Trovare le giuste parole in questo momento è difficile, individuare aspetti positivi ancor di più. Gli azzurri toppano per l’ennesima volta in questo avvio di stagione e non vanno oltre lo 0-0 in casa del Torino. Una partita che si doveva vincere – oltre che per la differenza qualitativa delle due squadre (che in realtà non si è vista) – per scacciare via gli spettri di un Napoli timido, spento, in crisi d’identità e di gioco: crisi che, purtroppo, non accenna a placarsi, anzi si intensifica.
Ma cerchiamo, anche se non è facile, di fare il punto della situazione il giorno dopo, “a mente fredda”.
Cominciamo dalla difesa, dove spuntano fuori le note più liete. Su tutte la più bella è sicuramente quella chiamata Sebastiano Luperto, ieri titolare per sopperire all’assenza di Koulibaly (che tornerà al prossimo turno). Il giovane centrale azzurro ha ben figurato nel match dell’Olimpico Grande Torino dimostrando qualità e personalità. Ha rispettato perfettamente le consegne ricevute permettendo alla squadra, insieme con i compagni di reparto, di non correre grossi rischi. Bene anche Manolas, che aveva un po’ il compito di guidare anche lo stesso Luperto con la sua esperienza. Il greco ex Roma mostra sicurezza e tenacia, qualità che certamente gli appartengono da sempre, solidificando ulteriormente con la collaborazione del resto del pacchetto arretrato quello che era stato il problema principale delle prime giornate: la fase difensiva. Poco da dire su Hysaj se non un grosso in bocca al lupo per una pronta guarigione, altrettanto su Ghoulam che sembra ancora il lontano parente di quello dei tempi d’oro. Bene, benissimo ancora una volta Di Lorenzo, ormai una certezza sulla fascia destra sia in fase difensiva che in quella propositiva. Infine un plauso anche a Meret, che con la parata sontuosa su Ansaldi allo scadere del primo tempo ha dimostrato anche stavolta di essere un portiere di grande spessore.
Senza nulla togliere alla loro buona prova, se sono dei difensori ad essere i migliori in campo in una partita vuol dire che qualcosa non va. Sì perché, se per la fase difensiva si registra un netto salto di qualità, quella offensiva invece fa passi indietro spaventosi e qui sono compresi centrocampisti ed attaccanti insieme. Il problema si pensava essere il modulo e Ancelotti ha quindi optato per il 4-3-3, più noto da queste parti. Ma se poi Insigne e Mertens danno prova di trovarsi a disagio anche in questo sistema di gioco che sembrava ormai essere assorbito alla perfezione allora il quadro è nero, nerissimo. La realtà è che questo Napoli corre poco e male ma perché è il pallone a muoversi poco. Non si sta qui a fare una ode a Sarri, perché Ancelotti è arrivato per spiccare il volo, ma in passato non si sarebbe mai visto un Allan fermo in mezzo al campo col pallone tra i piedi senza sapere cosa fare. E la cosa preoccupante è che il brasiliano è solamente il simbolo di una intera squadra che si mostra spaesata, confusa, senza idee e senza un gioco definito. Confusione che sembra aver colpito anche lo stesso Ancelotti, il quale lascia in panchina uno tra gli uomini più rappresentativi qual è Callejon. La sensazione è che il tecnico azzurro voglia dare un colpo al cerchio e un altro alla botte, volendo riuscire a gestire lo spogliatoio dando una possibilità a tutti e allo stesso tempo dare conto al presidente De Laurentiis impiegando con frequenza i nuovi acquisti come Lozano, che mostra ancora evidenti problemi di adattamento (com’è normale che sia, dopotutto): il risultato, ed è dura ammetterlo, è disastroso.
In conclusione, l’unica cosa da fare è affidarsi alla speranza che prima o poi la sorte deciderà di sorridere a questo Napoli così vulnerabile come non si era mai visto. Ora c’è la sosta e magari servirà per ricaricare le batterie ma, soprattutto, per recuperare una parvenza di gioco: di parole buone, ahimè, ce ne sono sempre meno…
A cura di Giuseppe Migliaccio
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