Un gol ogni cento minuti. E la sensazione, al di là delle statistiche, di uno che vede la porta. La sente. La prende soprattutto. Non ha impressionato. Però segna, la butta dentro, ed è quello il suo mestiere. Sette reti in soli 724 minuti, e due assist. Segnali (e cifre) evidenti di una crecita continua, totale: fisica, tecnica e pure tattica. Duvan Zapata, Duvan e basta dietro la maglia: numero 91, l’anno di nascita. Primo aprile per la precisione. Ma non è uno scherzo. Zapata fa gol. Con medie da bomber vero. Segna e non esulta. Mai. Qualche volta abbozza un sorriso, una smorfia, alza un braccio. Senza però eccessi. E’ così che è di carattere. Personaggio a modo suo. Silenzioso, quieto, simpaticamente smarrito. Si ritrova dentro l’area di rigore. Di testa, allungando il gambone, anche agile ed efficace l’ultima col Verona al San Paolo. S’è girato e l’ha messa all’angolo. Nell’Estudiantes di La Palta l’allenava Mauricio Pellegrino. Era stato il vice di Benitez all’Inter. Niente raccomandazioni però. Solo relazioni precise, dettagliate, confrontate e incrociate con quelle dello scouting del Napoli. Ne è venuta fuori una banca dati personalizzata. Zapata il talento che ha bisogno di crescere, giocare, migliorare. E il Napoli sta riflettendo, valutando, scegliendo le modalità migliori. Il dubbio è una considerazione ampia e da aggiornare ancora con le opportunità del mercato, le possibilità che si prospettano. Soprattutto in entrata, e nel ruolo di vice Higuain. L’idea, per ora (ma il mercato è imprevedibile), è lasciarlo a Benitez, sfruttarne le caratteristiche, le qualità, i gol insomma. Zapata a Napoli ancora un altro anno. Una possibilità concreta. Per certi versi anche meritata. Eppure quanti dubbi. E che offerte. Approcci, per adesso. Informazioni richieste. Scenari da definire. Zapata piace, eccome. E a tante squadre. Sperando anche in un prestito secco. I gol sono sempre un affare, anche per un solo campionato. Sampdoria, Torino, Chievo e ora anche l’Hellas, quel Verona a cui ha rifilato una doppietta. «Ma non è la prima, l’avevo fatta anche a Catania» . Un sussurro orgoglioso lasciando il San Paolo. Sette gol stagionali, uno quasi a partita di media coi recuperi. E potevano essere di più. Qualche errore l’ha fatto. E legni e portieri si sono spesso messi di traverso. Il primo gol, in Champions. A Marsiglia. Potenza, forza e un po’, forse, pure il vento amico. Mise il pallone all’incrocio. Di destro, il suo piede. Pure se poi fa gol anche con l’altro. In scivolata contro il Porto, sotto rete e da opportunista alla Samp, freddo al Massimino, padrone dell’area contro il Verona. Se gioca, segna. E se ha continuità, è uno da doppia cifra. Ovvio che lo vogliano. Ancor più, ovvio, che il Napoli pensi (anche) di tenerselo stretto.
Fonte: Corriere dello Sport
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