L’ultimo velo cade alle sette della sera, quando ormai Stamford Bridge è stato ufficialmente oscurato e non c’è verso di infilarci dentro mezza occhiata manco dal buco della serratura: avanti, ragazzi, e l’investitura ufficiale – ascoltati i medici ma, soprattutto, il diretto interessato – sgomberà il campo da ogni perplessità. Via i dubbi, via i fratini:e si comincia, per la sgambatura che conduce al bivio, di qua l’inferno e di là il paradiso, avendo però percorso già un bel cammino, verso l’apoteosi.
VOLA, CAMILO – La svolta, in teoria, è a sinistra, terra d’un «conflitto» perenne, un ballottaggio che va avanti una domenica sì e il mercoledì pure, in una staffetta costruita sulle valutazioni tattiche d’un allenatore che s’applica su qualsiasi dettaglio, pure quello apparentemente inutile. La domanda che è sorta spontanea, da settembre a Stamford Bridge, evapora in una serata densa di emozioni, in un cocktail di sensazioni che finiscono per convergere sulla corsia mancina per capire chi mandare ad occupare lo spazio, che investire della responsabilità di coprire e poi di ripartire: e allora, Zuniga o Dossena, come sistematicamente accade, diviene il tormentone d’una vigilia eterna, pure perché dall’altra parte – probabile e quasi certo – toccherà a Ramires. Un indizio è semplicemente un indizio, ma sei partite sin qui giocate e una serie di accorgimenti dialettici recentissimi rappresentano la prova che toccherà a Juan Camilo Zuniga, ormai il titolare della Champions, la gazzella cui affidare compiti decisamente complessi in fase passiva: dentro il colombiano, fuori Dossena, tenuto già bello carico per Udine, consapevole di non essere al cospetto d’una bocciatura ma semplicemente vittima sacrificale d’un progetto tattico lievemente distante dalle sue caratteristiche e assai più prossimo a quelle del sudamericano.
STRAORDINARI – L’ora e mezza dei titolarissimi, of course: è una stagione, una medaglia, un encomio, racchiuso in una sfida, non può essere che per loro. Per De Sanctis tra i pali; per Campagnaro, Cannavaro e Aronica, i corazzieri da sfoggiare per far la guardia ai sudditi della regina; a Maggio a destra e poi, ancora, a Inler e Gargano nel mezzo dell’operazione-Londra, gli indispensabili interditori cui è richiesto anche di ragionare, gli stakanovisti di un settore ormai – dopo la resa di Donadel, finito sotto i ferri e rimandato alla prossima stagione – rimasto incollato a poche varianti, a Dzemaili che se ne sta prontissimo in panchina o, eventualmente, a un Hamsik da far scalare come medianone.
MUSIC HALL – E poi, ladies & gentlmen, il palcoscenico è ideale per un concerto da applausi e per quei tre tenori capaci di scioccare e chiunque, persino Arsène Wenger, rimasto pietrificato da Cavani ( «la sua grandezza è nelle statistiche» ). Chelsea-Napoli è la Partita, l’occasione da afferrare al volo per ribandire al Vecchio Continente di cosa siano capaci anche gli Hamsik (due reti sinora, entrambe al Villarreal) e i Lavezzi (conto sempre aperto con le inglesi: un anno fa, rete ad Anfield; all’andata, la sua prima rete in Champions, poi trasformata in doppietta). Hamsik tra le linee e davanti il Pocho e il Matador, seguendo le nuove diagonali offensive tracciate da un mese e mezzo in qua e utilizzate per vincere sei partite consecutive, per rientrare nella corsa al terzo posto in campionato, per sperare nella finale di coppa Italia, per affacciarsi su Stamford Bridge e scoprire che sa di quarto di nobiltà. Let’s go.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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