Finisce il primo round tra Napoli e Atalanta, che si giocano un posto in finale di Coppa Italia contro una tra Juventus e Inter. Una partita, quella del Maradona, che non soddisfa le aspettative dei telespettatori alla ricerca di un calcio spumeggiante. Ha prevalso il tatticismo, la voglia di essere prudenti.
O meglio, questo era l’intento della squadra di casa. I bergamaschi, consci dell’importanza dei gol in trasferta nell’economia di una sfida andata e ritorno, hanno messo alle corde gli azzurri, volutamente ripiegati in difesa come già il modulo lasciava intendere. Tralasciando lo sconforto della tifoseria per l’atteggiamento attendista – pur sempre comprensibile e rispettabilissimo perché il calcio è innanzitutto del pubblico – il Napoli conquista uno 0-0 che, al netto delle numerose occasioni create dall’Atalanta, ha un grosso peso specifico. “Chi si contenta, gode”, dice il detto, che Rino Gattuso incarna appieno (come dimostrano le sue 4 semifinali di Coppa Italia da allenatore).
Il tecnico azzurro sa bene che i suoi, per diversi motivi sui quali ci si è già dilungati abbastanza, ad oggi non sono nelle condizioni per garantire piena intensità. Figurarsi con una squadra come l’Atalanta, ormai realtà consolidata del nostro calcio e con una identità ben precisa. Per svoltare ci vorrebbe solo una bacchetta magica, cosa che in nessuna parte del mondo è stata ancora inventata.
Nel cuore di Napoli-Atalanta: l’analisi della partita
SALVATORE DELLA PATRIA – Il migliore in campo è inopinabilmente Ospina, il che la dice lunga sull’andamento della gara condotta dal Napoli. Il portiere colombiano salva almeno un paio di occasioni nitide solo nel primo tempo, per poi ripetersi nel secondo. Impeccabile come sempre, poi, nel gioco con i piedi, fondamentale in partite come queste. Una sufficienza complessiva all’inedito terzetto difensivo, con menzione specifica per Koulibaly, che al 60′ compie un recupero straordinario su Maehle involato verso la porta dopo una brutta palla persa a centrocampo da Politano. Non impeccabili, invece, Maksimovic e Manolas, che completavano il reparto.
SPAESATO – Tornato titolare dopo due partite, ci capisce ben poco Bakayoko contro l’Atalanta. I centrocampisti bergamaschi lo superano da ogni dove e, mentre loro lo aggrediscono con la solita ferocia, lui risponde con una lentezza inconcepibile per il tipo di avversario che ha di fronte. Bene, invece, l’altro centrale Demme. Il tedesco si propone con consueta regolarità come appoggio nell’iniziare l’azione e si fa valere in mezzo al campo nonostante la differenza fisica. Si affaccia anche dalle parti di Gollini come al 43′: il suo tiro è masticato, ma è da apprezzare l’impegno. Fa sudare freddo tutti quando si accascia al suolo dopo la violenta pallonata al volto subita da de Roon, ma per fortuna è solo un brutto spavento. Ci mette tanta intensità ma pure imprecisione negli appoggi Di Lorenzo, schierato da quarto a destra. Discreta partita in fase difensiva, mentre in quella offensiva potrebbe avere più coraggio. Discorso diverso per l’altro esterno Hysaj, che rispetto al suo collega è dotato di caratteristiche da terzino puro. Anche lui, volendo, può offendere maggiormente, ma la sua poca presenza lì davanti è la naturale conseguenza dei compiti demandatigli da Gattuso, che gli chiede tanto impegno soprattutto in copertura.
“BOCCIATURA” – E’ il termine utilizzato all’uscita dal campo di Insigne. Il perché la partita di ieri sia una bocciatura, però, lo conosce solo il telecronista Rai che la pronuncia. Piuttosto, il capitano azzurro è da lodare ed applaudire per quanto cuore ed energia ci mette per supportare la squadra. Fa il regista a tutto campo ed affronta gli avversari con personalità. In più è l’unico che mette a segno una delle pochissime occasioni da gol create dal Napoli. Esce per una botta al polpaccio nel secondo tempo: la speranza è che sia di lieve entità, una sua assenza alla prossima contro il Genoa sarebbe una tegola di non poco conto.
Un po’ spenti, invece, Lozano e Politano, che completano il tridente offensivo. Anche loro sono chiamati da Gattuso a concentrare le proprie energie soprattutto nella fase difensiva. Ne risente inevitabilmente, perciò, il loro contributo al momento di attaccare, coi difensori atalantini che fanno sentire la loro fisicità e li ingabbiano. L’ex Sassuolo e Inter, in particolare, commette anche una ingenuità clamorosa all’ora di gioco quando sbaglia un brutto passaggio in orizzontale a centrocampo. Da lì il contropiede pericolosissimo degli avversari che approfittano di un Napoli scoperto per involarsi in velocità verso l’area di rigore. Ci deve pensare Koulibaly con un recupero prodigioso su Maehle, che si addormenta, a salvare tutto.
Partita dunque, in definitiva, che di spunti ne offre pochissimi, tecnicamente parlando. Volendo essere pragmatici, tuttavia, contava soprattutto non subire gol in casa. La gara vista ieri è esattamente come l’aveva immaginata e preparata Gattuso, pienamente soddisfatto a fine gara se non per qualche sbavatura, per fortuna del Napoli ininfluente. In vista del ritorno a Bergamo, tocca rimboccarsi le maniche più del dovuto per fronteggiare un’Atalanta che sarà ancor più arrembante ed aggressiva rispetto al match del Maradona. Gli azzurri godono di due risultati su tre per accedere alla finale, elemento che può essere un’arma a doppio taglio ma che comunque è una buona base su cui poggiarsi nell’approccio alla sfida. Prima, però, c’è la trasferta di sabato in casa del Genoa, che viene da tre vittorie e un pareggio (proprio al Gewiss Stadium con l’Atalanta) nelle ultime quattro. Una squadra completamente rinnovata nello spirito e rivitalizzata dalla cura Ballardini e che può rivelarsi più insidiosa di quanto possa sembrare. Servirà, dunque, estrema attenzione.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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