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Basta cercare colpevoli, è tempo di trovare una soluzione

Il Napoli calcio sta vivendo un momento delicato della sua storia recente. Nella “notte del misfatto” dopo il match col Salisburgo si è scatenato uno tsunami che ha inghiottito tutti: società, allenatore e squadra. Un caos senza precedenti che è però solo il culmine di un mal di pancia che va avanti da tempo e si riflette nella mancanza dei risultati. E se da un lato (paradossalmente) è un bene che tutta la tensione accumulata sia uscita fuori, dall’altro è in scena un tutti contro tutti di cui non si possono prevedere le conseguenze.

Il quesito principale, oggetto di discussione in ogni salotto televisivo che tratta di calcio, è: di chi è la colpa? Chi è stato a far diffondere questa insofferenza peggio di un virus?

SOCIETA’: TRA “L’UMILIAZIONE PUBBLICA” E IL RITIRO FORZATO

Se un’azienda vive delle difficoltà, il maggiore indiziato non può essere che il proprietario. Ebbene come in questo esempio (che è soltanto chiarificatore), nel caso del Napoli le luci dei riflettori puntano inevitabilmente su un solo ed unico “personaggio”: la società, e nello specifico Aurelio De Laurentiis. Il patron azzurro ha più volte sottolineato che fino a non molti anni fa questa squadra “stava nella m…” e gliene va dato atto, ma in quanto a comunicazione non ha mai brillato, anzi. Accusato da molti addetti ai lavori di perseguire la logica del “padre padrone”, il presidente ha mostrato ancora una volta quello che può essere considerato il suo tallone d’Achille, dichiarando il ritiro senza pensarci due volte. Dov’è l’errore? In fondo la squadra era da un po’ che non girava, i risultati erano stati deludenti con quell’unico punticino guadagnato nel doppio scontro diretto contro Atalanta e Roma e una classifica impietosa per una delle realtà più grandi del panorama calcistico italiano. Decisione lecita, dunque, se non fosse che è stata comunicata senza confronto alcuno con i diretti interessati. Carlo Ancelotti e la squadra si sono trovati davanti al fatto compiuto e ciò non è stato digerito. Per non parlare dell’allenamento a porte aperte di giovedì scorso. In un clima già così infuocato condurre i giocatori a quella “umiliazione in pubblica piazza” non è stata una scelta proprio saggia. Risultato? I tifosi, inferociti a dir poco, gettano fuori tutto il veleno con fischi, cori e striscioni in giro per la città. Molto male per una società che punta a rimanere ai vertici e sogna in grande, una comunicazione così lacunosa rischia di danneggiare l’ambiente in maniera irreversibile.

ALLENATORE: LA SMANIA DEGLI ESPERIMENTI E IL CASO GHOULAM

Non è certo esente da colpe Carlo Ancelotti. Non peccherà forse nell’aspetto comunicativo, la sua professionalità e cordialità lo portano ad essere da sempre uno dei tecnici più amati umanamente dai propri calciatori. Ed anche con la società non ha mai pronunciato una parola fuori posto. Basti guardare la reazione che ha avuto in conferenza stampa quando ha appreso la notizia del ritiro: garbatamente si è detto contrario alla decisione societaria e dopo la sfida col Salisburgo è tornato a Castel Volturno come da programma. Allora dov’è sta l’inciampo? Sicuramente nella gestione della formazione. C’è chi dice di no, ma tra le cause della “ribellione” vi è anche l’insoddisfazione di alcuni calciatori per il fatto di giocare in posizioni che non permettono loro di esprimersi ai massimi livelli. Ergo, le prestazioni sottotono non sono altro che la naturale conseguenza di tale situazione. Non meno grave è l’altra grandissima falla nella gestione di Ancelotti: il rapporto con Faouzi Ghoulam. Ci si era convinti che questo potesse essere l’anno della rinascita per lui e che le difficoltà erano dettate solo dalla scarsa condizione fisica derivata proprio dai numerosi infortuni, ma col tempo si è scoperto che c’è dell’altro. Ciò che lo testimonia più di ogni altra cosa è l’episodio del mancato ingresso in campo contro la Spal, altra gara-chiave nella stagione del Napoli. Nella trasferta ferrarese per la prima volta Di Lorenzo sulla sinistra. Sul lato opposto viene schierato, invece, Malcuit, che nel secondo tempo s’infortuna ed è costretto al cambio. L’algerino quel giorno era a disposizione dopo l’ennesimo stop e velocizza il riscaldamento per prendere il posto del francese (con conseguente spostamento di Di Lorenzo sulla sua fascia di appartenenza), eppure Ancelotti stupisce tutti: non entra Ghoulam ma Callejon, impiegato nell’inedito ruolo di terzino destro. Il tutto sta a dire che saranno pure questioni di campo, ma è così assurdo pensare che anche queste ultime possano creare disordini e tensioni nello spogliatoio?

SQUADRA: QUANDO DALLA RAGIONE SI PASSA AL TORTO

Il terzo elemento di questa discussione sono i giocatori. Tutti. Indistintamente. Avevano tutte le ragioni del mondo dalla loro visti i motivi esplicati. Ma si sa, a volte il confine tra l’essere nella ragione e l’essere nel torto è sottilissimo. “Pè ‘n’aceno ‘e sale, perdimm’ ‘a menesta” si dice a Napoli, tant’è che gli è bastato un solo gesto (seppur bello pesante), quello dell’ammutinamento, per attirare su di sé le attenzioni dei “predatori”, ossia i tifosi, che gliene hanno dette di ogni. Un unico passo falso che ha fatto scoppiare il putiferio. In seno a qualcuno di loro c’era il malcontento per l’occasione della vita mancata (vedi Allan), ad altri le parole del presidente De Laurentiis sul “non sacrificio per il loro rinnovo” e la vita che avrebbero condotto in Cina hanno fatto storcere il naso (vedi Mertens e Callejon), una reazione del genere però non è ammissibile da parte di un gruppo di professionisti. Va bene rivendicare i propri diritti, ma inimicarsi il proprio datore di lavoro non è di certo la strada giusta. Un atto di isterismo che sa di scorrettezza nei confronti degli stessi sostenitori azzurri, coloro che più di tutti da sempre incitano i loro beniamini fino all’inverosimile in virtù dell’amore folle per il Napoli. Questa rivolta li ha feriti nell’orgoglio. “Con tutti i soldi che guadagnate avete fatto rumore per 5 giorni di ritiro in una struttura con tutte le comodità?!” urlano in tanti, come a dire “noi facciamo mille sacrifici per venirvi a vedere, ammirare e supportare e voi ci ripagate così?!”. E’ anche vero che forse pure la loro reazione è stata a tratti spropositata con quei cori e striscioni con cui hanno tappezzato la città, ma i napoletani sono viscerali nei confronti della squadra azzurra, per loro è una ragione di vita e la risposta a questa situazione lo dimostra: può sembrare ingratitudine, cattiveria, e invece è puro e semplice amore.

Ora, però, non è il momento di puntarsi il dito a vicenda. Bisogna comportarsi da persone adulte e chiarirsi perché la stagione è ancora lunga e non è pensabile portarla avanti con questo clima. Lo scialbo 0-0 contro il Genoa è stato il culmine di una settimana dura, il punto più basso probabilmente. Adesso tocca riordinare le idee e la sosta può essere l’occasione giusta che deve essere sfruttata nella maniera più assoluta: basta cercare colpevoli, è tempo di trovare una soluzione.

Giuseppe Migliaccio

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