L’amarcord (nel senso di dolorosissimo flashback, non di semplice «mi ricordo») di Zico è arrivato a sorpresa, come certe sue punizioni calciate col pennello. Italia-Brasile del Mondiale ’82 ha rovinato il calcio rendendolo più grigio, meno poetico e infinitamente più opportunistico. Le sue certezze da revisionismo storico applicato al pallone Artur Antunes Coimbra le ha esposte durante un convegno a Rio. E subito è arrivato il guizzo di Paolo Rossi a ristabilire le distanze: «Quel 5 luglio impararono a giocare al calcio. Fu una lezione per la quale ci dovrebbero ringraziare e darmi un premio. Una sconfitta dalla quale impararono molto, soprattutto a giocare più coperti. Tanto è vero che poi hanno vinto altre due edizioni».
La sconfitta contro l’Italia è una ferita che non si rimargina, nemmeno a 30 anni di distanza. Quel 3-2 per gli azzurri – con tripletta di Pablito – secondo il fantasista brasiliano ha avuto un impatto negativo sul mondo del calcio che si sente ancora oggi. Il fantasista brasiliano ricorda la partita del Sarria a Barcellona proprio nel giorno in cui affida al suo sito Internet la notizia che lascia la guida della nazionale irachena, ancora in corsa per un posto al Mondiale 2014, per inosservanze contrattuali da parte della Federazione di quel paese. «Il Brasile aveva una squadra fantastica – ricorda Zico – riconosciuta in tutto il mondo, e ovunque andiamo la gente ricorda quel team del 1982. Se avessimo vinto quella partita – prosegue – il calcio probabilmente sarebbe stato differente. Invece, dopo di allora cominciammo a mettere le basi per un calcio nel quale bisogna conseguire il risultato a qualsiasi costo, un calcio fondato sulla distruzione del gioco avversario e sul fallo sistematico. Quella sconfitta non fu positiva per il mondo del calcio. Se quel giorno avessimo segnato cinque reti, l’Italia ne avrebbe segnate sei, perché trovavano sempre il modo di capitalizzare i nostri errori».
In assoluto disaccordo Pablito Rossi, per il quale «Zico naturalmente si lancia in un paradosso. Non penso che a quella vittoria si possa attribuire un peso così grande. È vero, invece, che da allora il loro approccio è cambiato, è diventato più guardingo, si sono europeizzati. Anche perché tanti brasiliani hanno conosciuto i campionati del nostro continente. Eppure vederli giocare è sempre uno spettacolo. Pur evolvendosi, il loro calcio è rimasto lo specchio di un paese dove lo spettacolo resta importante».
A mediare ci pensa un altro brasiliano d’Italia, Paulo Roberto Falcao che ai microfoni di Rds sottolinea le qualità tecniche degli azzurri di Bearzot: «Era un’Italia che badava alla fase difensiva e lo faceva molto intensamente ma era una squadra estremamente tecnica. Bearzot giocava con due punte e mezza e poteva contare su calciatori del calibro di Giancarlo Antognoni». Zico teme poi che oggi – nell’era del calcio fisico – uno poco prestante, come lui, verrebbe scartato. Ma nemmeno su questo Rossi è d’accordo: «I giocatori come Zico non sono figli della loro generazione, ma del talento ed emergeranno sempre». Ci sono cose nel calcio che non passano mai di moda. Come Italia-Brasile del 1982. Una sfida che si ripeterà anche nella prossima Confederations Cup, perché le due nazionali saranno nello stesso girone.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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