Torna il calcio in Italia, torna il calcio in casa Napoli. Un rientro in campo così è il massimo, una di quelle soddisfazioni che ti fanno addormentare sereno. E così gli azzurri superano un’Inter rabbiosa, in grande forma e accedono alla finale di Coppa Italia, risultato che fino a pochi mesi fa era praticamente impensabile.
Ma Napoli-Inter di ieri sera è stato un match che è andato oltre il calcio. A fronte di un obiettivo sportivo sicuramente incoraggiante, è lo spirito col quale la squadra è scesa in campo ad aver impressionato, spinta dal suo condottiero Rino Gattuso. Col dolore nel cuore e nell’anima, il tecnico azzurro con umiltà e sacrificio si è caricato sulle spalle i suoi ragazzi immettendoli sulla strada verso Roma. Ad attenderli c’è la rivale di sempre, la Juventus, che contro il Milan non è sembrata poi così in forma: parliamo sempre di una super squadra, ma il Napoli se la può giocare eccome.
Ritorno in campo degli azzurri che sancisce la ripresa anche del nostro “cammino”, la nostra analisi del giorno dopo “a mente fredda”.
Nel cuore di Napoli-Inter: l’analisi della partita
Il muro colombiano
La Colombia non è nota per le grandi doti nel campo dell’edilizia, eppure ha saputo sfornare un muro che, a tratti, è invalicabile. Se il Napoli è in finale lo deve ad Ospina, autore di una prestazione non sopra le righe, di più. Lo svarione immediato che ha regalato il vantaggio all’Inter ha fatto forse riaffiorare i fantasmi di un tempo, chiunque avrà pensato: “Bel rientro, cominciamo bene!”. Senza sapere, però, che il portiere azzurro disponeva di più assi nella manica da tirar fuori nel momento propizio. E così è stato. Prima una mega-parata su Candreva da zero metri, subito dopo quel lancio illuminante nell’azione del pareggio del Napoli: qualcuno dice di aver visto una scia dorata accompagnare il pallone. Per non parlare del secondo tempo, quando ha chiuso definitivamente la saracinesca. Il povero Eriksen – dopo il gol fortunoso – ha sbattuto per ben due volte contro il muro colombiano, di cui una volta sparando dall’altezza del dischetto del rigore. Peccato per l’ammonizione per perdita di tempo, era diffidato e salterà la finale. Gara eccellente anche per la coppia di centrali a difesa della sua porta, Maksimovic e Koulibaly. Il serbo ha praticamente annullato Lautaro e spazzato l’area del Napoli su ogni cross dell’Inter nella ripresa: definirlo onnipresente è un eufemismo. In grande spolvero il roccioso centrale senegalese. Anzi, lui era fermo da ancor prima dello stop provocato dall’emergenza Coronavirus, eppure ha saputo disinnescare un carrarmato come Lukaku con grande efficacia. Una nota di merito in più se la merita tutta. Chi non ha brillato, invece, sono stati i due terzini Di Lorenzo e Hysaj. Il primo contro Young da un lato e il secondo contro Candreva dall’altro hanno sofferto maledettamente le incursioni dell’Inter sulle fasce. L’ex Empoli nei minuti finali quasi arrancava, l’ingresso di Callejon a coprire gli è stato di gran sollievo. Si può essere forse un po’ più clementi con l’albanese, schierato a sorpresa dal 1′ a sinistra.
Il centrocampo in difficoltà
Nessuno dei centrocampisti ha brillato particolarmente nella serata di ieri. In primis Zielinski, visibilmente affaticato (ed è pure normale, ci mancherebbe). Per uno come lui – che fa dell’esplosività e della rapidità il fulcro del suo gioco – stare così tanto tempo fermo ai box incide non poco. Più di una volta fallisce nel superare gli avversari in dribbling e, anzi, in diverse occasioni incespica sul pallone regalando il contropiede agli uomini di Conte, maestri in questo fondamentale tattico. Discorso pressoché uguale per Elmas. Sarà l’inesperienza, o certamente anche per lui l’impatto traumatico del ritorno in campo, ma per parte della gara sembra un pesce fuor d’acqua lì in mezzo. Fatica a posizionarsi e non incide in fase offensiva, partita piuttosto anonima la sua purtroppo. Si salva solo Demme, il tedesco fa da metronomo come suo solito, né più e né meno. Ma lo fa bene, non risparmiandosi di mordere le caviglie dei centrocampisti dell’Inter quando necessario.
Ciro the legend
Se qualcuno trovasse qualche aggettivo nuovo per Mertens lo dicesse pure. Il Napoli lo celebra come “LEGGENDA” ed è più che giustificato, perché il belga è entrato ulteriormente nella storia di questo club. La rete di ieri non è stata stratosferica, ma che importanza ha? Quando sei ad un solo gol dal diventare il miglior marcatore di tutti i tempi non importa come la butti dentro. Ma, come nel caso di mister Gattuso, anche per Mertens il traguardo raggiunto è qualcosa che va ben oltre il campo. E’ stato ad un passo proprio dall’Inter, eppure qualcosa gli è arso dentro: era l’amore per Napoli ed il Napoli. Nelle vene del belga ormai scorre sangue azzurro e mai ha pensato seriamente di andar via: siamo grati a te, Dries, che continuerai a farci emozionare! Centoventiduesimo gol che arriva grazie alla collaborazione di Insigne. Il numero 24 azzurro è apparso in buona forma e l’azione dell’1-1 lo dimostra. Sull’imbeccata di Ospina si invola verso l’area di rigore dell’Inter resistendo al pressing di ben due difensori e, nel momento decisivo, resta lucidissimo e serve a Mertens un cioccolatino solo da scartare. Con un capitano così, c’è da ben sperare in vista del rientro in campionato. Prestazione di carattere anche per Politano, in campo dal 1′ contro la sua ex squadra. Specie nel primo tempo, l’esterno ex Inter è uno dei più vivi lì davanti. Con la palla al piede è reattivo e prova in tutti i modi a creare scompiglio nella difesa nerazzurra. L’esperimento di lanciarlo titolare al posto di Callejon ha funzionato alla grande.
La spinta dall’alto
Un bacio verso l’alto carico d’amore. Comincia così la serata di Gattuso, tornato a “ringhiare” come suo solito. Con una forza disarmante il tecnico azzurro ha saputo prendere questa squadra dalle macerie e rialzarla, ma il risultato di ieri vale molto di più. La mente a fine gara va inevitabilmente alla sua famiglia, soprattutto alla sua cara Francesca. Che si creda in certe cose oppure no, la spinta decisiva è sicuramente arrivata dall’alto e questo mette d’accordo tutti. Studia bene le carte da giocare per superare il suo collega Conte e gliene va dato atto e si è regalato l’opportunità di conquistare il primo trofeo della sua carriera da allenatore. E se lo merita tutto, per la preparazione che ha, per la professionalità che mette in campo ma, in modo particolare, per l’uomo che è: comunque andrà sarà un successo, mister!
A cura di Giuseppe Migliaccio
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