Con il più classico degli scherzi del destino, il Napoli rialza la testa servendosi del suo passato. Quello che lo ha reso grande, che gli ha permesso di prendersi di diritto un posto tra le migliori compagini del campionato italiano. Nel momento più critico della sua storia recente, la squadra azzurra si fa grande e infligge a Sarri e Higuain due colpi mortiferi in un San Paolo agguerrito, teatro di tante emozioni vissute proprio con loro due tra le fila partenopee.
Diciamoci la verità, praticamente nessuno poteva anche solo immaginare una vittoria contro la nemica di sempre Juventus, che nonostante la debacle resta al primo posto a 3 punti di vantaggio sull’Inter che ringrazia. D’altro canto, però, si sa: in un ambiente come quello di Napoli e del Napoli può succedere tutto d il contrario di tutto. Vittoria che però non deve illudere i tifosi azzurri. Battere i bianconeri ha certamente un sapore particolare, speciale, anzi unico, ma nel calcio certe volte i numeri contano più delle emozioni e, ad oggi, sono proprio i numeri a palesare la natura ancora malata di questa squadra. Lo stesso Gattuso reclama calma e sangue freddo in conferenza stampa, la classifica dice che il Napoli è solo 11esimo ad appena 27 punti, 12 di distanza dalla zona Champions. Cifre che non si addicono certo alla compagine azzurra, ma rappresentano un dato di fatto e dicono una sola cosa: c’è ancora tanto da fare.
Nel cuore di Napoli-Juventus: l’analisi della partita
UN HYSAJ RITROVATO – Quante ne abbiamo dette su questo giocatore. Non appena c’è stata l’occasione mai ci si è risparmiati critiche feroci nei confronti dell’esterno azzurro, che prima di essere un calciatore è un ragazzo serio ed un professionista vero. Sì, perché costruirsi una corazza per difendersi dagli insulti e resistere non è da tutti ed oggi si può dire che si sia preso una gran bella rivincita. Merito certamente della cura rivitalizzante di Gattuso, che quando può spende sempre una parola a suo favore. Sul suo lato c’era da contrastare la cristallina tecnica di Ronaldo, che però Hysaj ha saputo disinnescare giocando con personalità e tenacia. Stesso discorso per Manolas, colonna portante della difesa azzurra ormai in attesa del rientro di Koulibaly. Roccioso, rapido e preciso nelle chiusure il greco, che a distanza di pochi giorni ha fronteggiato Immobile e CR7 senza mai farsi impensierire più di tanto così come Di Lorenzo. Adattato ancora una volta da centrale, il timore che in un ruolo non suo potesse subire le incursioni di Higuain e compagnia era reale, ma con grande spirito di sacrificio l’ex Empoli si è dimostrato affidabile. Brutta, però, la disattenzione in marcatura su Ronaldo sul gol del 2-1: menomale per lui che non ha influito sull’esito finale. Rete subita in collaborazione con Meret, tornato tra i pali per l’assenza dell’ultimo minuto di Ospina. Ed è un peccato perché, nel complesso, il numero 1 azzurro ha disputato una partita attenta facendosi trovare pronto su ogni pallone che arrivasse in area. Bella anche la parata sulla rovesciata di Higuain allo scadere, che ha rischiato di rovinare la festa del Napoli con l’ennesimo gol dell’ex. Leggermente appannato, infine, Mario Rui, costretto a restare troppo basso per quasi tutta la partita a causa delle scorribande di Dybala e Cuadrado.
AL POSTO GIUSTO NEL MOMENTO GIUSTO – In partite del genere il risultato può essere sbloccato solo da qualcosa di inusuale, come il fiuto del gol di Zielinski. Il centrocampista polacco si riscatta da un primo tempo scialbo con una rete che sa di liberazione, personale e del popolo napoletano tutto. E lo fa con un gesto tecnico tipico del bomber di razza per lui che bomber non è, facendosi trovare al posto giusto nel momento giusto. Elemento imprescindibile lo è diventato da subito Demme, che si è calato nella realtà Napoli con una velocità impressionante. Sarà anche un caso, ma da quando c’è lui in campo la squadra è tornata a girare, come un ingranaggio che necessitava del bullone giusto per ripartire, il peso che mette la bilancia in perfetto equilibrio. Mantiene la posizione, smista con precisione la sfera e recupera tanti palloni: chissà che non avrebbe dato gli stessi frutti con ancora Ancelotti in panchina. Benino anche Fabian Ruiz, uscito vincitore nel ballottaggio con Lobotka per un posto da titolare. Una partita tutto sommato tranquilla per il centrocampista spagnolo, ma la sensazione è che in certi frangenti della gara, specie nel primo tempo, sia stato troppo lento nello scaricare la palla e impreciso in appoggi anche semplici. E’ chiaro che non è il Fabian Ruiz che abbiamo ammirato lo scorso anno, quello onorato del riconoscimento di miglior giocatore dell’ultimo europeo Under 21. Già non vederlo in affanno da vertice basso, però, è stato un passo avanti.
“L” COME LEADER, “L” COME LORENZO – E’ come se si fosse liberato di un peso enorme Insigne, che ha brillato anche ieri contro un avversario a cinque stelle. Un peso che è forse il più fastidioso di tutti: l’etichetta del disamorato. I napoletani si aspettano giustamente tanto da uno del suo valore, spesso accusato di non avere a cuore questi colori, di adorare solo il dio denaro, di non avere personalità. Ma la verità è chiaramente un’altra. Il motivo per cui Lorenzo non stava rendendo più come un tempo era proprio la lontananza dalla gente, la stessa che gli ha attaccato addosso quell’etichetta e capace, in un batter d’occhio, di farlo riprendere a volare. Da quando è approdato Gattuso ha cambiato totalmente volto, regala giocate spettacolari e gol pesantissimi come quello di ieri o del match contro la Lazio, ma soprattutto è tornato ai suoi livelli grazie al suo pubblico, indispensabile per lui e per il Napoli. Potrebbe e dovrebbe fare qualcosa in più, invece, Milik. L’impressione è che le indicazioni dirette all’attaccante polacco gli suggeriscano di lavorare da punta vera, quella che torna indietro a prender palla e aiuta la squadra a salire. Il suo compito, però, resta sempre quello di far gol e ultimamente non è incisivo in tal senso: non c’è dubbio, tuttavia, che è solo questione di tempo. Tornato per una sera quello di una volta, infine, Callejon. Lo spagnolo ritorna ad intendersi con capitan Insigne, che appena può premia i suoi perfetti tagli alle spalle della difesa. Si fa trovar pronto, poi, sulla sua fascia al momento del tiro sbilenco di Milik, che ha innescato al 2-0 azzurro su assist proprio del numero 7 azzurro. Lavora molto anche in fase di ripiego come è sempre stato abituato a fare, impreziosendo ulteriormente la sua prova.
Sta pagando, finalmente, l’intenso lavoro a cui Gennaro Gattuso sottopone i suoi ragazzi. Gli azzurri sono in evidente crescita fisica e mentale, segno che bastava punzecchiarli nell’orgoglio per ottenere da loro l’applicazione che ci vuole. A lui però, lo ribadiamo, il grande merito di aver riavvicinato la tifoseria, la spinta propulsiva con cui questa squadra vola. Il carburante senza il quale questa “macchina” chiamata Napoli non potrà mai andare veloce o ripartire quando c’è uno stop. Ora testa al futuro, che può e deve solo essere in crescendo perché, com’è ben noto, la pelle del “ciuccio” è dura, difficile da penetrare: il ciuccio è ferito ma non è morto!
A cura di Giuseppe Migliaccio
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