Il “rumoroso silenzio” del San Paolo senza le curve, svuotate di passione dall’applicazione ortodossa del regolamento d’uso dello stadio, è lo scenario perfetto per la sconfitta del Napoli contro il Bologna. Uno “scheletro di folla”, l’avrebbe definito Galeano, un luogo senza empatia che vive d’applausi e cori sporadici che sembrano andare in sintonia con una squadra che da tempo non ha continuità né di gioco né di risultati. La notte di Anfield è una rondine che non fa primavera, si sono mescolati tanti fattori che hanno contribuito alla prestazione e al risultato: vetrina internazionale che aumenta il “fuoco delle motivazioni”, identità tattica particolare con il Napoli “difesa e contropiede”, un vestito che in questo momento di grande difficoltà mette di più a proprio agio la squadra. “Abbiamo messo in mostra dei problemi di qualità, nella costruzione del gioco, di velocità e lucidità nei passaggi”, dichiarava Ancelotti prima della partita contro il Liverpool. Gli stessi problemi si sono visti contro il Bologna, non è un caso che l’azione del gol di Sansone nasce da una palla persa in uscita da Maksimovic. Il 4-3-3 rende più incisivi Insigne e Lozano, infatti, il messicano è andato a segno in fuorigioco e Lorenzo ha ispirato il gol di Llorente ma in mezzo al campo i disastri sono quelli soliti. L’uscita palla è lenta e farraginosa, soprattutto senza Allan c’è la tendenza a lasciare le praterie agli avversari nelle ripartenze, tra le linee, e il Napoli cala alla distanza. Gli azzurri si sono fatti rimontare sul pareggio dall’Atalanta, hanno perso contro il Cagliari nel finale e anche ieri il Bologna ha invertito la rotta nella ripresa.
Zielinski da play è un giocatore frenato, vorrebbe “strappare”, attaccare gli spazi tra le linee e, invece, è chiamato a lavorare da vertice basso snaturandosi, le catene laterali non funzionano. A destra soprattutto il Bologna costruisce le sue uscite sui movimenti di Tomiyasu, le distanze tra Lozano, Elmas e Maksimovic aumentano a vista d’occhio e l’azione che porta al pareggio nasce proprio così, il Bologna in quel frangente prende campo. Perché Mario Rui non riesce a giocare due gare di seguito? Che senso ha schierare Llorente e limitare l’ampiezza con Maksimovic a destra e Di Lorenzo adattato a sinistra? Ancelotti a fine partita ha messo la squadra nel mirino e la decisione dopo il confronto durato un’ora abbondante di mandare tutti in ritiro da mercoledì fino alla partenza di venerdì per Udine conferma il pugno duro. Il Napoli non ha intensità perché non riesce ad essere corto e compatto, ha perso entusiasmo, fiducia nel progetto tecnico e nella gestione societaria, dallo spogliatoio filtra che da tempo il confronto tra calciatori è dominato dalla questione ammutinamento e dalle relative multe, il pallone sembra non essere più una priorità. Vista la qualità a disposizione in organico, il Napoli riesce sempre a creare varie palle-gol ma i suoi interpreti sono poco lucidi in fase offensiva. Lo dimostrano i numeri: il Napoli ha realizzato 30 gol stagionali, 15 nelle prime 5 gare, gli stessi nelle successive quattordici. I problemi non nascono da queste ore, ma dall’ammutinamento del 5 novembre la situazione è degenerata, è parso in maniera evidente che nel Napoli ci sono tre blocchi: società, allenatore e squadra con tante questioni irrisolte. Senza una scelta drastica per il Napoli non può esserci futuro ma solo qualche sporadica gioia.
Ciro Troise
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