Il peggior avversario preso forse nel miglior momento possibile. Così si può riassumere il sorteggio dell’Europa League per il Napoli. Gli azzurri si troveranno faccia a faccia con il Barcellona. Retrocessi dalla Champions i blaugrana stanno vivendo una stagione travagliata, avendo già cambiato allenatore, e sono alla ricerca di una loro identità nel post-Messi.
La storia
La storia del Barcellona è intimamente legata a quella della Catalogna. La regione autonoma della Spagna ha infatti da sempre esercitato un legame a doppio filo con quello della squadra del suo capoluogo. Eppure, paradossalmente, il Barcellona nacque come squadra “internazionale”, fondato da un gruppo di svizzeri e inglesi, in contrapposizione all’autarchico Espanyol che invece all’inizio schierava solo giocatori spagnoli. Tale internazionalità si rifletteva soprattutto nel nome inglese Football Club Barcelona.
Fin dai primi anni il Barcellona divenne una delle presenze fisse ai vertici prima della Catalogna e poi, quando fu creato il primo campionato nazionale, della Liga. Giocatori come Zamora e Alcantara trascinarono il Barça alla vittoria di diversi titoli nazionali. L’arrivo di Franco e il cambio di denominazione (a causa di una spagnolizzazione dei nomi troppo inglesi) coincisero con l’esplosione anche a livello “culturale” del fenomeno Barça.
Gli anni de franchismo, sebbene pieni di successi, con la squadra guidata da talenti come Herrera e Daucik, videro l’affermarsi del Barcellona come simbolo di “ribellione” nei confronti del potere centrale rappresentato da Madrid e dal Real. I simboli del Barcellona sostituirono quelli catalani vietati per legge e sugli spalti delle mura amiche si iniziò a preservare quell’identità catalana che sarebbe poi esplosa con il ritorno della democrazia.
Dopo un periodo opaco negli anni ‘60, gli anni ‘70 portarono il Barça di nuovo alla ribalta. Con Cruijff il Barcellona divenne una squadra culto anche a livello internazionale, legando la sua fama a quella del talento olandese. Negli anni ‘80 tale fama sarebbe potuta continuare con Maradona, ma una serie di problemi ambientali portarono alla cessione del Pibe de Oro al Napoli. In quel periodo il Barça soffrì non poco il duopolio tra il calcio basco (rappresentato dai rampanti Athletic Bilbao e Real Sociedad) e quello madrileno degli eterni rivali del Real.
Solo il ritorno di Cruijff, come allenatore, nell’88 consentì alla squadra di aprire un ciclo di successi. La Coppa Campioni del 1992, ai danni della Sampdoria, fu il coronamento di un ciclo che vide il Barça dettare legge anche in patria. Il periodo di successi continuò per tutti gli anni ‘90, con calciatori del calibro di Ronaldo, Figo e Rivaldo che mostrarono il loro talento in quel di Barcellona.
L’inizio del 2000, che coincise con un periodo “particolare” del calcio spagnolo, vide un momentaneo ridimensionamento del Barcellona, fino ad arrivare al 2004. Il nuovo tecnico Frank Raijkaard gettò le basi di quella meravigliosa squadra che poi Guardiola avrebbe portato sul tetto del mondo. La cantera del Barcellona sfornò in quel periodo talenti come Xavi e Iniesta e il Camp Nou vide muovere i primi passi da calciatore professionista di Lionel Messi.
Gli anni successivi al 2004 hanno visto il Barcellona dominare in patria e all’estero. Nemmeno l’addio di Guardiola ha scalfito una macchina che sembrava perfetta. Che solo l’età poteva fermare. Una pianificazione dirigenziale disastrosa, debiti accumulati e un mancato ricambio generazionale hanno però portato il Barcellona ad un crisi prima economica e poi tecnica che è culminata con l’addio di Messi quest’estate. Da allora i catalani cercano disperatamente una loro identità, arrivando anche a chiamare in panchina l’ex centrocampista Xavi.
La rosa
Dal punto di vista del valore nominale la rosa del Barcellona si presenta forse come quella migliore dell’Europa League. Il problema è che sembra una squadra ancora alla ricerca della sua identità, ancorata in parte ad un passato difficile da lasciare e in parte ad un futuro ancora poco definibile.
Giocatori come Piquè, Busquets, Sergi Roberto rappresentano quell’anima catalana e canterana che si sta cercando un po’ di recuperare con l’arrivo in panchina di Xavi. Accanto a loro coesistono calciatori come Dembelé, De Jong, Depay che spesso rappresentano investimenti eccessivi e non ancora ripagati.
L’allenatore
La stagione del Barcellona era iniziata con Koeman in panchina. Un avvio a dir poco disastroso e il Barcellona è stato costretto al cambio. Al suo posto l’ex bandiera Xavi Hernandez, una vita con i colori blaugrana, centrocampista e cardine del Barcellona di Pep Guardiola. Attraverso Xavi il tentativo, anche per far fronte alla crisi economica, di riscoprire la cantera e la dimensione catalana del Barça.
Formazione tipo
Xavi, da quando si è insediato, sta ancora trovando la quadratura del cerchio. Da un lato la grande abbondanza di talento nominale gli consente di poter variare, dall’altro, proprio questo eccessivo talento risulta non amalgamato e quindi poco funzionale alla creazione di quegli automatismi che servono ad una squadra per fare risultato.
Xavi in questa sua prima parte di avventura ha provato infatti sia la difesa a 4 che quella a 3, non riuscendo però ancora a trovare, complici comunque anche una buona dose di infortuni, lo schema ideale col quale far esprimere ai suoi tutto il loro potenziale.
Davanti alla certezza Ter Stegen ultimamente hanno agito Jordi Alba, Piquè, Araujo e Garcia. Centrocampo nei piedi del capitano Busquets, De Jong, Sergi Roberto e, occasionalmente, Pedri. In attacco, nonostante l’abbondanza sulla carta, solitamente Xavi ha schierato Depay, Gavi e il giovanissimo Ez Abde, con Dembelé e Coutinho relegati al ruolo di rincalzi.
Stadio
Lo stadio più grande d’Europa, quasi 100mila posti. Il Camp Nou, inaugurato nel 1957 e stadio di proprietà del club e uno dei quattro impianti “5 stelle UEFA” e fa parte di un ecosistema sportivo che comprende anche il museo, lo stadio delle giovanili e il palazzetto per le altre sezioni sportive (da segnalare quella cestistica, tra le migliori in Spagna ed Europa).
A cura di Giancarlo Di Stadio
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