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Zoff, i settant’anni di super Dino: «A Napoli diventai Nembo Kid»

Cominciamo dagli auguri: tanti e di cuore, a Dino Zoff che di anni martedì prossimo ne compirà settanta e di questi cinque sono napoletani, per giunta quelli che segnarono l’ingresso del portiere di Mariano del Friuli nell’olimpo dei calciatori di assoluto valore mondiale: i campioni di tutti i tempi, in campo e fuori.

 

Dino, Napoli ti vuole sempre bene.
«L’amore è ricambiato perché Napoli è sempre nel mio cuore, la città e la squadra che la rappresenta così degnamente. Cinque anni indimenticabili, ho vissuto a Napoli in modo splendido e ancora mi emozionano i molti ricordi di quell’esperienza. Dall’amichevole con l’Indipendiente, alla vigilia del mio primo campionato, alle molte volte che sono venuto a giocare con la maglia della Juve e ogni volta i tifosi fischiavano tutti i bianconeri riservando invece a me, che ero rimasto il loro Nembo Kid, tanti applausi».

 L’amichevole con l’Indipendiente, il tuo battesimo al San Paolo…
«Arrivai allo stadio un’ora e mezza prima della gara, venivo in macchina da Bologna dove, con Juliano, ero militare di leva. Gli argentini si scatenarono ma non mi spaventarono, i tifosi se ne resero conto e forse fu quel giorno che pensarono di soprannominarmi Nembo Kid, come scrissero su uno striscione esibito nella prima giornata di campionato. Quella domenica mi sentii acclamato e io, friulano timido, mi intimidii ancor di più al punto che a stento riuscii a ringraziare con un breve cenno della mano».
 I tuoi compagni di allora, li rivedi?
«Spesso ci incrociamo, con Juliano, Panzanato, con Nardin, che è delle mie parti, con Micelli. Come rivedo vecchi amici napoletani, per esempio Bruno De Pascale. Ed è sempre una festa ritrovarsi».

Le stagioni con il Napoli?
«Le prime due furono ad altissimo livello, eccezionali, quella era una grande squadra. Poi calammo un po’, forse gli investimenti non erano più adeguati alle esigenze della piazza».

Oggi il Napoli molte volte riempie lo stadio, visto?
«Non mi meraviglio, ricordo che quando c’ero io il Napoli aveva, comunque, 55mila abbonati».

Ricordi Gioacchino Lauro?
«Certamente. Un presidente generoso, affabile. Pesaola mi voleva, lui mi prese dal Mantova all’ultimo minuto del mercato, qualcuno disse fuori tempo massimo. Ero destinato al Milan, che poi prese Cudicini. Andò alla grande a tutti e due, io dopo sette-otto mesi ero in Nazionale, Cudicini è rimasto al Milan per sette anni, non l’hanno dimenticato».

Prima di te il Napoli vantava già la tradizione dei grandi portieri, che tu hai ulteriormente nobilitato. Ora c’è De Sanctis, caratterialmente ti somiglia?
«Non dimenticherei Castellini, il giaguaro. Quanto a De Sanctis, è da tempo un grande portiere, sta facendo cose importanti tra i pali di una squadra che non finisce di stupire. Non mi perdo una partita del Napoli. In Champions si è dimostrata all’altezza di squadre abituate da sempre a competere sul piano internazionale. Contro il Chelsea, dopo aver superato il girone infernale, ha offerto un’altra prestazione maiuscola e sono convinto che passerà il turno giocando anche a Londra senza paura».

Come si fa rimanere… Zoff per settant’anni?
«Rispettando il lavoro e le persone, rimanendo se stessi, sempre. Non mi è mai pesato essere riconosciuto, rilasciare un autografo, farmi fotografare con un tifoso. In fondo nella vita ho avuto la fortuna di fare quello che mi piaceva. Qui, probabilmente, il segreto della mia serenità».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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