Alex Zanardi, 46 anni compiuti il 23 ottobre, bolognese, ex-pilota automobilista e campione paralimpico di handbike, è stato uno dei testimonial più applauditi della presentazione della partenza del Giro d’Italia 2013, ieri a Napoli.
Un’emozione ancora, per lei, Zanardi, ieri mattina, a Napoli…
«Vi dico subito, un’emozione grandissima e vi spiego il perché. Voi non ci crederete, ma io non ero mai venuto, nella mia vita, a Napoli. Ho girato il mondo, di pista in pista e corsa in corsa, ma Napoli mi mancava. Succede di non conoscere il meglio, giusto? Ieri, è stata per me e mia moglie Daniela, la prima volta. Ed è stata una scoperta, una commozione indicibile».
Lo spettacolo naturale, fra l’altro, in una giornata di sole incredibile.
«Ma no, non solo questo, che è importante certo con lo scenario del golfo e del Vesuvio, e però in fondo secondario. Io ho imparato a Napoli la civiltà del sorriso, incredibile. Ieri, dovunque, sui visi della gente ho visto dipinto il sorriso. La gente che attraversava in un punto sbagliato e ti chiedeva scusa con un sorriso. Nei bar, dinanzi al piatto di spaghetti preparato, le persone che sfioravi, tutte indossavano un sorriso, non sai se di gentilezza o già di amicizia. Sì, mi sbaglierò forse, però di vita e gente ne ho viste, lo sapete, ma a Napoli ho ritrovato dominante la cultura del sorriso».
Miracolo delle biciclette e del Giro, in un’atmosfera di festa.
«Guardi, io posso confidare che la bicicletta l’ho conosciuta molto tardi. Sì, in automobile, a 300 all’ora, la mia era solo una vita di corsa, una fuga. La bici la usavo per allenarmi, al massimo. Non mi appassionava granchè, lo riconosco; la guardavo pure con una sorta di sufficienza, come quando un Suv supera una mountain bike, per intenderci. Poi invece, dopo l’incidente in Germania nel 2001, ho cominciato a capirla, a comprenderne il valore. E i significati che aveva in sè. Questione di umanità, nulla da dire oltre. In Formula 1 guardi solo fisso davanti. In bici, guardi anche di lato, apprezzi il paesaggio, il tuo pensiero, ti ascolti dentro. È un altro mondo, un altro modo di essere”.
Forse è solo lei, Zanardi, che ha un gran cuore.
«No, è che ieri a Napoli e fra le biciclette ho compreso un’altra volta che in auto correvo da solo, forse solo accompagnato dall’attenzione del mio team e dalla apprensione dei miei cari. E in handbike, invece, ho davvero mezz’Italia che mi accompagna».
Lei ha vinto l’oro olimpico, ha vinto la Maratona di New York, ma forse l’Italia intera la ama appunto per la profonda sensibilità verso gli altri, non crede?
«Se lei si riferisce all’ultima Maratona di Venezia e alla scelta del fermarmi per aiutare il mio amico Eric, che non ce la faceva più, per dargli una mano ad arrivare al traguardo, dico che non ho fatto nulla di speciale. Un altro lo avrebbe fatto per me, sono sicuro, nel mondo che conosco. Ma vincere credete che sia davvero così importante, che cambi la vita? È fondamentale regalare un aiuto, una speranza alle persone. ”Inspire a generation”, come dice il nostro movimento, questo sì. Regalare un sorriso, come fa questa città».
Napoli, ieri, per la prima volta. E domani?
«Guardi, io mi auguro davvero, con il sindaco de Magistris, Gianni Bugno e gli amici della Gazzetta, di essere a Napoli anche alla partenza vera del Giro, a maggio dell’anno prossimo. Anzi, ve lo richiedo quasi. Le emozioni che lasciano senza fiato, come quelle di via Caracciolo, ieri, vanno raddoppiate. Arricchiscono infinitamente».
Un pensiero ancora, Zanardi.
«Guardare sempre il futuro. Con gli occhi e l’anima mai lontani dallo specchietto retrovisore dei vostri giorni passati».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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