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A MENTE FREDDA, EP. 46 – La passerella nel vuoto di José, l’ansia per Insigne: ma il Napoli chiude in bellezza

Peccato per la tensione nel finale che ha macchiato una partita "vera", come l'ha definita Gattuso

Si chiude finalmente il campionato più strano dal dopoguerra, fatto di partite continue che ha reso contenti forse i tifosi (non tutti), ma che per le squadre è stato atroce dal punto di vista fisico e mentale. Napoli che però, ignaro dell’obiettivo raggiunto da ancor prima che la corsa ricominciasse, chiude in bellezza piegando la Lazio di Simone Inzaghi, la quale ha tenuto vive le speranze di secondo posto fino all’ultimo.

La sfida di ieri è un mix di sensazioni contrastanti. In ordine cronologico: Immobile pareggia il record che fu di Higuain e nello stesso stadio (curioso, a volte, il destino), sotto la pioggia come il 14 maggio 2016 e nella stessa porta; l’ultima di Callejon al San Paolo, con tanto di fascia da capitano, è priva dell’abbraccio dei tifosi; l’apprensione per le condizioni di Insigne, che rischia di saltare il Barcellona. Non era forse il caso di sostituirlo prima? Ma va be’, col senno del poi è facile parlare, ci fidiamo della scelta di Gattuso. Di tutto questo ne parliamo nel consueto appuntamento, il 46esimo, di “a mente fredda”.

Nel cuore di Napoli-Lazio: l’analisi della partita

 

NERVOSISMO – Un difensore deve anche mettere la giusta cattiveria in campo, ma al contempo deve saper evitare interventi inutili. E’ il caso di Manolas, ieri titolare a sorpresa dopo l’infortunio al costato che lo vedeva addirittura a rischio per Barcellona. Il centrale greco è ancora in ritardo di condizione e si vede, a farla da padrone sono i nervi. Non tiene il passo di Immobile nell’azione del gol e il primo accenno di rissa della partita avviene a causa di un suo intervento a palla lontana sull’attaccante napoletano, che gli costa anche il giallo. Bene, invece, il collega Koulibaly. Lui sì che è in forma e lo dimostra partita dopo partita da quando Gattuso è arrivato. Compie diversi interventi importanti e decisivi, anche se Correa sguscia come un furetto tra le maglie azzurre mettendolo in difficoltà come in occasione del palo preso nel secondo tempo. Molto buona pure la prestazione dei due terzini, stavolta Di Lorenzo Mario Rui. L’ex Empoli agisce bene sulla catena di destra, aiutando il Napoli a costruire l’azione quando necessario venendo dentro il campo e facendosi vedere spesso in zona offensiva. Stesso discorso per il portoghese, che paga però, come Manolas, la troppa facilità nell’accendersi. Ugualmente al greco, il numero 6 partenopeo nel secondo tempo rimedia, infatti, un giallo dopo un accenno di tafferugli: è un suo punto debole sul quale dovrebbe lavorare, ma il carattere è difficile da modificare per quanto ci si provi. Bene, infine, Ospina, sceso in campo dal 1′. Subisce gol sul primo palo in una situazione che, però, non era facile da intuire, bravo e reattivo Immobile a deviare il pallone in rete. Ma nel secondo tempo è bravissimo più volte in uscita, soprattutto su Correa.

QUALITA’ DA VENDERE – Non che fosse una novità, eppure Fabiàn Ruiz ne dà prova ogni volta. Lo spagnolo disegna al 9′ una traiettoria magica sulla quale Strakosha, pur arrivandoci, non può nulla: aiutato da una deviazione, ma il gesto tecnico è comunque da applausi. Rispetto alle precedenti gare sembra anche molto migliorato nella velocità di smistamento del pallone, grazie alla quale aiuta tanto la squadra nella costruzione della manovra. Meno brillante Lobotka, schierato titolare al posto di Demme. Viene richiamato spesso da Gattuso lo slovacco, che palla al piede si dimostra troppo lento. In alcuni frangenti è anche lezioso e perde palloni potenzialmente pericolosi, considerando i contropiedisti della Lazio, nel tentativo di andare in dribbling. Rimane costante in positivo, invece, il rendimento di Zielinski. Anche lui, come Fabiàn Ruiz, di qualità ne ha da vendere e di questa il Napoli ha un gran bisogno. Il polacco smista palloni a destra e a manca con ottima rapidità, cercando e trovando sempre uno dei gioielli del tridente azzurro.

PROPRIO NON CI VOLEVA – Partiamo dalla domanda che si sono fatti in tanti: perché non toglierlo prima? Ovviamente ci si riferisce a Gattuso, che ha scelto di lasciare in campo Insigne fino alla fine, o meglio fino all’infortunio. La partita ormai è in controllo del Napoli e si avvia verso la conclusione, quando dopo una delle tante giocate sontuose grazie alla quale ha nascosto il pallone a 4-5 avversari, l’esterno azzurro sente un dolore ed è costretto a fermare la sua corsa. Al San Paolo cala il gelo nonostante di tifosi non ce ne siano. Parlare della sua prova è quasi superfluo vista l’enorme qualità che ci mette come al solito, la personalità del leader e la freddezza del campione dagli undici metri per il nuovo vantaggio partenopeo: il pensiero va tutto lì, alle sue condizioni, sperando che sia meno grave di quanto è sembrato, perdere uno come lui a Barcellona sarebbe un handicap non indifferente. Tristezza, ma in gran parte gratitudine, anche in riferimento a Callejon, ieri alla sua ultima gara al San Paolo con la maglia del Napoli con tanto di fascia da capitano cedutagli da Insigne. Sette anni di passione, di corsa, di tagli e silenzio, soprattutto silenzio, a prova e riprova della sua compostezza e professionalità. Ed è nel silenzio di uno stadio senza il popolo napoletano che Gattuso concede a Calletì la passerella finale, un tributo che nemmeno gli avversari (Immobile su tutti) si sentono di privargli: gracias, José! Chiosa finale su un altro diamante della squadra azzurra, Mertens, che anch’egli come Callejon fu ad un passo dall’addio. Il belga fa la differenza, c’è poco da fare (non ce ne voglia il buon Milik), e fornisce ancora una volta una prestazione di spessore. Regala l’assist per l’1-0 a Fabiàn Ruiz, si procura il rigore del 2-1 e serve nuovamente una palla vincente, stavolta a Politano, per il gol del 3-1 che chiude i giochi. Ex Inter che, anche stavolta, dimostra tutta la sua efficacia a partita in corso. La sua freschezza ed esplosività è una spina nel fianco per i difensori laziali, che non riescono a stargli dietro nell’azione che porta alla sua rete, la seconda per lui con la maglia partenopea indosso.

Napoli che chiude il campionato 2019/2020 centrando un successo convincente contro un’avversaria tosta, arcigna e forte come la Lazio di quest’anno, la tredicesima della gestione Gattuso. Ma in particolar modo, il test di ieri dà segnali decisamente più incoraggianti in vista della trasferta delle trasferte: quella del Camp Nou dell’8 agosto. Al termine dell’approfondimento di oggi, però, si vuole porre l’accento, e dispiace, sugli episodi di nervosismo visti in campo. Uno su tutti e cioè quello che ha coinvolto proprio il tecnico azzurro. Come sempre, c’è qualcuno che parla troppo ed anche a sproposito, rovinando quello che è stato uno spettacolo ben degno del gioco del calcio. Terrone? Vieni a dirmelo in faccia!” dirà Gattuso a fine gara nei confronti di un membro dello staff biancoceleste che lo aveva offeso durante la partita. Una espressione brutta, becera e anche insignificante, perché ormai diciamocelo, è passata di moda. Francamente, però, lasciate che il sottoscritto dica la sua: se essere “terroni” significa essere puri, leali e buoni come Rino Gattuso, c’è solo da andarne fieri!

A cura di Giuseppe Migliaccio

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