NAPOLI – Famolo strano: e così, avanti tutta, si son messi a giocare un po’ all’italiana e un po’ alla spagnola, usando la testa e però anche le gambe e, visto che serviva, persino il cuore. «Il mio Napoli ha mostrato d’avere personalità». Genova per lui è la cartina di tornasole d’una squadra un po’ matta e un po’ estrosa, perché poi le star son fatte così: 1-1 con il Sassuolo, 72% di possesso palla ma lasciando in quel restante 28% la bellezza di sei occasioni e sedici conclusioni; e allora, famolo strano, cioè usando un cliché inusuale, non certo il codice-Benitez: squadra raccolta, mai all’indietro, però assai propensa a ripartire, in quel che si può definire contropiede – mica è un’offesa – e però comunque portando il forcing alto per restar fedele ad uno spartito che poi va conservato per futura memoria. Intanto: quinta vittoria su sei gare di campionato, terzo successo esterno, la capacità di scacciar immediatamente le ombre di quella serataccia infrasettimanale e la possibilità di proiettarsi verso Arsenal, quartiere nobile della Londra calcistica, con un pizzico di autostima in più. «E la condizione che è al 75%. Però stavolta s’è visto il carattere».
LA TESI – Non solo calcio, non semplicemente football organizzato, ma la tempra di chi sa che deve sbarazzarsi di qualche scomoda preoccupazione e di dover normalizzare ciò che il Sassuolo aveva appena intaccato: a volte basta poco, un tempo e via, un doppio Pandev, un po’ di «aggressione» sul portatore avversario, qualche diagonale offensiva e soprattutto l’anima di chi sa colpire Benitez nella sua sensibilità, quella che traspare andando a cliccare sui pensieri sparsi che il madrileno diffonde attraverso il proprio sito. La spruzzata di coraggio poi è nelle scelte del prepartita, perché con il senno di poi decidere di portare in panchina Higuain e Hamsik sa di invenzione, ma con quello di prima è semplicemente: «Coerenza. Ho sempre detto che c’è bisogno dell’intero organico per affrontare questa stagione così ricca d’impegni e procederemo attraverso questo metodo. La strada giusta da seguire l’abbiamo trovata o non la abbonderemo, gioca tranquillamente chi deve giocare».
A TESTA ALTA – E allora, un sorso di vitamina C, perché cuore, carattere e coraggio tracimano da «Marassi» e spingono a rielaborare l’identikit d’una squadra che sembra avere molte facce, al di là del 4-2-3-1 e delle variabili a partita in corso e degli uomini chiamati ad interpretarlo: « E’ stato molto bravo Pandev, che ha potuto giocare in quella ch’è la posizione a lui più congeniale. Mi è piaciuto pure Duvan Zapata, capace di proteggere bene la palla. E se proprio devo trovare un neo, l’unica cosa che non ho gradito sono stati quei cross concessi al Genoa: tanti, troppi. Però alla fine siamo andati più vicini noi al terzo gol che i nostri avversari all’1-2» .
SINTESI – Ricapitolando: qui Marassi a voi Londra, per riascoltare quel «battito animale» che a Genova è servito per scoprire l’inedita verve d’una squadra decisa a stupire ancora, pure in Champions. «Io con la squadra parlo ogni giorno e so che dobbiamo crescere. I ragazzi sono consapevoli che possiamo essere competitivi a qualsiasi livello e che proviamo a vincere contro ogni avversario. Sarà così anche contro l’Arsenal». Perché il carattere, il cuore, il coraggio o ce l’hai o non è in vendita. E nel codice genetico del Napoli di Genova c’era: «Vittoria di personalità».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
L.D.M.
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