L’avvento del nuovo periodo di lockdown, seppur parziale e differenziato nelle venti regioni che compongono il territorio nazionale, accende una spia di “allarme rosso” nei conti della maggior parte dei club della Serie A 2020/2021.
La richiesta al Governo e i debiti dell'”industria”
Lo scorso 25 ottobre, con una comunicazione predisposta dalla Lega Serie A e dalla FIGC indirizzata con estrema urgenza al Governo, è stata stimata una riduzione complessiva dei ricavi pari ad Euro 600 milioni (di cui Euro 200 milioni legati alla stagione 2019/2020 ed Euro 400 milioni legati alla stagione 2020/2021), causata dal propagarsi dell’emergenza sanitaria Covid-19, che ha portato alla chiusura degli stadi ed al conseguente venir meno degli introiti da biglietteria e da sponsor commerciali.
La richiesta di “aiuto” presentata al Governo è volta ad ottenere un pronto “ristoro” delle perdite subite, che possa essere efficace nell’immediato per evitare il collasso dell’intero sistema.
Ma come è stato possibile giungere in poco meno di due mesi dall’inizio delle competizioni professionistiche ad un passo dal precipizio economico-finanziario?
Le crisi da shock finanziari esterni – in questa epoca storica derivanti dall’emergenza sanitaria Covid-19 – possono essere affrontate solamente da società patrimonializzate e solide a livello finanziario. Come accennato nelle considerazioni svolte qualche mese fa, il sistema del calcio professionistico, nei suoi numeri aggregati (Serie A, B e C), non presenta tali caratteristiche. A tal proposito, si osservi che, già nel periodo pre-crisi Covid-19, questa “industria” presenta un’incidenza dei debiti ancora superiore all’80% dell’attivo patrimoniale, quest’ultimo in prevalenza costituito dal valore dei cartellini dei calciatori.
A ciò si aggiunga che, senza l’apporto – peraltro crescente – delle plusvalenze di calciomercato relative all’ultimo quinquennio, i ricavi, già nel periodo pre-crisi Covid-19, risultavano insufficienti a coprire i costi della gestione dei club professionistici. Tale dato è da interpretare criticamente, soprattutto se si pensa che il dato delle plusvalenze è quasi esclusivamente legato agli affari conclusi da un ristretto insieme di club di Serie A.
Di qui, l’immediata intuizione che una buona fetta dei club di Serie A potesse presentare una situazione di criticità economico-finanziaria, più o meno accentuata, già in una fase antecedente all’emergenza sanitaria che stiamo tutt’ora vivendo.
Rispetto all’emersione della situazione di crisi, l’assolvimento degli adempimenti economico-finanziari richiesti dal manuale di licenze nazionali della Lega Serie A ha certamente consentito la predisposizione della “griglia di partenza” e l’avvio del campionato, ma di contro non poteva e non può rappresentare condizione sufficiente per garantire il prosieguo della competizione e definire il futuro dei club professionistici.
La valutazione del rischio di crisi: il “grande assente” delle licenze nazionali
A tal proposito, nel sistema di licenze nazionali 2020/2021 – rivisto nei mesi estivi ed in pieno contesto di crisi Covid-19 – non si evidenzia alcun vincolo posto sulla valutazione del rischio di crisi, al quale tutti i club professionistici devono far fronte nel corso della stagione sportiva.
Di fatto, prendere in considerazione il solo parametro quantitativo legato al pagamento degli emolumenti, delle imposte e dei contributi non consente di effettuare preventivamente una completa valutazione del rischio di crisi dei club. Peraltro, questa valutazione non può essere basata esclusivamente sulle informazioni storiche e consuntive contenute all’interno del bilancio di fine stagione. Così come avviene in ambito bancario, risulta essenziale e necessario comprendere gli aspetti qualitativi (quali sono punti di forza e di debolezza rispetto ai concorrenti) e andamentali (quali sono le previsioni per il business sino al termine della stagione) per tenere sotto controllo i rischi.
Ciò premesso, è fondamentale che le società sportive professionistiche, al pari di ogni imprenditore commerciale in qualunque altro settore, siano in grado di gestire il rischio, effettuando una prognosi della situazione economica e finanziaria di durata almeno pari alla nuova stagione sportiva da affrontare.
In tal senso, è necessario andare anche oltre al sintetico dettato normativo e settoriale. Agli advisor economico-finanziari è affidato il compito di esortare in maniera esplicita i club a predisporre e formalizzare la pianificazione economica-finanziaria di stagione in stagione, prevedendo allo stesso tempo adeguati strumenti di monitoraggio dei risultati raggiunti, sia interni alla società sportiva professionistica (con la funzione di Amministrazione, Finanza e Controllo resa “obbligatoria” all’interno del manuale licenze nazionali) che esterni e che coinvolgano le attuali funzioni di vigilanza delle società di calcio (in particolare, la CoViSoC).
Solo attraverso un’analisi preventiva degli scostamenti risulta possibile accertare con tempestività e chiarezza il reale fabbisogno finanziario del club ed al contempo verificare le reali possibilità di avviare e concludere le competizioni sportive, nazionali e internazionali.
Fabrizio Versiero
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