“La gara col Torino ci dirà se siamo guariti” ha dichiarato Gattuso in conferenza stampa. Probabilmente non del tutto viste le amnesie difensive che ogni tanto riemergono, ma si può dire con fermezza che quantomeno il paziente è fuori pericolo. E in questo clima surreale che vive l’Italia del calcio a causa dell’epidemia, il tecnico azzurro, dopo un attento lavoro di ricerca, sembra aver trovato la cura al “virus” (lasciamoci il beneficio del dubbio che nella vita vallo a sapere…)
Con quella di ieri sera contro i granata il Napoli centra la 9 vittoria in 15 partite sotto il comando del sergente Gattuso. Ma la cosa più stupefacente è che ‘Ringhio Starr’ ha rianimato in me che non si dica un gruppo ormai ridotto a brandelli dove ognuno viaggiava a sé. Si è messo di buzzo buono e ha scavato nel profondo del cuore di questi ragazzi, ridandoli al pubblico in una veste totalmente diversa che non poteva essere svanita da un giorno all’altro. C’è ancora tanto da lavorare sulla fase realizzativa, troppe le occasioni buttate al vento prima del 2-0 (poi diventato 2-1), ma è un Napoli ritrovato e che adesso, al netto dei recuperi, è tornato in piena corsa per un piazzamento in Europa.
Nel cuore di Napoli-Torino: l’analisi della partita
IL DETTO AL CONTRARIO – Quante volte nella vita si è sentito dire “la miglior difesa è l’attacco”. Fino a ieri sera, quando il Napoli ha dimostrato che, talvolta, il miglior attacco è la difesa. I match winner della sfida col Torino vengono dal reparto arretrato, il che indica non solo che questa squadra quando vuole sa sfruttare i calci piazzati, come nel caso di Manolas, ormai leader indiscusso della retroguardia, ma anche la variazione nell’approccio tattico rispetto alle precedenti partite. Il gol di Di Lorenzo, non a caso, è l’emblema dell’innalzamento di baricentro che Gattuso ha previsto per la formazione azzurra. E’ stato un Napoli decisamente a trazione anteriore quello che ha affrontato la squadra di Longo e lo si è visto nel coinvolgimento, specie nel secondo tempo, anche dell’altro terzino che stavolta era Hysaj. L’albanese ha fornito una prova leggermente inferiore rispetto al passato, ma a partire dai secondi 45′ ha alzato il ritmo ed anche la proposizione in fase offensiva, accorrendo spesso in sovrapposizione per poi farsi servire da Insigne sulla sinistra. Gara di livello anche da parte di Maksimovic, spesso spintosi al recupero palla fino al cerchio di centrocampo.
GEOMETRIE – Stavolta è toccato allo stacanovista Demme sedere in panchina (meritato riposo) a vantaggio di Lobotka, certamente meno equilibratore del primo ma con i piedi più educati. Lo slovacco mandato da Hamsik è il punto cardine della manovra del Napoli, che però non rinuncia a dar sfogo a tutta la sua qualità tecnica come nella serpentina in area nel secondo tempo che lo ha portato tutto solo davanti a Sirigu: se avesse anticipato leggermente la conclusione sarebbe andata diversamente, ma la gran classe del gesto tecnico resta. Chi di tecnica se ne intende eccome è senza dubbio Fabian Ruiz, ancora titolare nel centrocampo azzurro. La cura Gattuso sta sortendo i suoi effetti sullo spagnolo, decisamente risanato mentalmente. Se messo nelle condizioni di potersi esprimere l’ex Betis ti dà quel quid in più che non trovi facilmente. Dribbling, passaggi illuminanti e inserimenti precisi sono gli ingredienti che lo rendono grande. Doti che fanno parte del repertorio anche di Zielinski, tra i migliori della formazione azzurra da qualche tempo a questa parte. I suoi soliti strappi fatti con grande velocità infiammano le manovre offensive del Napoli, presentatosi più volte minacciosamente nell’area di rigore del Torino. Paga qualche errore di troppo al tramonto della gara, ma cosa vuoi che sia per uno che corre sempre in lungo e in largo ogni partita?
SEMPRE DECISIVO – Nella vita si dice che “tutti sono importanti, nessuno è indispensabile”, ma siamo sicuri che valga proprio sempre sempre? No perché, francamente, il Napoli con Mertens in campo è tutt’altra cosa. Senza nulla togliere a Milik, che anche ieri ha messo tutte le proprie energie a supporto della squadra, ancora una volta il belga si rivela decisivo per le sorti del risultato. Quando tocca lui il pallone segna e se non segna mette assist al bacio come in occasione del raddoppio firmato Di Lorenzo che dà fiato agli azzurri. E menomale che la sua presenza era a rischio. Chi come Milik ha orientato i suoi sforzi tutti verso il collettivo è Insigne. Il capitano azzurro offre la solita gara di sacrificio e si erge come di consueto a regista offensivo della squadra. Suo l’assist al bacio per l’1-0 di Manolas, ma pian piano cala. Soprattutto non brilla in fase realizzativa. Nella porzione di campo più importante per un attaccante spesso è inconcludente come nell’occasione del retropassaggio sciagurato di Ansaldi spedito dolcemente tra le braccia di Sirigu oppure non serve adeguatamente i compagni: non è l’unico in realtà, ma questa è solo una magra consolazione per lui che può e deve fare di più. Ci si aspetta maggiori risultati, infine, anche da Politano, ieri titolare per far rifiatare Callejon. L’ex Inter dà l’impressione di metterci tutto l’impegno di questo mondo e, per carità, è da apprezzare, ma non può bastare. L’unico lampo della sua gara, finita anzitempo per lasciar spazio ad Elmas nel finale, è il pallonetto a porta vuota del secondo tempo dopo l’uscita di Sirigu, che però è impreciso.
Il Napoli, intanto, continua a vincere seppur con qualche palpitazione. Il gol di Edera al 1 dei 4′ di recupero nel finale poteva far riaffiorare i fantasmi (lo ammetto, a me è successo), ma un pareggio sarebbe stato una pena troppo severa dopo una partita dominata, il risultato maturato è quello più giusto. Ora testa all’Inter, giovedì c’è il secondo atto di una semifinale troppo importante. Ma tocca lavorare per mantenere alta la tensione fino al triplice fischio perché il calcio, talvolta, sa essere anche crudele.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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