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Vince il Napoli “made in Italy”

Non solo Cavani-Lavezzi-Hamsik, ma anche De Sanctis & Co.

Lavezzi e Cavani. E poi Inler e Hamsik. E Gargano, Zuniga e Campagna­ro. Squadra sudamericana. Squadra poli­glotta, un po’ svizzera e un po’ slovacca. Napolinternazionale, tutto d’un fiato. Bel­lo, spettacolare ma impossibile: nel senso che sì, è straordinaria la legione stranie­ra, ma senza l’ ossatura italiana sarebbe impossibile (per l’appunto) cantare come canta Napoli. E allora, gli indigeni di fer­ro: De Sanctis, Cannavaro, Aronica, Dossena e Mag­gio. I magnifici cinque de­cisivi. Imprescindibili. Lo­ro sono gli azzurri d’Italia. Sono gli irriducibili.

LA PASSERELLA – Eccoli qui, dunque. Schie­rati, in fila, coi capelli gelatinati, corti o rasati. Esperienza, personalità, carattere, fisico. Corsa, tantissima: sono i chilome­tri macinati da Maggio e Dossena. E poi, il muro Cannavaro-Aronica, due bucanie­ri autentici, amici per la pelle e anime della squadra. E poi, lui: De Sanctis. Il pi­rata portiere, l’uomo volante che, in pro­porzione, porta punti come gli attaccanti: parate che valgono gol. Passerella merita­ta per tutti: perché d’accordo l’esterofilia e le suggestioni, ma il cuore azzurro pul­sa sangue tricolore.

LA CHIAVE – Il lavoro di Mazzarri, che da sempre sviluppa calcio spumeggiante, del resto è imperniato sulla difesa e sugli esterni. E quindi sulla pattuglia italica. I centrali hanno un compito preciso: alzarsi, prendere palla e smistarla subito. Meglio ancora se sulle fasce: ecco perché gente come il capi­tano e Aronica – che in marcatura fanno faville -, Maggio e Dossena diventano fon­damentali. Per non parlare dei cross, che l’ala e il terzino sinistro fanno piovere re­golarmente; e degli inserimenti di Chri­stian il nazionale, in autentico stato di grazia e capace di galoppate spettacolari (come a Manchester) e letali (con gol, co­me con l’Inter). Loro, tutti insieme, sono uno dei segreti. Sono una delle chiavi del gioco. E la sagacia tattica di ognuno è merce rara e preziosa.

ETERNO – E De Sanctis? Beh, lui è immen­so. Davvero. È da un bel po’ il miglior por­tiere italiano. Ed è un professionista entu­siasta e impeccabile come pochi: perché se a 34 anni non ha mai saltato un solo minuto in campionato e nelle coppe europee dal­l’estate 2009, qualcosa si­gnificherà pure. Leader in campo e fuori; determinan­te e decisivo quanto gli at­taccanti; 450 minuti in campionato e 180 in Champions (esclusi recuperi). Lui c’è sempre. Per fortuna.

PANCHINA NAZIONALE – Non gli resta che sperare in una meritata soddisfazione con l’Italia, per completare il capolavoro che dipinge e intarsia con arte e passione da anni: domani a Pescara, lui che è nato a Guardiagrele ed è cresciuto proprio nel re dei club abruzzesi, andrà in panchina contro l’Irlanda del Nord ( a Belgrado c’era Sirigu). E non è escluso che Prandel­li lo mandi dentro in corso d’opera.

LE PRESENZE – Italiani che fa rima con fon­damentali, dicevamo. Italiani che per Mazzarri sono come figli (Maggio, che sta discuten­do il rinnovo del contratto, e Aronica, in scadenza) e anche punti di riferimento: parlano e si confrontano. E anzi, in tre o quattro sono come una sorta di emissari del tecnico in campo. E le presenze, tra campionato e Champions, parlano da sole: 7, en plein, per De Sanctis e Aronica; 6 per Cannava­ro (turnover con il Chievo); 5 per Maggio (k.o. per affaticamento con Fiorentina e Villarreal); 4 per Dossena (colpito da un lutto familiare prima del Chievo). Altro da dire? Bene, bravi, bis. Molti bis, please.

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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