4-3-3, 4-2-3-1, cosa cambia? Poco, magari fosse così semplice la questione. Piuttosto che “dare i numeri”, proviamo a scavare più in profondità ed individuare quello che è il vero problema di questo Napoli.
Nel primo tempo la differenza la fa tutta la ricerca continua della verticalità, con Demme specialmente che tiene gli occhi fissi su Lozano lì davanti. La chiave sta nel gioco prodotto dal messicano, che con i suoi scatti continui in profondità permette ai compagni dalle retrovie di aggredire lo Spezia sulle seconde palle (altro che scellerata la mossa di schierarlo prima punta). Per certi versi si può dire che il Chucky abbia fatto “l’Osimhen” e pure bene. E qui veniamo al nocciolo della questione. Nella ripresa entra da subito Mertens al posto di Lozano e (guarda un po’) cominciano i problemi. Ma non quelli di modulo – visto che con l’ingresso del belga il Napoli è schierato ancora col 4-3-3 – bensì quelli legati allo stato di salute psicofisica. Il netto ritardo di condizione anche di un solo giocatore inevitabilmente produce un effetto a catena su tutto il resto della squadra, che in più spegne completamente il motore convinta di avere il risultato in tasca. Mertens non fa (o meglio non riesce a fare), quindi, il lavoro necessario in fase di non possesso e la stessa sorte tocca ad Osimhen, anzi con il suo approdo in campo la situazione peggiora. Ma anche qui, indovinate un po’? Non è il 4-2-3-1 il problema. Il problema è il 4-2-3-1 con questi Mertens ed Osimhen, il secondo ancor più importante del primo in questo sistema di gioco. Se la causa dei mali fosse realmente il 4-2-3-1, allora vorrebbe dire che vittorie come quelle contro Parma, Genoa, Atalanta, Crotone, Cagliari, Fiorentina sarebbero tutte frutto del caso, cosa che ovviamente non è. Gattuso di colpe ne ha e negarlo sarebbe da pazzi oltre che da ciechi, ieri gettare nella mischia i due sopracitati contemporaneamente è stata la mossa peggiore che potesse fare in quel momento. Ma anche qui, volendo proiettarsi più in là, la scelta è stata dettata solo ed esclusivamente dal fatto di volerli recuperare il più velocemente possibile visto che il tempo stringe e, nonostante tutto, il Napoli ora è in semifinale di Coppa Italia. “Contro le riserve dello Spezia, però”: peccato che le riserve dello Spezia giocano tra i professionisti e nel mondo dei professionisti, se ti muovi male in campo e non copri, qualsiasi squadra è in grado di farti male, lo capirebbe anche un bambino.
Nel cuore di Napoli-Spezia: l’analisi della partita
CROCE E DELIZIA – Per la seconda volta consecutiva il Napoli sblocca la partita dopo pochissimo. Il merito, stavolta dopo 5′ e non 10” come col Verona, se lo prende Koulibaly, a segno con uno splendido colpo di tacco su assist di Hysaj. Il senegalese disputa complessivamente una buona partita con alcune chiusure importanti, salvo poi commettere l’erroraccio che dà il la all’azione del 4-2 dell’ex azzurro Acampora. Bene l’albanese, che come detto poc’anzi offre a Koulibaly il pallone dell’1-0. Partita che non offre molti spunti, in realtà, la sua, ma che è ordinata. Cala di rendimento nella ripresa e soffre le incursioni dello Spezia sulla destra, dalle quali però non nasce nessun pericolo sostanziale. Non esaltante ma sufficiente anche la gara di Manolas. Al 26′ cerca la gioia personale raccogliendo un corner dalla destra, il suo colpo di testa però termina alto sopra la traversa. C’è anche il suo zampino nel gol del 4-2 avversario ma in maniera totalmente fortuita, non ha certo colpe se la sua deviazione beffa Ospina. Portiere azzurro che, per l’ennesima volta, a stento suda la maglia ed è incolpevole sulle due reti dello Spezia. L’analisi sul reparto difensivo si chiude con Mario Rui, tornato titolare dopo Verona. Prestazione tutto sommato di buon livello anche per il portoghese, il quale ha pure l’occasione per calciare in porta al 12′ su una palla appoggiatagli dietro da Politano. Ne esce un tiro a giro di destro, tuttavia, molto preciso ma per niente potente che non impensierisce particolarmente Krapikas. Rimedia poi un cartellino giallo evitabile.
SEGNALI DI VITA – In una stagione fin qui completamente anonima per lui, Elmas dà finalmente un segnale di vita. E’ evidente che quando agisce da mezz’ala, quindi con maggiore libertà di offendere, il macedone è tutto un altro giocatore. Da una delle sue incursioni arriva, infatti, il gol del 4-0. Buonissima prova anche quella di Zielinski, tornato nel suo vecchio ruolo. Il polacco si sente a suo agio e si vede da come partecipa alle offensive della squadra come in occasione del gol di Politano, arrivato da un suo taglio dalla sinistra. A dir poco ottima, infine, la gara di Demme. Si dice che nella vita nessuno è indispensabile, ma il tedesco fa eccezione. E’ onnipresente in mezzo al campo e la chiave tattica della continua ricerca della verticalità, che in parte ha funzionato anche col Verona, viene riproposta efficacemente dall’ex Lipsia. Da un suo lancio di prima a memoria splendido per Lozano nasce l’azione del 2-0 azzurro. Oggi più che mai Demme è, dunque, di vitale importanza per questo Napoli, che ritrova in lui un elemento di sicura affidabilità.
SULLE GAMBE – Se da un lato non può che fargli bene mettere minuti nelle gambe, dall’altro è evidente che, circoscrivendo il discorso alla partita di ieri, la presenza in contemporanea di Mertens ed Osimhen sia solo deleteria. I due sono visibilmente sulle gambe e ne risente l’intera squadra, che nel momento di maggiore difficoltà si ritrova praticamente in nove uomini, esponendosi inevitabilmente alla crescente pressione dello Spezia. Addirittura il belga, pur se entrato all’inizio del secondo tempo, viene tirato fuori da Gattuso ancor prima del 90′ a causa di quella caviglia sinistra che ancora dà fastidio.
Passando alle note liete della serata ritroviamo, anche stavolta, Lozano. Qualcuno cade nello sconforto a vederlo schierato da punta, ma il messicano ha un compito chiaro e preciso: attaccare la profondità con scatti veloci. Mossa tattica che, a dispetto delle chiacchiere, ripaga e il 4-0 del primo tempo – condito dal suo gol del 2-0 – lo dimostra. In gol ci va anche Politano, che raccoglie un ottimo pallone tagliato di Zielinski e batte Krapikas con un tocco dolcissimo di esterno sinistro. Col passare dei minuti, però, anche lui si accomoda un po’. Chiosa finale su Insigne. Il capitano azzurro con una reazione d’orgoglio prende le redini della squadra trascinandola con giocate di alta scuola come nell’azione del gol di Elmas. Stop di petto a dribblare l’avversario e corsa sulla fascia per poi rientrare e premiare l’inserimento del giovane macedone, il quale non deve far altro che spingerla in porta. Prezioso poi, come sempre, anche in difesa, dove spesso rientra per dare man forte a Mario Rui. La chiacchierata con quel gruppetto di tifosi lo avrà rasserenato? Chi lo sa. Fatto sta che, quando gioca così, è una goduria.
Dopo quella in campo del Napoli comincia un’altra partita, quella dei nervi, che vede protagonista Gattuso a fine gara. Il tecnico azzurro sa bene che, ai microfoni dei giornalisti, verrà subissato di domande sul suo futuro, sul tweet di fiducia della società, sul suo rapporto col presidente De Laurentiis. E proprio perché se lo aspetta, lui risponde a tono, lasciandosi andare ad una forte ma – secondo il sottoscritto – doverosa sfuriata. Ai più è sembrata la prova provata di un’insofferenza di fondo, la conferma di un clima tutt’altro che idilliaco in casa Napoli. E invece il mister, tra le righe, vuole soltanto lanciare un messaggio forte e chiaro: “Lasciateci lavorare in pace”. Il che non vuol dire sottrarsi alle proprie responsabilità e chi afferma il contrario dimostra di non aver minimamente capito di che pasta è fatto. Ciò detto, è innegabile che serva continuità nei risultati e soprattutto razionalità nelle scelte. Il tecnico azzurro dovrà inevitabilmente dosare gli ingressi di Osimhen e Mertens su tutti per non esporre la squadra a rischi evitabili. E dovrà farlo a partire da domenica, giorno dell’impegno casalingo contro il Parma, sperando anche nella buona sorte la quale, si spera, non spezzi nuovamente il “filo”.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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