E’ un lunedì amaro in casa azzurra. E se si pensa che per il ritorno in campionato bisogna aspettare dodici giorni il pensiero fisso dei problemi si fa ancora più pesante. Il Napoli non sa più vincere, anzi c’è chi ritiene che questa non sia neanche più una squadra. Scendere in campo dopo la vicenda dell’ammutinamento con tanto di “umiliazione in pubblica piazza” dell’allenamento a porte aperte era quasi proibitivo e l’umore dei calciatori azzurri era certamente sotto i tacchi, ma francamente ci si aspettava un piglio diverso al rientro in campo e ciò non è stato.
In un clima in cui tutti ci si sono scagliati contro con ferocia si pensava che quella stessa ferocia fosse stata trasferita sul rettangolo verde da parte dei “ribelli”… e invece il nulla cosmico. La reazione d’orgoglio non c’è stata da parte degli uomini di Carlo Ancelotti, che anzi hanno assunto lo stesso e identico atteggiamento fatto di svogliatezza, disequilibrio tra i reparti e confusione con la palla tra i piedi. Dispiace dirlo, ma praticamente hanno dato ragione a chi li ha giustamente criticati e di questo passo si va verso il capolinea già a novembre.
Ora la domanda sorge spontanea: come si può tracciare un quadro della partita contro il Genoa, anche se “a mente fredda”? Risposte non ce ne sono, ma bisogna provarci.
Partiamo per l’ennesima volta citando uno degli uomini simbolo di questa squadra nonostante tutto: Koulibaly. Già, Kalidou, che anche sabato sera è apparso il lontano parente di quello che conosciamo. Il centrale azzurro (costa dirlo) continua a mettere in campo prestazioni impietose rispetto al suo immenso valore che ha ampiamente dimostrato in questi anni. Poca lucidità in fase di copertura, lascia la propria postazione per spingersi in avanti più del dovuto, col pallone tra i piedi pensa quasi solo a spedirla in avanti spesso sbagliando di misura il lancio lungo.
Il momento del Napoli è rappresentato perfettamente dalla condizione del leader senegalese, a cui però va dato il merito di aver salvato sulla linea un gol praticamente già fatto da Pinamonti a pochi minuti dal termine che avrebbe fatto sprofondare gli azzurri. Poco brillante anche la prova del compagno di reparto Maksimovic. Il serbo sbaglia troppo nel corso della gara, fortuna per lui che in diverse occasioni interviene da un lato la buona sorte e dall’altro qualche fuorigioco in cui sono caduti gli uomini di Thiago Motta. Tra i pochi a salvarsi il solito Di Lorenzo, anche lui con qualche sbavatura ma tutto sommato sufficiente. Solite sgroppate percorrendo la fascia destra e determinazione nei contrasti, segno che almeno lui la voglia ce la mette. Rischia anche di procurarsi un rigore che sarebbe stato una manna dal cielo per il Napoli, ma purtroppo il contatto è troppo lieve perché Calvarese lo conceda. Non una prova pessima ma neanche splendida per l’altro esterno Hysaj, appena rientrato dall’infortunio allo sterno rimediato contro il Torino. L’albanese risponde presente alla grossa emergenza dei terzini sinistri, ma gioca da adattato e infatti incide troppo poco: prova mediocre da parte sua.
Passando al centrocampo, stesso discorso per Fabian Ruiz. Tutti i maggiori quotidiani valutano con un voto non superiore al 5 la sua prova e chi ha visto la partita capisce il perché. Non comincia neanche male, il punto è che nel corso della gara perde di brillantezza proponendo troppe poche idee rispetto a quanto le sue qualità lascino immaginare. In netta crescita, invece, Zielinski. Il polacco, che non ha mai inciso più di tanto dall’inizio della stagione, sembra quasi beneficiare del momento buio della squadra tutta. Nelle ultime uscite mette in campo velocità e tecnica con i suoi cambi di direzione fulminei e spesso rompe la linea dei centrocampisti avversari correndo poi veloce verso l’area da attaccare: speriamo possa crescere ancora, uno con tali qualità serve come il pane a questo Napoli. Tra le note meno liete spunta, invece, Callejon. L’esterno spagnolo risulta spento, non dà minimamente fastidio ai difensori avversari e si preoccupa più del dovuto della fase di ripiego, troppo poco per uno come lui. Leggermente superiore ma anch’essa insufficiente la prestazione di capitan Insigne. La sua prova in realtà non è neanche poi così male, ma per lui vale lo stesso discorso fatto per Callejon e Fabian Ruiz. L’impegno ce lo mette e non si può dire che non abbia provato a far male alla difesa genoana, però al contempo sbaglia anche dei tocchi facili per uno del suo tasso tecnico. All’uscita dal campo, infatti, il tifo è spaccato: una parte lo riempie di fischi, un’altra lo applaude. Se non altro la squadra si dimostra solidale nei suoi riguardi e questo è importante. Al suo posto entra Elmas, che si dimostra voglioso rispetto al resto dei compagni. Sulla sua testa il pallone dell’1-0 che sarebbe stato una liberazione enorme per gli azzurri, ma un sontuoso intervento di Radu gli nega la gioia del gol praticamente sulla linea di porta.
Una nota di merito nella cupa serata del San Paolo va certamente data a Mertens. Anche per lui il momento non è splendido, ma è uno dei pochi a trascinare la squadra. Corre come un dannato e ci mette la solita grinta, infatti è lui ad impensierire seriamente la retroguardia avversaria. Il folletto belga crea continui pericoli palla al piede e sforna idee, ma purtroppo è l’unico ad essere più in palla. Cala vertiginosamente, invece, il rendimento di Lozano. Il messicano non riesce a ripetersi dopo la buonissima prova contro il Salisburgo, anzi sembra tutt’altro giocatore. Viene ingabbiato dai difensori del Genoa che non gli lasciano margini di movimento, in più fallisce un gol nel primo tempo che non avrebbe sbagliato anche se l’avesse voluto. A porta praticamente vuota incespica col pallone e permette il recupero dell’avversario, fortuna per lui che il tutto è risultato vano a causa di un fuorigioco (segnalato proprio su di lui tra l’altro).
Male, ancora una volta, Ancelotti. In momenti come questi ci si affida all’esperienza di uomini come lui che ha vinto ovunque. Eppure, in questa fase della sua carriera non è mai stato così in difficoltà, probabilmente nemmeno lui se lo sarebbe aspettato. Il “leader calmo”, come viene definito, anche in questa occasione non fa compiere il cambio di rotta che tutti speravano dopo una settimana infernale: il peso del momento affatica anche il condottiero azzurro e non poco.
Ora c’è la sosta. Dodici giorni sono più che sufficienti per riordinare le idee. In un clima quasi deprimente è comprensibile faticare nel tirar fuori le motivazioni giuste, ma occorre ripartire perché la stagione non può finire già a novembre. In campionato basta qualche vittoria consecutiva per recuperare su Roma e Atalanta e rientrare nella corsa Champions, competizione in cui gli azzurri si stanno togliendo grosse soddisfazioni. Poi c’è la Coppa Italia, che per quanto bistrattata è pur sempre un trofeo ed è importante tentare di conquistarlo. Però questa squadra ha bisogno di ritrovarsi, altrimenti si va verso il default, una catastrofe di dimensioni epocali che un top club come il Napoli non può permettersi…
Giuseppe Migliaccio
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