Dalle stelle alle stalle, dal paradiso all’inferno. Il Napoli continua a viaggiare sulle montagne russe, ogni partita può succedere tutto il contrario di tutto. Rifila un poker ad Atalanta e Roma, domina in casa dell’Inter e poi crolla contro Torino (pareggio che sa di sconfitta) e Spezia, le ultime della classe.
Ormai non c’è squadra di bassa classifica che non venga al Maradona convinta di poter portare punti a casa e la squadra di Italiano raccoglie il frutto del proprio coraggio, pur giocando “la peggior partita” finora, sotto ammissione del tecnico stesso. E questa consapevolezza da dove deriva? Dall’innalzamento del livello della Serie A? Certo, può darsi, però la differenza di organico resta. Un Napoli superiore sulla carta e in più favorito dalle assenze importanti tra le fila avversarie, oltre che dall’uomo in più durante la gara, non può non vincere. Ma soprattutto non può permettersi di perdere dopo aver dominato il lungo e in largo. Non conquistare i tre punti dopo 27 tiri di cui 11 nello specchio è un autentico delitto. La sensazione (molto vicina alla realtà) è che la squadra azzurra manchi in maturità e concretezza, elementi imprescindibili per chi punta ai primi quattro posti in classifica: occorre ritrovare concentrazione e crescere, sin da subito.
Nel cuore di Napoli-Spezia: l’analisi della partita
IL PALO DELLA DISCORDIA – Sembra esserci sbattuto lui contro il palo, Di Lorenzo, nell’azione del secondo gol dello Spezia tanto che è frastornato. L’esterno azzurro, tra i migliori a Cagliari ed autore di una buona prova fino all’assist per Petagna, sbaglia incredibilmente a leggere il rimbalzo del pallone sul legno che poi accomoda la sfera a Pobega. Un’amnesia imperdonabile ma che non è la sola. In quella stessa azione, infatti, c’è la compartecipazione di Maksimovic e Mario Rui che si addormentano sull’inserimento di Nzola. L’attaccante dello Spezia da solo manda in crisi il serbo, il quale non riesce ad arginarlo e in più occasioni pecca di sufficienza. Errori soprattutto in fase offensiva, invece, per il portoghese. Con l’inserimento delle due torri le palle alte diventano fondamentali e lui sbaglia quasi tutti i cross dal lato sinistro, cosa francamente inaccettabile. Gattuso non vuole parlare dei cambi a fine gara, dice che non è il punto focale, ma pensare all’ingresso di Ghoulam, che certamente avrebbe garantito maggior qualità in tal senso, è davvero così fuori luogo? Il migliore del quartetto difensivo, o per meglio dire il meno peggio, è Manolas, che non commette errori particolarmente gravi, anzi riesce a tenere botta su Gyasi e Nzola. Quando le cose cominciano a mettersi storte nel finale, tuttavia, anche lui perde un po’ la bussola. Ci ritroviamo a dover menzionare ma solo per dovere di cronaca, infine, Ospina, che per gran parte della gara non suda nemmeno la maglia e, ancora una volta, è incolpevole sui gol subiti.
ILLOGICO – Lo è l’intervento in tackle su Pobega che permette a Nzola di pareggiare i conti, che segna inevitabilmente la gara di Fabian Ruiz. Un fallo inspiegabile, con l’avversario spalle alla porta e per di più raddoppiato, il che denota una totale mancanza di concentrazione da parte dello spagnolo. Volendo parlare della prestazione, dopo la discreta prova di Cagliari non riesce ad essere pungente contro lo Spezia. Molto meglio Bakayoko, che insieme a lui compone la coppia di centrocampo. Il franco-ivoriano disputa la solita gara di sostanza, in certi frangenti è un autentico muro. Stavolta addirittura si procura anche un’occasione per andare al tiro al 6′, il suo sinistro però è debole e di facile lettura per Provedel.
EMBLEMATICO – Minuto 83, Fabian Ruiz esce per far spazio a Llorente. La chiave tattica proposta da Gattuso è chiara: palla sulle punte e aggressione sulle seconde palle per tenere schiacciato lo Spezia o sfruttare qualche sponda. Quella potenzialmente decisiva arriva negli ultimi scampoli di partita, lo spagnolo sceglie di appoggiare di petto una palla per favorire la conclusione di Elmas. La sfera, però, si ferma giusto in mezzo con un difensore avversario che, sfruttando l’incomprensione dei due, spazza la palla: neanche lui crede alla scena, probabilmente si aspettava già il gol. Un’azione che è anch’essa l’emblema dello stato di salute mentale della squadra, chiaramente svagata e senza punti di riferimento. Elmas che ancor prima, all’89’, ha sul destro la palla del 2-2, ma tutto solo in area spara alto. Prestazione poco esaltante rispetto agli standard anche per Politano e Zielinski. Il primo, forse condizionato dall’infortunio alla gamba destra, tenta qualche giocata ed è bravo a sfruttare gli inserimenti, ma mai fa male realmente alla difesa dello Spezia. Stesso discorso per il polacco, che non riesce a replicare la sublime prova mostrata contro il Cagliari.
E a proposito di occasioni sprecate, su tutti spunta Insigne, che solo nel primo tempo cestina 7-8 palle gol. A fine gara si è praticamente autoflagellato in diretta tv assumendosi forse più colpe del necessario, ma in effetti errori sotto porta come quello al 1′ sono oggettivamente incomprensibili, specie per uno con le sue qualità. Ne sbaglia qualcuna in meno Lozano ma la sostanza non cambia. Al 25′ inspiegabilmente scarica indietro il pallone tutto solo davanti a Provedel, rievocando nella mente dei tifosi azzurri i tempi del peggior Michu in quel famoso Napoli-Athletic Bilbao. L’unico a salvarsi probabilmente è Petagna, ma solo per la rete siglata al 58′ che ha indotto gli azzurri a pensare ad una partita tutta in discesa da quel momento in poi. Anche lui, però, rientra nella cerchia dei “mangiatori di gol”. Poco prima della marcatura, al 53′, appena entrato ha sul destro una chance colossale per sbloccare il punteggio ma centra in pieno Provedel ignaro di come abbia respinto quel pallone, a riprova della scarsa lucidità degli attaccanti partenopei in zona gol (semmai ce ne fosse ancora bisogno).
Napoli che ancora una volta, all’indomani di una sfida, si ritrova a dover fronteggiare il problema dei punti persi senza trovare spiegazione. La qualità c’è e viene spiegata dalla quantità enorme di occasioni da gol, ciò che manca è la voglia di spaccare la porta, il tanto decantato istinto del killer. Quando sarà risolto questo, che dipende in primis dai calciatori e solo in minima parte dall’allenatore, il quale non deve insegnare a dei professionisti come calciare in porta, allora si vedrà un cambio di marcia: se non si migliorerà in ciò, ci sarà da soffrire e ogni obiettivo verrà compromesso.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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