«È un campionato povero, che mette quasi tristezza a vedere da qui. E dove può vincere chiunque, anche una outsider. Come avvenne nella stagione dello scudetto che finì sulle maglie del Verona». A poco meno di due anni di distanza dalla firma che gli ha capovolto la vita, Alberto Zaccheroni non riesce a trovare una valida ragione per rinnegare la scelta di diventare il Prandelli giapponese.
Zaccheroni, erano anni che non si vedeva una simile smobilitazione?
«L’anno memorabile delle ”sette sorelle”, quando il gotha dell’industria italiana si sfidava sui campi di serie A a colpi di acquisti milionari, fu l’apice del calcio di casa nostra: c’erano Cragnotti, Tanzi, Cecchi Gori, Berlusconi, Moratti…».
E adesso, invece?
«Siamo al punto più basso. Non me ne vogliano i colleghi che sono lì. Ma il nostro campionato è lo specchio del momento nero del nostro Paese. Come dare torto a Berlusconi?».
Lei che dà ragione all’ex premier?
«Sì, a Berlusconi non posso che dire che è giusto così, non può dire di no a chi gli offre 65 milioni per Ibrahimovic e Thiago Silva. E fa bene anche a non fare acquisti milionari. Non può spendere quando il paese vive un momento tanto nero».
E in Giappone che clima c’è?
«C’è più ottimismo. Da queste parti vendono meno computer ma per il resto i giapponesi sono in ripresa. Leggevo proprio stamane i dati del mercato delle auto e sono confortanti».
La serie A ora è molto dietro rispetto a Premier e Liga?
«Peggio ancora. È ai livelli di competitività bassissimi. In momenti del genere, quando mancano le risorse, contano le idee. E quindi spuntano le sorprese. La Roma di Zeman ha lavorato bene, le milanesi rischiano di restare nelle retrovie. Sarà una classifica corta. E con una sorpresa al traguardo di maggio».
Potrebbe essere il Napoli?
«Una squadra che lo scudetto l’avrebbe potuto già vincere lo scorso anno. E che se non vi è riuscita è stato solo per la cavalcata in Champions che ha prosciugato il 70 per cento delle energie mentali».
Però quest’anno non c’è Lavezzi.
«E che importanza ha? C’è Pandev che è scatenato, che è partito con grande motivazione. E tra un giocatore che non ha più voglia e uno che invece è pieno di entusiasmo, io non avrei dubbi tra chi scegliere. Senza dimenticare Insigne: conosce l’aria di Napoli, che è quella di casa sua, ma attenzione a non caricarlo troppo di responsabilità».
Quindi, la squadra azzurra è ai livelli delle grandi anche senza il famigerato acquisto del top player?
«A me non sorprende che il Napoli non abbia fatto rivoluzioni in questo mercato. Fa parte dello stile e delle abitudini di Mazzarri che da sempre si lega molto ai suoi equilibri e ai suoi uomini. Lui non ha mai amato i cambiamenti radicali».
Questa è l’arma in più degli azzurri?
«È uno dei punti di forza che fanno del Napoli una delle squadre da battere. Poi se Cavani farà ancora 25 gol, ovvio che la squadra azzurra è la naturale pretendente numero uno allo scudetto».
Anche perché la Champions resta la sfida fondamentale per la nuova Juventus?
«Vero, ma non trascurerà il campionato. Le grandi non scelgono mai prima».
E se non ci sarà Conte?
«Non sarà proprio la stessa Juventus. Qualcosa perderebbero i bianconeri».
A proposito, innocentista o colpevolista?
«Nel merito della vicenda non entro. Però ciclicamente si ripiomba in questo scandalo delle scommesse. Mi chiedo: non è che ogni volta siamo troppo buonisti?»
Tra Napoli e Juve è calata una cortina di ferro a causa della Supercoppa.
«La rabbia è giustificata da parte di Mazzarri, ma va gestita meglio. Ricordo che ero sulla panchina del Milan e contro i bianconeri in una semifinale di Coppa Italia subimmo ogni sorta di ingiustizia. Entrai negli spogliatoi della Juve e dissi loro l’impossibile. Forse persino di più di quello che i milanisti gridavano dagli spalti».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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