NAPOLI – Il tempo è un galantuomo e in quei fotogrammi che la tv rilancia a getto continuo, c’è l’essenza d’un calcio sempreterno, taglia e diagonali per fendere l’aria e tranciare ogni pregiudizio: vent’anni a seguirne le evoluzioni offensive, magìe d’un uomo capace di stupire con effetti speciali attraverso Rambaudi-Baiano-Signori, Boksic-Casiraghi-Signori, ma senza sorvolare su Gautieri- Del Vecchio- Totti, e senza risparmiare Vignaroli, Vucinic e Bojinov, Kutuzov e Capparella, figli d’un profeta bipartisan del gol che sta in panchina. Si scrive Zeman, si legge spettacolo sotto ogni bandiera e l’Insigne dei giorni nostri è l’ennesimo capolavoro creato ad immagine e somiglianza d’un uomo che dalla primavera del Palermo o da Licata sino a Pescara ne ha fatta fare di strada alle sue creature dopo averle educate a modo. Stadio Adriatico, adesso è lì la festa, però un anno fa accadeva tutto ciò allo Zaccheria di Foggia, il teatro più rinomato di Zemanlandia e la fabbrica dei gol in cui un giorno, il boemo, si sbilanciò: «Insigne è bravo e può diventare ora ciò che Signori è stato in passato per il Foggia» . E ancora: « A me sta dando soddisfazioni, è giovane ed ha margini di miglioramento. Ed ha i numeri per far parte del Napoli».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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