stesso tempo eccitante prima di una gara, non si sente più il boato, anzi il ruggito del San Paolo. La conferma che si sta attraversando un periodo buio e tempestoso giunge dagli sguardi diversi dei vari Insigne, Meret e Fabiàn nei ritiri delle proprie nazionali, hanno un volto disteso che a Napoli manca dalla sconfitta contro il Cagliari
Al pubblico napoletano bisogna ridare la voglia di gioire, di esultare, di gridare, di recarsi allo stadio, di accompagnare il proprio club verso vittorie sperate, desiderate e agognate.
Non bisogna gettare la spugna, non bisogna dare tutto per finito, non bisogna impuntarsi perché c’è sempre un’altra partita, un’altra azione, un altro passaggio al proprio compagno, un altro tiro, un altro goal da realizzare.
Caro Napoli, parafrasando Kerouac, c’è il nulla dietro di te, tutto avanti, è sempre così sul campo da calcio.
DI WILLIAM SCUOTTO
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