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Caro Diego, sei come il primo respiro dopo il coma, senza te è tutto così vuoto

Una lettera d'addio per il Rivoluzionario che ha cambiato per sempre la nostra vita

Caro Diego,
è trascorsa una settimana da quando hai fatto l’ultimo scatto in questa vita terrena ed è tutto così talmente vuoto. E’ stata una settimana a dir poco allucinante, il mondo si è fermato a ricordarti: il Papa, capi di Stato, tutto l’universo calcistico, tutti i quotidiani  e ,addirittura, anche gli inglesi e le squadre che ti sono sempre state avversarie come Juventus, Verona, Lazio, Roma, Milan e, pensa un po’, anche il River Plate.
Tutti hanno avuto un pensiero, un ricordo per te e quindi chi sono io per scrivere qualcosa su di te? Nessuno, ma meriti un pensiero, un ricordo perché per chi come me vive di calcio ed è nato a Napoli la tua scomparsa toglie un qualcosa dentro che non tornerà più e sarà sempre con te ovunque tu sia adesso.

I MIEI PRIMI RICORDI

Iniziamo dal principio: io non posso vantarmi che ‘ho visto Maradona’ perché sono nato ad un mese  e mezzo dalla vittoria del primo Scudetto, ma posso dire che tu eri con me sin quando ero dall’utero di mia madre. Sì, perché erano gli anni delle radio e da lì ascoltavo la radiolina di mio nonno e di mio padre che cantava le tue magie.
Ho incominciato ad ammirarti sin da subito, prendevo tutte le videocassette che c’erano in casa mia e in quella
di mio nonno, accendevo il videoregistratore inserivo la videocassetta e sentivo quel rumore onomatopeico che solo l’inserimento di una VHS poteva emettere, premevo play e iniziavo a sognare….

Quando abbandonasti il tuo regno ero piccolissimo, 4/5 anni,  e giravo sempre i canali privati napoletani con la speranza di vedere i video a te dedicati che trasmettevano a ripetizione. Li divoravo e cercavo di memorizzare ogni secondo con la speranza di capire come mai mio padre, mio nonno e i miei zii ti amassero così tanto. Ma l’amore non si capisce, si vive.

LA MIA SETTIMANA  

‘Mercoledì, mi lasciasti in quell’angolo così’, direbbe Pino Daniele, e da lì è iniziata una settimana dove il mio unico desiderio, urlato dentro il profondo dell’anima, è stato: ”Inondatemi di Diego!”.  E devi sapere, caro Diego, che è stato così: eri dappertutto, ti ho cercato dappertutto, ti ho condiviso dappertutto, ho scritto di te dappertutto perché tu sei stato tutto. La settimana è stata scandita dalla pronuncia del tuo nome e dalle lacrime versate. Se il giorno e la sera l’impiegavo a scrivere di te, la notte l’impiegavo a guardare film e video su di te. E più passavano le ore, i minuti e i secondi e più continuavo a vedere e leggere di te, come se fossi una dose di eroina, perché non volevo lasciarti andare via, volevo che rimanessi con me perché non volevo, e non voglio ancora, accettare che tu non ci sia più.

IL MIO MARADONA VISTO  ALL’ ‘ESTERO’

La tua grandezza mi ha sempre seguito dovunque.  Quando andavo all’estero appena affermavo d’essere di Napoli, subito, immediatamente, mi rispondevano: ”Maradona”. Per il mondo intero il connubio tra te e la ‘nostra’ città è immutabile, indivisibile, infinito ed immortale.

Ricordo che sul traghetto di ritorno da un viaggio in Croazia incominciai a parlare con un uomo di Milano, gran tifoso del Milan,  e con degli occhi pieni d’entusiasmo e nostalgia mi disse: ”Peccato che tu non l’abbia visto. Quel Milan era fortissimo, ma io, come tanti altri, andavo allo stadio per vedere Maradona. Era una gioia pura vederlo in campo, anche quando non segnava. Era di un altro mondo”.  Quella conversazione mi diede la prova definitiva che la tua grandezza oltrepassava e oltrepassa muri e confini invalicabili a persone comuni.

IL MIO E UNICO MARADONA

Come ho scritto prima, sono nato in una casa dove si mangiava pane e Napoli. Da piccolissimo mi addormentavo non con i racconti delle favole, ma con i racconti dei tuoi goal, dei tuoi assist. Pensavo pure che Diego fosse un nome italiano, perché un sacco di bambini a scuola si chiamavano Diego e invece era ‘solo’ un tributo a te.

Tutta la mia famiglia mi ha raccontato di te, mi trasferivano i loro ricordi. Mi hanno detto che una volta venisti all’inaugurazione del campo da calcio nel parco a Scampia dove abitavano i miei nonni e desti la mano a mio zio che non se la lavò per settimane. Cioè tu a Scampia?!!!  Stiamo scherzando? Questo è l’esempio di un calcio che non esiste più, è l’esempio che tu sei sempre stato uno del popolo e hai sprigionato il tuo mito a vantaggio del popolo.

Ho una tua foto sopra al letto, come altre persone hanno Gesù, Santi, o la Madonna ,e quindi capirai il mio senso di profonda venerazione che provo per te. Appena ho visto i tuoi i goal mi hai disarmato, mi hai reso completamente ed eternamente tuo, mi hai reso un tuo devoto, mi ha hai fatto innamorare della ”pelota  que no

se mancha!”, del pallone che non si sporca.  Ti ho sempre visto come un gran artista come Caravaggio e Leonardo. Ti ho sempre visto come Socrate che non ha lasciato nulla di scritto, ma la tua Filosofia calcistica non abbandonerà mai questo pianeta. Ti ho sempre visto come Cavallo Pazzo che prima di combattere ai suoi disse: ”Oggì è un bel giorno per morire”.Ti ho visto sempre come un gran regista prima di girare un film capolavoro. Ti ho sempre visto con un’umiltà rivoluzionaria, come quando salutasti con un bellissimo messaggio il povero Astori. Ti ho sempre visto come i grandi della Storia che hanno marciato sempre insieme ai propri sul campo di battaglia; sarà una coincidenza, ma nei match che poi ti hanno portato un trofeo hai sempre collezionato assist o fatto partire con una delle tue giocate le azioni decisive e non hai mai segnato: finale del Mondiale 1986, i match che sono valsi i due scudetti contro Fiorentina e Lazio, e la finale di ritorno di Coppa Uefa contro lo Stoccarda. Ti ho sempre visto come un Dio pagano che ha compiuto miracoli tra noi uomini di buona volontà. Ti ho sempre visto come Diego Armando Maradona, el Pibe de Oro.

IL MIO ADDIO

Ho pianto tanto, non riesco proprio a dirti addio. Certo negli ultimi anni,  non eri presente tutti i giorni, ma il pensiero che tu prima o poi potessi dire qualcosa sul Napoli mi faceva sentire sempre protetto.

Come posso dirti addio? Posso solo dirti che mi hai pervaso di emozioni emerse dalle tue fantasie sul rettangolo verde. Posso solo dirti che se a Napoli si inventano la vita, tu hai inventato il calcio. Posso solo dirti  che se l’odio chiama l’odio, tu riuscivi a spazzare tutto come un temporale estivo e a portare amore. Posso solo dirti che mi hai insegnato che la gentilezza è la vera ribellione. Posso solo dirti che mi hai mostrato che per essere felici basta un pallone, una porta disegnata, un prato e verde e tanta fantasia. Posso solo dirti che con te ho capito che il calcio non è solo uno sport, ma una metafora di vita. Posso solo dirti che ballavi mentre giocavi e quando segnasti il goal più bello della storia del calcio contro l’Inghilterra con quel ‘ta, ta, ta,’  Victor Hugo Morales ti dava il tempo. Posso solo dire che hai riscattato un intero popolo stanco d’essere etichettato come perdente e camorrista. Posso solo dirti che tu per me sei il primo respiro dopo un coma: il più vivo, il più intenso, il più bello. Posso solo dirti che come per te il campo da gioco era il luogo dove la vita sparisce, i problemi spariscono, tutto sparisce, per noi tu avevi il poter di far scomparire tutto.  Come un bambino ha scritto al nonno che stai arrivando in paradiso, ti posso dire di salutare il mio e di mostrargli dal ‘vivo’ la tua classe. E’ impossibile racchiudere una settimana così tristemente intensa in una lettera, ma ti saluto con delle parole che mi hanno accompagnato in ogni momento questi giorni:

Eternamente azzurro,

eternamente Dio del calcio,

eternamente 10,

eternamente tuo,

eternamente nostro,

eternamente D-I-E-G-O…

DI WILLIAM SCUOTTO

 

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