Ha lasciato Napoli, ha giocato per altre squadre, è tornato ma i tifosi non l’avevano perdonato. Fino ad ora…
Inviato a Castelvolturno – E quando i fischi son diventati applausi, la missione (im)possibile s’è magicamente compiuta ed è cominciata un’altra vita: questa è la storia (paradossale) d’un calcio esasperato, che talvolta si lascia dominare dal fideismo, ed è anche la rinascita d’un uomo che non ha smarrito i contenuti di se stesso, men che meno la dignità e la fierezza e l’onestà intellettuale. «Tornare non è stato facile, perché i napoletani sono unici, non ce ne sono altri: qui esiste una sola squadra e il mio addio, le mie esperienza altrove, sono apparse come tradimenti. Ne ho parlato spesso con il mister, che ha vissuto esperienze simili: me ne sono fatto una ragione di certe reazioni. Perché qui sono nati i miei figli ed io ho tanti amici in questa città meravigliosa: per dimostrare cosa valgo, in assoluto, posso fare solo e sempre bene ciò che so fare, impegnandomi, andando a rompermi la faccia o volendo esserci anche con il quinto metatarso fratturato. Questo sono io».
Qua la mano. Ma quella volta in cui il san Paolo ha (ri)cominciato ad apprezzarlo, rimuovendo dall’atmosfera la diffidenza e peggio ancora l’ostilità, dalla nube (tossica) d’un clima mesto è (ri)emerso l’orgoglio d’un hombre vertical, una sorta di rivoluzionario tenero che ha scelto di affrontare a petto in fuori e a testa alta quel clima e di mostrare l’unica faccia di sé, quella d’un trascinatore indomito che sa come si trasforma la malinconia in allegria. «Io so anche che qui sono impagabili, per amore. E io ho il dovere di conquistare la loro stima attraverso il mio modo di essere e di interpretare il calcio. Devo dire che mi sto divertendo molto, che questo Napoli è diverso da quello nel quale sono stato anni fa e mi piaceva anche nella passata stagione, quando lo guardavo in tv».
Cambiamento. Passa il tempo, cambiano gli scenari. «E devo anche aggiungere che non mi sento un leader, semmai ce ne sono altri, Hamsik e Higuain o anche Maggio, ma soprattutto Benitez. Ma, per quanto mi riguarda, io sono felice di essere riuscito a conquistare la stima della gente e sto provando sensazioni che altrove non m’è riuscito di avvertire. Sono contento anche per Insigne, ma lo capisco: sono stato giovane pure io e qualche volta mi sono incazzato, perché volevo giocare sempre. Solo che la gente non sa che ogni tanto succede pure a noi di arrabbiarci….E’ l’esperienza che insegna i modi giusti, io adesso ce l’ho».
La dignita’. Ed ha pure le parole giuste e persino l’espressione da hombre vertical, al quale non serve ricorrere alla blandizia per riuscire a raccontare come si ribaltano le cieche convinzioni d’un calcio talvolta esasperante: «Ora sono maturato, quando arrivai qui ero un ragazzino. Posso dire di essere un uomo, che avverte anche la fiducia del proprio allenatore. Mi sto divertendo in questa squadra, diversa nella mentalità dal Napoli in cui sono stato per cinque anni: ora si cerca il divertimento attraverso la giocata con due tocchi, ora si cerca di arrivare ai risultati con lo spettacolo, ed a me piaceva già nella passata stagione, quando lo guardavo in tv. Sono orgoglioso di essere qui. E non chiedetemi di fare promesse, di farne altre: io so parlare a modo mio, in campo, dando sempre il massimo, dando il meglio di me stesso». Affinché i fischi diventino applausi….
Fonte: Corriere dello Sport
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