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Armando Izzo, da Scampia alla Nazionale: la favola di chi deve dimostrare due volte

Una carriera sempre a dover dimostrare qualcosa e il coronamento di un percorso iniziato 15 anni fa

“Quando nasci in certi posti devi dimostrare tutto due volte. La prima volta devi dimostrare di non essere quel posto, la seconda volta devi dimostrare di essere te stesso”. Sono quelle frasi che ti vengono in mente in un viaggio in treno, in perenne ritardo, quando il wi-fi non funziona, il tuo vicino di posto dorme e quello davanti a te è alla prese con bambini troppo scalmanati. Ci pensi, e ti viene in mente una di queste frasi. Quelle da bacheca Facebook e da big likes facili. Ti dici di volerle utilizzare in qualche articolo e invece succede che te le scordi, perse tra i mille pensieri della quotidianità.

Questa mattina mi è tornata in mente alla notizia della convocazione in nazionale di Armando Izzo. Come mi è tornata in mente la prima pagina della Gazzetta che titolava “Gomorra in campo”, con tanto di sagoma di Izzo sovrimpressa alla copertina del best-seller di Saviano (ci torneremo più avanti). Gomorra, o meglio Scampia, è uno di quei “certi posti”, quelli in cui devi dimostrare tutto due volte. Saviano ripete spesso che è il “luogo dove il male è sempre esistito”. Balle! Neanche esisteva Scampia 40 anni fa! Il male non è assoluto, così come il bene. E non è prerogativa di un posto. Ma queste sono cose che appunto devi dimostrare. Perchè se vieni dal quartiere più discriminato della città più discriminata della regione più discriminata d’Italia capisci fin da subito che la tua strada sarà perennemente in salita.

Questo è l’incipit della storia di Armando Izzo. Primi anni 2000. Armando ha 9 anni. Come quelli della sua età gioca a calcio. Ma non lo fa negli oratori o in qualche scuola calcio prestigiosa come molti dei suoi attuali compagni in Serie A. Lo fa per strada, tra gli alberi, le panchine dismesse, le buche per strada e le macchine degli automobilisti di fretta che ti costringono ad avere quattro occhi per non finire investito. Magari c’è anche qualche anziano che si lamenta, che millanta il suo diritto al riposino pomeridiano. E il diritto di un bambino di 10 anni di essere felice? Dove lo mettiamo? Uno spiazzale, un Super Santos e due giacconi come porte. E per 3-4 ore non esiste Scampia, Gomorra, Vele o droga.

Quando giochi a calcio per strada ci sono poche regole: il più piccolo va in porta, il proprietario del pallone gioca sempre, si finisce quando fa buio e soprattutto non ci sono ruoli. O meglio, ce ne sono solo due: o sai segnare, e quindi giochi in attacco, o sai non far segnare, e quindi giochi in difesa. Armando sa non far segnare. E lo sa fare molto bene. Si nota che è una spanna sopra gli altri. Li senti gli anziani mormorare “Chisto è forte!” “’O guaglione addiventa giocatore”

Basterebbe questo per rendere comunque la storia di Armando Izzo interessante. Basterebbe questo ed un salto di 15 anni, fino a questa mattina, fino al momento esatto in cui Ventura ha deciso di convocarlo in nazionale al posto dell’infortunato Barzagli. Già, ma in questi 15 anni è successo di tutto. Una carriera calcistica, ma soprattutto una vita in costante sali-scendi, sulle montagne russe. Le gioie alternate alle delusioni, la perenne sensazione di potercela fare seguita immediatamente dopo da un evento che ti spezza, come il lutto per la morte di tuo padre.

Cose che ti segnano, soprattutto quando non sei più un bambino ma non sei ancora un uomo. E quella voglia di mollare tutto, di dire addio al calcio. Quante volte Armando l’ha pensato, quante volte è stato vicinissimo a dire addio a quel gioco che in quel momento, con un padre che non c’è più e con una famiglia bisognosa di soldi, ti sembra essere la cosa più insignificante del mondo. L’ha pensato, ma non l’ha mai fatto. Merito di chi gli era accanto. Menzione anche per loro. Perchè ogni storia che si rispetti ha un protagonista, ma anche decine di co-protagonisti. Come lo zio che lo porta per la prima volta all’Arci-Scampia, la scuola calcio del quartiere, o l’ex responsabile del Settore Giovanile del Napoli Giuseppe Santoro che lo ingaggia nel Napoli. E il suo vecchio allenatore Felice Mollo. Uno che ha creduto in lui. Tutti lo ritenevano fisicamente poco adatto al calcio e invece Mollo gli ha dato l’unica cosa di cui un ragazzo come Armando aveva bisogno: un’opportunità. Co-protagonisti di questa storia, ricordandoci soprattutto del suo agente Paolo Palermo, una sorta di secondo padre per Armando. Quando tutto era buio, quando Armando stava per mollare definitivamente, lui c’è stato. Addirittura lo andava a prendere a casa sua, per non fargli saltare gli allenamenti.

Anche qui la storia potrebbe fermarsi, potremmo già scrivere un finale. Armando Izzo gioca nelle giovanili del Napoli, fa il solito giretto di prestiti per crescere, disputa una grande stagione ad Avellino. Tutto perfetto. Mancherebbe solo l’ultimo tassello: il riscatto del Napoli. Sarebbero bastati poco più di 200mila euro e Armando Izzo sarebbe diventato a tutti gli effetti un giocatore del Napoli. Della prima squadra. Con possibilità di esordire al San Paolo, davanti a quei bambini con cui giocava a pallone a Scampia, ora diventati uomini e che magari avevano messo da parte i loro magri stipendi per comprarsi un biglietto in Curva e vederlo giocare con la maglia del Napoli. Lui, il ragazzo di Scampia, quello che aveva dimostrato, due volte, di potercela fare. E invece no, il Napoli non lo riscatta, lo lascia all’Avellino che a sua volta lo gira al Genoa. C’è chi in Serie A ci entra subito, dalla porta principale, e chi lo fa da quella di servizio. Poco male, perchè al Genoa Izzo trova il suo spazio e la sua dimensione. Esordisce, si prende la maglia da titolare e inizia ad accumulare diverse ottime prestazioni. Lascia a Napoli più di un rimpianto per averlo perso per un proverbiale piatto di lenticchie.

Questo è il terzo momento in cui potevamo scrivere un finale. Armando Izzo ha dimostrato di essere se stesso, un buonissimo difensore in grado di giocare in Serie A. Purtroppo ha dimostrato di essere se stesso, ma non ha ancora dimostrato di non essere il luogo da cui proviene. Ve lo ricordate l’incipit? La frase iniziale? E la prima pagina della Gazzetta? Ecco, questo è il momento preciso nel quale tutte queste componenti entrano a pieno titolo nella narrazione. Armando Izzo da Scampia, Napoli. Per gli italiani è un marchio, qualcosa di indelebile. Se per il resto del paese esiste la presunzione di innocenza, qui è il contrario. Non sei innocente fino a prova contraria, tutt’altro. Sei colpevole fino a che non riesci a dimostrare la tua innocenza. Troppo facile e troppo ghiotta l’occasione per mettere insieme Izzo, Scampia e Camorra. Quando l’ennesimo capitolo del calcioscommesse italiano scopre il coinvolgimento del clan Vanella-Grassi Izzo è tirato in ballo, senza prove concrete, senza certezze. Solo una semplice equazione che fa dire come uno di Scampia non possa che essere dentro il sistema che “governa” Scampia. Che uno nato in Gomorra non possa che essere Gomorra. E’ questa la parte più difficile, il dover sempre dimostrare il contrario.

Ci riesce, anche stavolta. Non c’è un briciolo di prova che possa collegarlo all’ennesimo scandalo del calcioscommesse. Certo fa sorridere vedere come persone realmente colpevoli siano cadute nel dimenticatoio, mentre chi colpevole non era è stato costretto a difendersi da inutili pregiudizi. Ma Armando è così, ne ha passate tante, forse troppe. E quella pagina della Gazzetta appartiene già al passato. Totalmente assolto, nessuna prova contro di lui. Così può tornare a fare ciò che gli riesce meglio, tornare a giocare a calcio. Ha dimostrato di non essere Gomorra, ora può tornare a dimostrare di essere un calciatore. La convocazione in nazionale di questa mattina è forse il modo migliore per dimostrarlo. Il punto esclamativo alla fine della frase, il finale della storia che stavamo aspettando.

Finita? La concludiamo? No, anche se stavolta potremmo farlo davvero. Ci riserviamo di scrivere l’ultimo capitolo. Chi lo sa. Forse l’esordio in nazionale, una convocazione mondiale, l’esordio in qualche competizione europea o, romanticamente, l’indossare quella maglia azzurra (non quella dell’Italia), quella della squadra della sua città…

Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio

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I Am Naples Testata Giornalistica - aut. Tribunale di Napoli n. 33 del 30/03/2011 Editore: Francesco Cortese - Andrea Bozzo Direttore responsabile: Ciro Troise © 2021 IamNaples
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