Due volte a Catania, una volta a Napoli. Esperienze brevi, però intense quelle di Vincenzo Guerini quend’era allenatore. E una più intensa dell’altra di sicuro.
E’ così, Guerini?
«E’ vero. Catania è stata una tappa fondamentale per la mia vita. Lì, infatti, ho trovato moglie e lì torno sempre appena posso. Ho preso anche una casa là vicino, ad Acicastello. Ci andrò a vivere quando chiuderò la mia storia con il calcio».
E Napoli, invece, non le ha lasciato traccia?
«Certo che sì. Il problema è che io non sono stato capace di lasciare a Napoli un’impronta. Purtroppo, ci sono stato solo pochi mesi. E questo è il rammarico più grosso della mia carriera. Perché professionalmente quella di Napoli è stata l’occasione della vita e non l’ho colta. Però a Napoli e al Napoli penso sempre volentieri. Ci sono tornato spesso. Per Sky ho commentato un sacco di partite degli azzurri e il ricordo e il rispetto della gente mi ha sempre colpito molto».
Basta coi ricordi. Che cosa pensa del Napoli e del Catania d’oggi?
«Sì, parliamo del bello del calcio. Perché sia il Catania che il Napoli rappresentano davvero il meglio che il calcio italiano oggi sappia offrire. Tant’è che m’è addirittura difficile stabilire chi in questi ultimi anni abbia saputo fare meglio».
Ci proviamo?
«Il lavoro di De Laurentiis è stato straordinario. Dal niente in setto-otto stagioni ha costruito un Napoli da primi posti nel calcio europeo. Ma al di là delle tante scelte giuste fatte dalla società, sa per me qual è il vero segreto del successo azzurro? E che oggi chi lavora lì ha nel presidente un riferimento certo. Quando c’ero io era il contrario: tutti parlavano, tutti comandavano ed era solo un grande caos»
E il Catania?
«Anche qui, rispetto al passato, con l’avvento di Pulvirenti e di Lo Monaco è cambiato tutto. Pure loro non hanno sbagliato un colpo, anche se, ovviamente, le strategie e gli obiettivi del Catania sono assai diversi da quelli napoletani. Si può dire che il Catania, sia un altro Chievo, però in meglio. Mi spiego: fa gli acquisti giusti, sceglie giovani eccellenti, li valorizza e poi li vende. Compra a poco e vende a molto. In una parola: si autofinanzia».
Morale?
«La morale è che mettendo assieme quel che fa il Napoli e quel che fa il Catania, abbiamo il disegno di come dev’essere il calcio di domani: competenza, organizzazione, investimenti mirati. Il segreto del successo».
E lavoro sul campo. E quindi, eccoci arrivati a Mazzarri e a Montella. Che ne pensa?
«Tutto il bene possibile. Mazzarri ha uno score personale che forse pochi allenatori hanno in Europa: da quando ha cominciato questo mestiere, infatti, s’è sempre migliorato. E’ bravo tatticamente, ma, soprattutto, la qualità migliore che gli riconosco è il saper ottenere sempre il meglio dai suoi giocatori. E so per esperienza che fare tutto questo a Napoli, città calcisticamente assai esigente, non è affatto semplice. Montella, invece, credo sia la vera, grande novità del campionato per quel che riguarda le panchine. Di lui, oltre a come riesce a far giocare la squadra, mi colpisce molto la serenità. E’ arrivato da poco nel grande calcio, ma sembra faccia già l’allenatore da trent’anni».
E domenica c’è Napoli-Catania…
«Mi aspetto una partita bella, anche spettacolare. E per nulla scontata in quanto a risultato perché il Catania è squadra difficile per tutti. Oltretutto, raggiunta la tranquillità con tanto anticipo, ora può ambire a traguardi assai ambiziosi. Sì, penso alla qualificazione all’Europa League. Per la città, oltre che per il club, sarebbe una conquista eccezionale. E può farcela. Così come può farcela il Napoli ad acciuffare quel terzo posto che gli permetterebbe d’approdare per il secondo anno consecutivo in Champions League».
Un Napoli che arriva a questa partita dopo la qualificazione alla finale di coppa Italia? Una spinta in più?
«Certo. Un traguardo importante per un Napoli che vuole cominciare a vincere qualcosa. Gli azzurri saranno ancor più motivati. E quando dico “azzurri”, sia chiaro, non penso solo ad Hamsik, Lavezzi e Cavani. Sarebbe troppo facile. Penso anche, o soprattutto, agli altri della squadra che corrono e sgobbano anche per i tre tenori. Il mio preferito? Gargano. Perché racchiude tutte le caratteristiche del calciatore che a me piace: classe, corsa, senso del sacrificio. Avessi potuto, l’avrei già portato alla Fiorentina».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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