“D’ora in poi comincerò a controllare pure i tacchetti sotto le scarpette”, dice Gattuso in conferenza stampa al termine di Napoli-Inter. Frase ironica (o forse no) quella del tecnico azzurro, ma detta per far intendere, tra le righe, un aspetto che attanaglia i suoi giocatori, ossia la mancanza di attenzione anche nelle piccole cose, quelle “semplici”. Ed ecco che lo scivolone preso da Di Lorenzo, che ha dato il la all’azione dell’1-0 interista, è la fotografia dello stato di salute di questa squadra, ormai completamente priva di certezze.
A dispetto del risultato, però, il Napoli ha mostrato un minimo di reazione. Dopo che si è toccato il fondo si poteva solo che migliorare, ma d’altro canto non era scontato che con un allenatore come Gattuso, meno esperto del suo predecessore, questo gruppo ritrovasse delle motivazioni. E’ un dato di fatto dunque che qualcosa di positivo è emersa dalla prestazione di ieri sera. Ma si parla di sprazzi, troppo poco per portare a casa anche solo un punto. Così com’è un dato di fatto che i tre gol subiti sono stati praticamente tre regali impacchettati alla perfezione e consegnati ad una squadra come l’Inter la quale ad oggi, insieme alla Juventus, non lascia per strada nemmeno le briciole.
Nel cuore di Napoli-Inter: l’analisi della partita
DIFESA CATASTROFICA – L’erroraccio sul 2-0 di Lukaku pesa come un macigno sulla prova di Meret, che nonostante tutto sa rendersi protagonista di interventi prodigiosi tipici del suo repertorio. Deve migliorare, però, anche palla al piede. Nel calcio moderno nessuna squadra può prescindere da un portiere che sappia far girare il pallone (alla Reina, per intenderci): Gattuso ci è già riuscito con Donnarumma al Milan, la speranza è che possa ripetersi con l’ex Spal. Non malissimo i terzini Hysaj e Mario Rui, ma anche per loro gli errori individuali non mancano. L’albanese sbaglia completamente il posizionamento nell’uno contro uno concedendo a Lukaku di portarsi agilmente la sfera sul proprio piede preferito e calciare forte verso la porta di Meret per l’1-0 dell’Inter; pecca in precisione pure il suo collega sull’altra fascia, ma nel complesso entrambi pagano la prestazione disastrosa dell’intero reparto difensivo palesemente bisognoso di uno come Koulibaly, probabilmente l’unico capace di contrastare uno dallo strapotere fisico come il numero 9 di Conte, e del miglior Di Lorenzo, che da centrale è parso inadatto, in difficoltà. Ci si mette pure la sfortuna per lui in occasione del vantaggio interista, tuttavia nel corso della gara nulla è riuscito a fare per raddrizzare la sua serata: a quel punto perché non rischiare un Luperto (anche se non al 100%) o un Tonelli, ormai praticamente un fantasma? Catastrofico, infine, Manolas. Il greco spadroneggia quando si tratta di colpire di testa o tenere l’avversario in velocità. L’errore sul 3-1 dell’Inter, però, è imperdonabile: “assist al bacio” per Lautaro che ringrazia e insacca alle spalle di Meret per il più facile dei gol. Ci si aspettava tanto da lui all’arrivo al Napoli, con Koulibaly la difesa azzurra si preannunciava quasi impenetrabile, eppure è tra i più deludenti. Senz’altro sta risentendo del momento terribile della squadra tutta, ma il dato di fatto è che non sta dando garanzie.
A.A.A. REGISTA CERCASI – Non servono giri di parole: questo Napoli ha il disperato bisogno di un vertice basso. Utilizzare un modulo come il 4-3-3 senza colui che detta i tempi è come “andare in guerra senza il fucile”, per usare una tipica espressione napoletana. Gattuso le ha provate tutte e alla fine ha deciso di optare per l’inserimento di Fabian Ruiz in quel ruolo: il risultato, purtroppo, è già noto a chiunque. Lobotka tarda ad arrivare e mentre la società azzurra tratta il “milioncino” con il Celta Vigo che non ha fretta, lo spagnolo soffre maledettamente le incursioni degli avversari che bucano il centrocampo del Napoli come un coltello nel burro e non riesce a dettare i tempi di gioco. Sottotono anche Allan, tra i trascinatori nonostante sia stato il più colpito dalle vicende extra-campo che tutti conosciamo. I centrocampisti dell’Inter fanno girare la palla agilmente superando il pressing del brasiliano, che ieri ha perso tanti, troppi contrasti rispetto al solito. Ci mette come sempre tanta buona volontà, ma senza il supporto del resto dei compagni anche un guerriero come lui non incide come dovrebbe. Al contrario, chi delude meno da un po’ di partite a questa parte è Zielinski. Il polacco, da sempre additato come uno dalla scarsa personalità, in realtà è uno dei pochi che con la palla tra i piedi riesce ad infastidire gli avversari. Va anche al tiro diverse volte calciando, però, fuori dallo specchio, ma almeno ci mette lo zampino nel gol della speranza del connazionale Milik.
L’ORGOGLIO DEL CAPITANO – Non è lui a segnare l’unico gol del Napoli, ma Insigne risulta il migliore dell’attacco. Il capitano azzurro è certamente lontano dalla sua forma migliore e lui lo sa, ecco perché spesso e volentieri si rifugia nelle proprie sicurezze. Tenta una ripresa mentale provando qualche giocata col suo marchio di fabbrica, il tiro a giro, ma non risulta mai decisivo in questo momento. Nonostante questo, però, ieri ci ha messo tanto impegno sfiorando il gol con una punizione che solo la traversa poteva vanificare. Tuttavia ai tifosi questo non è bastato e lo hanno puntualmente bersagliato con dei fischi: è proprio vero che paga il prezzo di essere napoletano. Viceversa, Milik mette in rete il pallone del momentaneo 1-2 ma per il resto non esalta. Viene ingabbiato completamente dalla difesa interista che gli impedisce di smistare la palla con precisione e cestina la palla del pareggio colpendola con la spalla nel primo tempo: fa piacere la sua media gol che continua ad arricchirsi, ma francamente serve a poco se spreca le (poche) occasioni che ha a disposizione. Va a fiammate, infine, Callejon ma trova l’assist per il gol di Milik e non fa mai mancare il suo lavoro nelle due fasi, con l’ingresso di Lozano s’abbassa nel ruolo di terzino destro.
CROLLO VERTICALE – Per chiudere il cerchio della nostra analisi “a mente fredda” ci affidiamo ai numeri. Quelli che dicono le verità più assolute, quelle da cui non si scappa. Il Napoli con quella di ieri raggiunge la 3a sconfitta consecutiva in casa: già, “casa”. Le virgolette non sono a caso perché la casa è un luogo accogliente, il posto in cui ti rifugi nei momenti più difficili ed in questo momento il San Paolo è tutto tranne che tale. Ieri a Fuorigrotta c’erano poco più di 30mila spettatori, non molti ma neanche pochissimi visto il momento, il problema è che sembrava non essercene nemmeno uno. Come se non bastassero già i problemi della squadra tiene banco la questione stadio, il cui regolamento d’uso è condannato ferocemente dai gruppi organizzati che hanno reso questo impianto tra i più temuti in Europa. Gruppi organizzati che, come forma di protesta verso i Daspo ed altri provvedimenti, si esibiscono in un silenzio surreale, deprimente e ciò mette solo pressione agli azzurri, palesemente a disagio quando scendono in campo. Napoli che ora è fermo a quota 24 punti in una classifica che si accorcia sempre di più e lo costringe addirittura a guardarsi indietro con lo spettro della zona retrocessione. 7 sono i punti nelle ultime 9 partite, dati terrificanti che non si vedevano dai tempi di Zeman alimentati dalle 6 vittorie, i 6 pareggi e le 6 sconfitte registrate in 18 gare. Un tris perfetto per un numero noto a tutti per essere il richiamo al diavolo, quello che serpeggia in questo momento in casa azzurra: l”impresa di Gattuso è ora quella di attutire la caduta ed evitare che questo Napoli in crollo verticale si chianti al suolo.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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