Ottant’anni festeggiati da poco, ma riproposti per la grandezza del personaggio e per il gusto di trascorrerli con gli amici di una vita e con «quelli del mio Napoli», come li chiama lui. Lui è Luis De Menezes Vinicio, quel «’O lione» degli anni bellissimi da calciatore e di quelli ancor più fantastici da allenatore. Per un giorno Vinicio – senza primo nome o cognome, perché da donna Flora, sua moglie, ai più lontani conoscenti lo hanno sempre chiamato così – ha raccontato tanto ed ha sorriso al futuro.
È successo l’altra sera a cena, a Pratella, nel verde della Campania che guarda al Molise, nell’azienda «Acqua Lete» di Nicola Arnone, il quale, ammirevole ospite, ha accolto il festeggiato, l’antico e il nuovo Napoli (c’erano il ds Bigon e il team manager Santoro con in regalo la maglia 80) nella casa colonica della storica (1893) fonte del fiume Lete. C’erano Antonio Juliano, il capitano che non ha mai perso un’oncia della propria energia; Enzo Montefusco e quel modo di rallegrarsi la vita come faceva col gioco e con i suoi assist; Gianni Improta, riservato ed elegante, di uno stile simile alla tela di passaggi che tesseva in campo.
E ancora Carlo De Gaudio e Dino Celentano, dirigenti di lungo corso calcistico (fu De Gaudio, ai tempi dell’Internapoli d’assalto e d’avventura ad iniziare Vinicio al mestiere d’allenatore); con loro Carlo Iuliano, l’addetto stampa di quello e di tanti altri Napoli, e Vincenzo Siniscalchi, che oltre ai suoi indiscussi meriti giuridici e parlamentari si è da sempre legato a filo doppio al Napoli e all’epopea azzurra. E poi ancora l’irriducibile pattuglia di giornalisti che hanno seguito Vinicio calciatore ed allenatore: Mimmo Carratelli, Rosario Pastore, Adriano Cisternino, Tonino Sasso, Vittorio Raio, Sergio Troise e Ciccio Marolda. E, infine, Mariella de Nigris, Bruno D’Urso, Nicola Miraglia del Giudice, Enrico Fedele, Olga Porta e Franco Di Stasio, Corrado Fiorentino, Edoardo Di Natale, Mimmo Ronga con la moglie Rosa Arnone, Gabriella Cuzzone con lo staff «Acqua Lete» e tanti altri.
Una telefonata di auguri da De Laurentiis e poi quattro chiacchiere con Vinicio su presente e passato: scambiate durante la sobria, ancorché festosa, cena organizzata, per Acqua Lete, dai ristoratori Perrotta. «Il Napoli ha un attacco molto più forte. Conte lavora bene, infonde ai suoi grinta, carattere e bel gioco. Mazzarri fa uno stupendo lavoro, lo seguo, mi piace. Ma non chiedetemi paralleli. È anacronistico confrontare il calcio di epoche diverse».
C’è un Juve-Napoli nella memoria collettiva e in quella di Vinicio, in particolare. Era il 1975 le due squadre si affrontavano e sul campo di gioco la posta era lo scudetto. Napoli sognava, la Juve non mollava. Al Comunale di Torino c’erano la difesa a zona, una squadra di veri calciatori e la spedizione dei 40 mila tifosi azzurri arrivati in Piemonte. C’era tanta speranza. Tuttavia «la Juve era passata in vantaggio, poi l’ 1-1 – spiega Vinicio -, in tribuna contavano i minuti, il Napoli dominava, Zoff ancora non sa come riuscì a deviare quel tiro di Juliano». Finì con l’ingrata rete di Altafini, l’ex, e con una sconfitta. Però quel Napoli non ha mai perso. Perché nonostante gli anni, non lo dimenticheremo mai: perché il tempo è inesorabile con tutti, ma non con i miti.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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