“L’ho scoperto io!”. Quante volte vi sarà capitato di dire questa frase o di sentirla da qualche vostro amico. Gli “scopritori di talenti” negli ultimi vent’anni sono aumentati grazie anche a giochi come Football Manager o Fifa, dove ci si può pienamente immedesimare nel ruolo di manager o di talent scout a caccia di “campioncini” in giro per tutto il mondo. “Fascino” e “adrenalina”, sono queste le parole usate per descrivere il mestiere da un grandissimo scopritore di talenti come Valentino Angeloni, che nel corso della sua carriera ha segnalato i vari Cuadrado, Zielinski, Muriel, Allan e… Mauro Icardi. Ma procediamo con ordine.
Angeloni ha giocato più di 350 partite tra C1 e C2: l’esperienza non mancava. Valentino, come è invece maturata la scelta di diventare scout? “E‘ un ruolo che mi ha sempre affascinato” – dichiara Angeloni ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Già da giocatore facevo a gara con i miei compagni a chi conosceva più calciatori delle squadre avversarie. All’inizio pensi solo alla partita, agli allenamenti, al campo. Con il passare del tempo, osservando, ti incuriosiscono anche altri aspetti del calcio, come appunto la valutazione dei calciatori. Una volta smesso avevo già le idee chiare su quello che sarebbe stato il prossimo mestiere. In tutto il mondo si possono scovare giovani talenti e non ho mai avuto preferenze. Si parte dall’Italia e poi si cerca anche altrove. Ho instaurato rapporti di collaborazione in tutte le zone geografiche. Widmer, Zielinski, Cuadrado, Allan, Muriel, Laxalt, Icardi, solo per farti qualche nome…”.
Come si crea una “rete” di scout? “E’ chiaramente l’aspetto fondamentale dello scouting. La valutazione delle capacità di un osservatore vale quanto quella che si fa per un calciatore, bisogna capire chi ha le qualità giuste. Ci sono tanti bravi osservatori in Italia, come nel mondo. Io solitamente ascolto tutti e con il tempo ho visto diversi ragazzi crescere. Li metto spesso alla prova, guardiamo assieme i video di alcuni calciatori o partite dal vivo e poi chiedo le loro sensazioni. Questo mi aiuta a capire se ‘i loro occhi sono i miei’, se posso fidarmi. Come si valuta un calciatore? Deve essere un insieme, ma alla fine guardo prima di tutto le ‘capacità condizionali’: velocità, forza e resistenza. Certamente contano anche lo spirito di sacrificio, la personalità e la disponibilità. Ma tutto deve essere valutato in funzione dell’attrezzo del mestiere, ossia come si comportano con il pallone, quindi tecnicamente”.
Tra i “campioncini” scovati c’è sicuramente Muriel: “Inizialmente lo valutammo via video perché non ci fu il tempo per osservarlo da vicino. Il presidente Pozzo ci disse che avevamo solo poche ore per dare un giudizio. Poche settimane dopo era in programma il Torneo di Tolone e Muriel era infortunato alla caviglia. Ero con l’agente e a un certo punto gli chiesi: ‘ma il ragazzo è zoppo?’. Faceva fatica a camminare, ma fece tre o quattro scatti e giocate da fenomeno. Chiamai il presidente e gli dissi ‘guardi, è infortunato, ma da prendere subito’ “. Altro orgoglio di Angeloni è Zielinski: “Era un under 17 e dopo che lo osservai in Nazionale non capii se era destro o sinistro perché aveva una facilità di calcio impressionante con entrambi i piedi: calci d’angolo di destro, punizioni di sinistro, stop di tacco con il destro, aperture al volo con il sinistro: uno spettacolo. Chiamai di corsa in società ‘ragazzi ho visto un fenomeno’. Gino Pozzo lo prese subito”. C’è poi un certo Cuadrado… :“Giocava terzino destro e mi colpì subito per velocità, resistenza e tecnica. Sicuramente doveva lavorare sotto l’aspetto tattico, ma questo è il principale difetto di un po’ tutti i ragazzi che vengono dal Brasile, dalla Colombia e dall’Uruguay: non sono calciatori completi”.
Angeloni è poi passato all’Inter e due in particolare furono le intuizioni felici: “Ricordo con piacere Laxalt. Fece un buon sub 20 e lo segnalai immediatamente. Dissi a Piero Ausilio ‘guarda, non so se giocherà mai nell’Inter, ma sicuramente è un affare’. Piero è stato tempestivo. Aveva meno tecnica di Cuadrado, ma delle qualità di resistenza, corsa e spirito di sacrificio notevoli per l’età. Adesso, anche se i primi anni ha faticato, si vedono i risultati: è un giocatore di grandissimo livello”. In molti non sanno che fu Angeloni a far partire la trattativa per portare Icardi all’Inter: “Lo vidi per la prima volta in tv. Poi, incuriosito, andai a osservarlo da vicino, a Firenze. Chiamai subito dopo il suo procuratore e gli dissi che per me era un giocatore da Inter. Nel frattempo ne parlai anche con Branca e Ausilio. Cercavamo un attaccante giovane per sostituire Milito e dopo la mia segnalazione si occuparono della trattativa direttamente loro e si concretizzo il passaggio. Ulisse Savini, uno degli agenti di Mauro, può confermare tutto”.
Cosa ci racconti invece dello scouting in Premier? “Esperienza dai due volti, bella sotto alcuni aspetti, meno positiva per altri. Due mondi diversi, con calciatori totalmente differenti. Queste differenze naturalmente si rispecchiano anche nel lavoro, perché giocatori che magari non prenderesti in Italia e in altre parti d’Europa in Premier li devi prendere. Velocità, resistenza, ma anche tecnica, queste le caratteristiche di un giocatore da Premier. Sotto il punto di vista tattico si può chiudere un occhio. L’obiettivo che il Sunderland ci aveva dato l’abbiamo ottenuto, con pochissimi fondi, tutto certificato dalla Lega, dove a fine anno risulta sia la cifra spesa per i calciatori sia le commissioni pagate agli agenti. Il miglior giocatore è stato Vito Mannone, il miglior giovane Fabio Borini, il miglior straniero KiSung-Yong tutti ragazzi presi da noi. A fine torneo è arrivata la salvezza e la finale di coppa dopo oltre quarant’anni, nonostante il budget più basso della Premier”.
I rimpianti più grandi, magari qualche giocatore “scippato” da altri? “Bella domanda, ce ne sono diversi. Forse il più grande rammarico è legato a Marco Verratti, sia ai tempi dell’Udinese che dell’Inter. La prima volta lo vidi in Albinoleffe-Pescara, da mezzala, e mi fece un impressione pazzesca: era il 2008. La seconda quando ero all’Inter, ma quando ci siamo mossi era ormai destinato al PSG. A Firenze potevo portare Mammana, poi andato al Lione. Il rammarico per qualche giocatore c’è sempre, ma ne ho anche per come è finita l’esperienza al Sunderland. Qualche valutazione l’ho sbagliata perché è un torneo totalmente diverso. Se adesso tornassi in Premier sarei sicuramente più pronto a portare giocatori adatti: lì non basta essere alti!”. Ora hai iniziato un rapporto di collaborazione con l’Atalanta, come ti trovi? “Sono felice dell’opportunità che mi sta dando l’Atalanta. Bergamo mi sembra un po’ Udine. C’è un ottimo responsabile dell’area tecnica come Giovanni Sartori, sempre sul pezzo. La proprietà poi è sempre presente, con il presidente Percassi che ha fatto un grandissimo lavoro. Il settore giovanile è un gioiello. Ripeto, mi sembra di rivivere il periodo di Udine, anche se ci sono concetti diversi, perché a Bergamo c’è più cultura del settore giovanile”.
Mai pensato di fare l’agente? “Sinceramente no. Mi è sempre piaciuto lavorare per una società. E’ più bello e affascinante, ti dà adrenalina e più stimoli. Lavorare per una società ti dà il senso di costruire, mettere insieme un gruppo è una cosa fantastica. Negli anni qualche procuratore mi ha chiesto se avevo l’intenzione, perché da un punto di vista professionale mi riconoscevano meriti. Ho sempre preferito declinare l’offerta”.
Fonte: GianlucaDiMarzio.com
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