A livello stagionale il Napoli ha realizzato sette gol in meno e subito sei in più ma, oltre l’aspetto tecnico, il rendimento, la missione più importante in vista della prossima stagione è creare l’empatia tra il pubblico e la squadra, sviluppare il senso d’appartenenza, far sentire i tifosi la responsabilità di essere sostenitori e non clienti. Per le gare del campionato in corso, il San Paolo ha una media di 28953 spettatori, poco più di 14000 in meno rispetto a quella della scorsa stagione. Bisogna risalire alla seconda annata in serie C per trovare dati più bassi, il Napoli è settimo in questa speciale classifica, farebbe fatica anche a qualificarsi all’Europa League.
Avere uno scenario poco esaltante per le gare interne è un problema, non è un caso che, appena sono calate le motivazioni, il peso del San Paolo è scomparso, nell’ultimo mese il Napoli a Fuorigrotta ha battuto solo il Cagliari con sofferenza, ha pareggiato contro il Genoa nonostante l’ampio spezzone di gara giocato in superiorità numerica e ha perso contro l’Arsenal e l’Atalanta. A questa problematica si può rispondere in due modi: essere presuntuosi, specchiarsi nella certezza delle proprie tesi anche sacrosante come il ricordo della storia del Napoli in cui il secondo posto è un’eccezione positiva e non una “triste” abitudine, accusare i tifosi che non vengono allo stadio di essersi imborghesiti, di avere “il grasso al cuore” oppure provare a studiare, comprendere le motivazioni, fare degli opportuni confronti con ciò che succede altrove, anche all’estero. A vedere una partita di calcio si va per due grandi motivazioni: la forte passione per la propria squadra o il desiderio di vivere un’esperienza sociale. Quelli che sono andati allo stadio all’estero sanno che il calcio altrove è un’altra cosa, significa immergersi nello store ufficiale del proprio club, godersi delle ore al ristorante o con delle birre, in ambienti dove vige il rispetto delle regole. In Italia questo modo di seguire il calcio non può diffondersi senza stadi nuovi e moderni, viviamo in un paese conservatore, bloccato sotto il profilo economico, refrattario al cambiamento eccetto pochi segnali come le svolte avvenute sugli stadi in varie città.
Riguardo alla passione, a Napoli si registra un calo dovuto a molte ragioni: sullo sfondo c’è una trasformazione sociale, nelle generazioni più giovani il calcio non è più dominante per la mediocrità del prodotto italiano ma anche per motivazioni più ampie: non è più così diffuso il rito di trascorrere tante ore per strada a giocare a pallone nell’era dei videogames e dei social network. L’analisi sociologica è sullo sfondo, poi ci sono le questioni calcistiche più stringenti. Il calo di spettatori al San Paolo somiglia a quanto avvenne nella seconda annata vissuta in serie C, dopo la delusione per la sconfitta in finale play-off contro l’Avellino. La dimensione raggiunta dal Napoli è completamente differente ma lo shock per Inter-Juventus e lo scudetto perso con Sarri è molto simile a quanto avvenne quattordici anni fa. Il peso forse è ancora più grande perché coincide con una crescita di sfiducia nel sistema calcio e la perdita del sarrismo, filosofia di gioco che ha fatto appassionare così tanto i napoletani al punto da occupare spesso completamente il vuoto creato dalla distanza siderale tra la comunicazione del presidente De Laurentiis e il pensiero dei tifosi.
Ci sono poi le aspettative generate dall’arrivo di Ancelotti, l’ottimo rendimento nella prima parte della stagione e il calo che ha creato ulteriore disaffezione, in mezzo c’è stata una storia che ha fatto malissimo nell’indifferenza generale. Il Napoli si è privato del suo capitano, del centrocampista tecnicamente più forte in organico a febbraio, senza sostituirlo ma soprattutto non costruendo un rito a cui ogni tifoso tiene tanto: il saluto a chi si è affezionato come dimostra la giusta polemica nei confronti di Sarri sul mancato ingresso di Christian Maggio in Napoli-Crotone. Per Hamsik nessun giro di campo, solo la promessa che chissà quando tornerà al San Paolo a salutare. Quando il pallone in onore del Dio Denaro degli ingaggi e delle plusvalenze cancella l’abbraccio con i tifosi, allora è inevitabile che ne risenta il sentimento, la benzina di quest’industria.
In vista della prossima annata, ci sarà il San Paolo con un volto migliore e la possibilità di realizzare la campagna abbonamenti, siano i primi passi per costruire una storia diversa.
Ciro Troise
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