Lo stadio colabrodo, quello nel quale si riesce a entrare portandovi all’interno di tutto (droga e armi comprese), facendosi spesso beffe non solo dei cordoni di prefiltraggio delle forze dell’ordine, ma persino degli impianti di videosorveglianza.
Non molti mesi fa proprio sugli aspetti legati al funzionamento della rete di telecamere a circuito chiuso la Procura di Napoli delegò la polizia a indagare per verificare – appunto – il corretto funzionamento di uno strumento diventato indispensabile anche e soprattutto per identificare, sia internamente che esternamente allo stadio San Paolo, eventuali ultrà facinorosi che si rendessero protagonisti di intemperanze, quando non addirittura di veri e propri fatti violenti. Non a caso, proprio in pieno svolgimento della Champions League – e precisamente in occasione della partita contro gli inglesi del Manchester City – fu grazie al corretto funzionamento degli impianti che si riuscì a evitare un vero e proprio agguato programmato da parte di un gruppo di violenti supporter azzurri ai danni di alcuni turisti londinesi in trasferta a Napoli.
Eppure, ciclicamente, negli uffici della Procura giungono esposti e denunce in cui si chiede di «far luce» sulla videosorveglianza dell’impianto di Fuorigrotta. Talvolta si tratta della (prevedibile) «guerra» che riporta a ditte concorrenti; ma in qualche altro caso gli approfondimenti dei pm puntano a verificare la presunta mancata manutenzione di questa fondamentale rete di «occhi indiscreti» capaci di scrutare e definire anche i minimi particolari di personaggi che si muovono sugli spalti e all’esterno delle curve. Il sospetto – essendo le centraline sistemate per strada, esternamente alla cinta dell’impianto sportivo – resta sempre lo stesso: boicottaggio. Ma, e anche questo va detto, mai come in questo momento il funzionamento dell’impianto di sorveglianza videoregistrata al San Paolo procede con una copertura del cento per cento, senza creare inconvenienti al lavoro delle forze dell’ordine.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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