Accantonate le suggestioni del sorteggio di Nyon che ha riservato al Napoli altre due notti di gran galà nella scala del calcio europeo, gli azzurri hanno ora l’arduo compito di rituffarsi in campionato con quella determinazione che nella scorsa stagione ha regalato ad un’intera città il sogno Champions.
Il grande dispendio di energie fisiche e nervose della coppa e i limiti di una rosa non ancora pronta a sostenere il doppio impegno senza cali di tensione hanno allontanato il Napoli dalla vetta della classifica in campionato, una vetta da dover raggiungere da qui al termine della stagione per dare continuità e sostanza al nuovo status internazionale che gli azzurri stanno assumendo con pieno merito.
La squadra di Mazzarri ha saputo guadagnarsi a suon di grandi prestazioni nella prestigiosa competizione continentale la considerazione e il rispetto dei maggiori club europei, stupendo gli esperti del settore per intensità e qualità di gioco. Quanti si aspettavano i partenopei come una formazione timorosa ed arrendevole al cospetto di squadre più titolate e attrezzate tecnicamente si sono dovuti ricredere sin dall’esordio dell’Ethiad con il City di Manchester. Persino osservatori d’eccezione come Sir Alex Fergusson hanno posto l’accento sulla modernità del gioco espresso dall’undici di Mazzarri, smentendo quanti – pur non potendo vantare la stessa competenza del tecnico del Manchester United – continuano a liquidare gli azzurri come una formazione bravissima a giocare in contropiede.
Quali che siano le reali motivazioni di questa tesi, chi la sostiene pare ignorare l’evidenza di una squadra che non si limita a giocare compatta dietro la linea della palla aspettando di sorprendere l’avversario con veloci azioni di rimessa ma che, invece, fa dell’impostazione del gioco in fase offensiva e dell’intensità la propria cifra tecnico/tattica. L’efficacia delle ripartenze del Napoli non trova il suo fondamento nell’estemporaneità del gesto tecnico dei suoi interpreti quanto nella perfetta organizzazione del gioco e nella precisa occupazione degli spazi. Il Napoli non aspetta l’errore della squadra avversaria ma lo causa con la costante pressione sui portatori di palla avversari e lo concretizza con lo sviluppo della ripartenza che si affida ad automatismi provati e riprovati in allenamento, con tutta la squadra capace di avanzare con movimenti ben studiati.
Con gl’impegni di coppa rimandati a febbraio, Mazzarri può ritornare ad organizzare il lavoro settimanale sul singolo impegno (meno impegnativa la parentesi di Coppa Italia con il Cesena, nda) in un calendario che vedrà il Napoli terminare il girone d’andata ospitando Roma, Genoa e Bologna e affrontando le trasferte di Palermo e Siena. Un ciclo di partite che dovrebbe avvicinare gli azzurri alle posizioni di vertice ma che riserva il suo ostacolo più difficile proprio nel posticipo di stasera con la Roma. La squadra di Luis Enrique incarna il tentativo di portare avanti un progetto di mutamento radicale nella filosofia di gioco rispetto ad un passato prossimo (la rivoluzione appare molto meno imponente se il confronto viene fatto con la Roma di Spalletti) in una piazza importante come Roma. le difficoltà incontrate dal tecnico asturiano e le fibrillazioni dell’ambiente capitolino danno ancora più merito a quanto sono stati capaci di fare Mazzarri e la società di De Laurentis, passati in sette anni dalla C agli ottavi di champions senza chiudere un solo bilancio in passivo.
Napoli-Roma è stato ribattezzato in passato il “derby del sud”, con un espressione che – beffardamente – sembrava sottolineare il diverso rango rispetto ai derby dl nord, che spesso valevano la conquista dello scudetto o delle posizioni di vertice della classifica. Il nuovo corso del calcio italiano potrebbe rivedere posizioni e gerarchie, fondandosi su di una nuova concezione di calcio, volto alla ricerca della qualità del gioco. Napoli e Roma hanno intrapreso un cammino comune in tal senso che al momento appare premiare solo la compagine partenopea ma sottovalutare i giallorossi sarebbe un errore fatale. La Roma ha qualità indiscutibili e risalirà presto la classifica.
Per ricordare a quanti rivedono nel Napoli un calcio vecchio ed affidato al solo contropiede i tempi in cui al San Paolo si giocava “palla lunga e pedalare”, ho scelto di ricordare un Napoli-Roma di qualche anno fa. La stagione 1980/81 vide il Napoli protagonista di un ottimo campionato in cui si sperò a lungo, addirittura, nella conquista del primo scudetto della storia azzurra. A cinque giornate dalla fine la formazione partenopea, guidata in panchina da Rino Marchesi e in campo dal neo acquisto Krol, il Napoli era in testa alla classifica con la Juventus e la Roma. L’inopinata sconfitta con il Perugia già retrocesso diede il via al tracollo finale che vide gli azzurri classificarsi solo terzi. Lo scudetto andò alla Juventus che nel finale si aggiudicò lo scontro diretto con il Napoli e uscì imbattuta dalla sfida ai giallorossi nel discutissimo 0 a 0 del famoso goal annullato a Turone.La sfida del San Paolo tra Napoli e Roma quell’anno vide gli azzurri imporsi con un roboante 4 a 0. Eppure nell’impianto di Fuorigrotta, nonostante il gran numero di marcature, di spettacolo se ne vide ben poco. Il filmato di seguito ed il commento che lo accompagna serviranno di monito a quanti lamentano una mancanza di qualità nel gioco della squadra di Mazzarri. Un futuro radioso si costruisce anche dando uno sguardo al passato, soprattutto se non troppo distante.
Di seguito il racconto di quella partita:
Pompilio Salerno
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