Affare fatto: e, mentre il contratto sta per essere firmato, in quell’estate (sorprendente) del 2010, diciassette milioni d’euro, seppure in quattro anni, sembrano un’enormità, un colpo in piena regola. Ok, il prezzo è giusto: mani che si stringono e mercato in subbuglio, un botto che introduce la moda del pagamento rateale, un leasing che s’infila nel calcio per arginare (e un po’ arginare) la crisi collettiva. « Credetemi, mi sono commosso ». Il tempo è un galantuomo e finisce per lenire pure ferite ormai cicatrizzate: ma mentre el matador s’inventa il calcio in chiave quadridimensionale, chissà mai cosa deve aver pensato Maurizio Zamparini, il presidente d’un Palermo illuminato da tante stelle (« pensate: avevamo Cavani ma anche Pastore ed Hernandez ») e che dinnanzi alla tv non riesce a frenare le proprie emozioni: « Perché sono contento che Edinson si stia affermando e sono ancora più felice che lo stia facendo al Napoli. Lui è un indio vero, che dà tutto quello che ha: quanta generosità, quanta forza ». E, chissà, anche qualche rimpianto inconfessabile a cielo aperto e tanto meno via etere, mentre ci si apre su Kiss Kiss per celebrare quel «fenomeno» ch’era suo, fino a quando Aurelio De Laurentiis non gli telefonò e – senza blandirlo – buttò lì: « Mi dai Cavani? ». Fu un lampo, una trattativa rapidissima, un cenno, due conti, diciassette milioni stabiliti come contropartita economica da riconoscere entro il giugno del 2013 e l’impressione d’aver liberato il talento d’un fuoriclasse: « Perché in questo momento, per rendimento, Cavani è il numero uno al mondo. Lui è quello che va a prendere il pallone nella propria area e poi riparte; lui è quello che agonisticamente rappresenta il top; lui è uno da combattimento. Magari non è Messi, non voglio dire questo; ma Messi non è un centravanti ma una seconda punta ed un incredibile creatore di gioco. Mentre el matador è un finalizzatore eccezionale ». E allora, inutile star lì a piangere (eventualmente) sul versamento quadriennale per Cavani, su quei diciassette milioni di euro che ora sembrano pampuglie, su ciò che poteva essere e non è stato: lo Zamparini papà, che lascia in disparte lo Zamparini presidente, ha un cuore che batte e sentimenti che dominano. « A Palermo era già bravo, però dovendo fare lo stesso lavoro oscuro da una parte all’altra del campo, finiva per essere poco lucido sotto porta e talvolta gli sono toccati pure i fischi. E poi era giovanissimo, senza la maturità che invece ha adesso. Si vedeva che aveva talento, però non pensavo arrivasse a tanto ». Evviva la sincerità.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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