La stagione 2019/2020 del Napoli vede (finalmente) la parola fine. E’ sembrato vederne tre o quattro in una a dire il vero, per tutte le cose che sono successe. La corsa degli azzurri si ferma in Catalogna, al Camp Nou, dove Messi e compagni fortificano il risultato dell’andata con un secco 3-1.
L’argentino ieri era in stato di grazia e, quando decide di essere decisivo, non c’è rivale che tenga. Lo ha fatto alla sua maniera, da marziano qual è, trascinando il Barcellona tecnicamente e mentalmente, spedendolo ai quarti di finale per il tredicesimo anno consecutivo. Eppure, a dirla tutta, la corazzata blaugrana di Quique Setién non è che abbia dominato in lungo e in largo, anzi. E’ leggermente avanti nel possesso palla (51% contro 49%), ma non nei tiri totali (il Napoli ha calciato il doppio, 19 a 8). Nel calcio conta chi la butta dentro, è chiaro, ma giocare in casa del club cinque volte Campione d’Europa e andare al tiro il doppio delle volte non è impresa da tutti. Il rammarico, dunque, c’è ed è grande, come Gattuso stesso ha sottolineato a fine gara. Rammarico per una occasione che il Napoli poteva cogliere e che, invece, si è lasciato sfuggire di mano in quella sciagurata mezz’ora del primo tempo, che ha permesso ai padroni di casa di procurarsi un vantaggio poi risultato troppo ampio da recuperare. Partita certamente condizionata da Cakir, non al primo ‘sgarro’ nei confronti delle squadre italiane. Il direttore di gara spagnolo si perde la spinta plateale di Lenglet su Demme sul corner dell’1-0 Barcellona. Ma fa ancor peggio l’uomo-VAR Kalkavan, che nonostante riveda l’episodio (già chiaro di suo) conferma la validità del gol. Francamente, com’è possibile che l’UEFA si avvalga di cotanta scarsa competenza proprio non si capisce.
Ma adesso è tempo di scendere nel dettaglio del match del Camp Nou e lo facciamo come al solito, cioè con il nostro consueto – ed ultimo – appuntamento di “a mente fredda”.
Nel cuore di Barcellona-Napoli: l’analisi della partita
ECCESSO DI CONFIDENZA – La sicurezza nei propri mezzi è dote grande, specie a questi livelli. Oltrepassare il sottile limite che la circoscrive, tuttavia, è facilissimo. E’ ciò che è successo a Koulibaly, ieri probabilmente il peggiore in campo. Inizialmente sembrava predisporsi ad una gara di personalità il senegalese, che ben presto, invece, è sbattuto contro l’esperienza del club pluricampione e, soprattutto, la furbizia di Messi. Al tramonto della prima frazione di gioco si dimentica completamente dell’asso argentino e impiega troppo tempo nel rinviare, quando decide di farlo è troppo tardi e abbatte il numero 10 blaugrana causando il rigore del momentaneo 3-0. Nel corso della gara prende l’iniziativa fin troppe volte e dà la sensazione di voler essere dappertutto, ma in realtà ne esce solo disorientato. Non meglio il collega Manolas, che però lotta costantemente con un pericolo costante come Suarez. Poco esaltante anche Di Lorenzo. Il terzino azzurro tiene a bada Griezmann sulla sua fascia di competenza, ma è troppo timido al momento di proporsi in fase offensiva. Quelle poche volte che arriva nei pressi dell’area avversaria fallisce l’ultimo passaggio, per la serie: “Ce manca sempre ‘o soldo pe apparà ‘a lira!”. L’unico più in palla – per così dire – insieme a Manolas è Mario Rui, il quale aveva l’arduo compito di limitare le scorribande di Messi e Semedo. Messi che ubriaca lui (anche grazie a un pizzico di fortuna) e Koulibaly con le sue finte nell’azione del 2-0, inventato dal nulla dalla ‘Pulce’. Nella ripresa trova anche il jolly crossando perfettamente per Milik che insacca di testa, peccato che il guardalinee segnali il fuorigioco. Non merita il giudizio negativo, infine, anche Ospina. Il colombiano è incolpevole su tutti e tre i gol del Barcellona, per il resto solita gara ordinata ed è preciso quando chiamato in causa per impostare l’azione da dietro.
INGABBIATO – Prova a svincolarsi dal pressing avversario Demme, ma niente, è totalmente ingabbiato. Il tedesco è in grossa difficoltà nel suo consueto lavoro di equilibratore, tant’è che nella ripresa non rientra nemmeno in campo perché sostituito da Lobotka, decisamente più vispo di lui palla al piede. In ombra anche Zielinski. Duole constatarlo, ma il polacco dimostra nuovamente di non essere costante nel rendimento. Prova qualche spunto dei suoi senza fare mai la differenza. Stesso discorso per il terzo componente del centrocampo titolare, Fabiàn Ruiz, che ingaggia un bel duello con de Jong e prova a smuovere le acque con qualche giocata di alta classe. Peccato che l’avversario è di quelli tosti e, nel momento di pungere, viene meno.
CAPITANO VERO – Il processo di crescita mentale che ha avuto Insigne quest’anno – particolarmente dall’arrivo di Gattuso – è impressionante. Il numero 24 azzurro si comporta da vero capitano. Non ha mai l’occasione di rendersi pericoloso personalmente, ma quando ha la palla al piede può succedere qualsiasi cosa. Lorenzo fa di tutto per esserci nonostante l’infortunio, anzi se ne frega altamente e dispensa giocate di pregevole fattura, individuali e per i compagni. Nel primo tempo tenta anche il classico taglio verso Callejon, che però non riesce. Taglio che rappresenta l’unico episodio in cui si può vedere ‘Calletì’, all’ultima con la maglia del Napoli. Gattuso lo schiera dal 1′ sperando nell’effetto sorpresa della giocata ormai nota a tutto il mondo calcistico, senza però raccoglierne i frutti. Non è certo una gara da ricordare, dunque, per lo spagnolo, forse tradito anche dall’emozione. A fine partita saluta i compagni tra le lacrime e stavolta non rientra con loro, data l’ormai certa separazione dal club azzurro. Chi si rende molto pericoloso, invece, è Mertens. Il belga ha sul sinistro l’occasionissima per sbloccare la partita dopo soli 2′, ma l’ennesimo palo stagionale (il trentacinquesimo) gli nega la gioia del gol. Primo tempo di livello per ‘Ciro’, che ha il merito di procurarsi il rigore che riaccende – seppur solo un minimo – le speranze del Napoli. Nella ripresa, però, cala col passare dei minuti.
Non riesce nell’impresa, dunque, la compagine di Rino Gattuso, che a fine gara si mangia le mani per l’opportunità sprecata. Il tecnico azzurro, però, può star tranquillo: il suo Napoli ha chiuso alla grande questa anomala stagione. Se non altro, adesso c’è qualche giorno di relax prima di partire alla volta di Castel di Sangro. I risultati ottenuti quest’anno sono stati frutto di un tornado che ha investito tutti, ma dal 23 agosto – giorno d’inizio del ritiro – non ci saranno più scuse. Il motto dovrà essere “testa bassa e pedalare”.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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