ROMA – Violenza negli stadi, un tema attuale, un cantiere aperto. Davanti i dati in evidente calo, che sottolineano un successo importante, straordinario, se si pensa che è stato raggiunto nell’arco di 5-6 anni: dietro quel prezioso lavoro di raccolta ed elaborazione c’è il Cnims, Centro nazionale di informazione sulle manifestazioni sportive, il laboratorio statistico-operativo dell’Osservatorio. Dimezzati gli incontri con feriti (nel 2007-2008 90 tra A, B e Lega Pro, nella passata stagione 43), ridotti del 75% circa i feriti tra le Forze di Polizia impegnate allo stadio (da 136 a 33), calano di un terzo anche i feriti tra i civili (da 92 a 62). Ma attenzione alla comparazione tra la prima parte della passata stagione e di quella in corso: gli stessi dati registrano un incremento che potrebbe avere un valore del tutto indicativo, ma che deve rappresentare un campanello d’allarme, un segnale sull’intenzione dei violenti di provare a tornare protagonisti. E’ anche per questo che il Viminale – in senso lato lo Stato – con il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il capo della della Polizia Alessandro Pansa, oggi ha chiamato il mondo del calcio ad un tavolo aperto di confronto sulle tematiche inerenti la violenza negli stadi.
PRIMA E DOPO IL 2007 – Lo spartiacque è il 2 febbraio 2007, una serata maledetta, il punto apicale negativo delle degenerazioni violente da stadio: c’è il derby Catania-Palermo e l’ispettore capo della Polizia di Stato Filippo Raciti ci rimette la vita. Si ferma il calcio, tutto: ed è come se quella sosta, quel silenzio, servissero per aggiungere allo sgomento, al dolore, alla rabbia, riflessioni e scelte che cambieranno la vita da stadio. Purtroppo per tutti, come accade quando bisogna fronteggiare un’emergenza. E forse è proprio il giro di vite – tanto generalizzato quanto necesssario – ad essere compreso meno da chi allo stadio va per vedere la partita e punto. Ma lo scenario alle spalle di quel 2 febbraio 2007 raccoglieva immagini da guerriglia assurda: stazioni devastate, treni assaltati, autogril saccheggiati, numeri spaventosi sugli scontri con le Forze dell’Ordine.
UN PERCORSO CONDIVISO – Da sette anni a questa parte si è aperto un percorso nuovo, di cui si fece fermo ispiratore il compianto capo della Polizia Antonio Manganelli. I tornelli, le telecamere a circuito chiuso, la discussa tessera del tifoso, i biglietti elettronici, i Daspo, regolamenti d’uso degli impianti sempre più dettagliati: sono stati messi una serie di paletti camminando in costante confronto con le società di calcio e con tutte le istituzioni e le realtà connesse all’organizzazione di un evento sportivo. Un percorso ispirato dalle regole e dalla condivisione delle scelte in un gioco di squadra ritenuto essenziale per portare a risultati. E il risultato finale indubbiamente è stato quello di vedere quel quadro di guerriglia letteralmente stravolto in positivo.
NUOVE SFIDE – Ma c’è questo campanello che suona comparando i dati tra le prime parti di questa e della passata stagione. Sempre numeri contenuti rispetto all’orribile passato, ma numeri in crescita: da 39 a 49 gli incontri con feriti, da 43 a 64 i feriti tra le Forze di Polizia, da 36 a 57 tra i civili, da 7 a 15 tra gli steward. Guardia alta e soprattutto, per i tecnici del Viminale, un aspetto su cui ora puntare con più decisione: partendo da un principio che stravolge una credenza diffusa (i dati ufficiali parlano di una media spettatori in aumento negli ultimi anni: da 21.4040 nel 2009 sia a 25.603 nel 2013) tutto è perfettibile, dalla tessera del tifoso, alle tecnologie per l’acquisizione dei biglietti (il ministro Alfano ha istituito una task force che studi questi aspetti), serve un rapporto più sano tra i club e certe frange delle tifoserie. La definizione e l’ampliamento dei poteri e delle funzioni del responsabile dei rapporti con la tifoseria che ogni club deve avere su richiesta dell’Uefa. E’ la nuova frontiera. Ci tiene, e lo ha detto, anche il presidente della Figc Abete.
Fonte: Corriere dello Sport
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