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[VIDEO] Maradona: 25 anni fa il gol che entrò nella storia

Ne scartò cinque, ne sedette sei, ne segnò due, vinse una partita, pareggiò una guerra, sorprese un secolo. In dieci secondi e in 60 metri scavalcò e ridicolizzò 179 anni di saggi difensori inglesi, capitanati dalla Thatcher. 

Shilton, portiere, ingannato dall’ultima finta, non voleva crederci e si mise a battere i pugni sul prato. Non sapeva ancora che lo aspettava l’etichetta “left behind”. Victor Hugo Morales, telecronista argentino, nato in Uruguay, invece ci credette molto e si batté il cuore per far uscire lacrime: “Quiero llorar”. Quello inglese, un po’ tonto, non capì che l’arte è una forma di inganno e disse all’inizio che Maradona gli sembrava “rickety”. Traballante, come no.
 
Burruchaga, numero 7, corse accanto a Diego per fare la sponda, ma subito si scostò, perché capì che il sicario non era stanco, né bisognoso di aiuto. La palla, che non era più di cuoio rimase lì, buona buona, attaccata ai piedi di Diego come un bimbo col padre sull’ottovolante, insieme attraversarono il campo, il tempo, un conflitto e l’oceano, e lei rimase male quando la corsa si chiuse, alle spalle della stanca difesa inglese, banalmente in una porta.



Ancora, ancora, aveva voglia di dire a Diego: rotoliamo insieme, nel mondo, perdiamoci, navi senza porto. Gli slalom quando sono infiniti alla fine si scoraggiano, non trovando più niente e nessuno da scartare.

Era il 22 giugno ’86, quarti di finale mondiali, il sole scottava a Città del Messico, a volte le Waterloo hanno altre geografie e secondi tempi micidiali. Era il 55′, le Falkland tornarono Malvinas, un gol fece più di un esercito. L’Argentina non era più desaparecida. Quel sinistro buttato lì in corsa, prima di ruzzolare, riscattò la storia, invecchiò un’epoca, ringiovanì il futuro. Non era la fuga di un pazzo solitario, ma la cavalcata di un eroe che usciva dalla trincea e andava all’attacco.
 
“Io non ci riuscirei mai, finirei per rompermi una gamba”, disse di quel dribbling e non solo di quello, monsieur Platini. E Zagallo, glorioso ct del Brasile, precisò: “Diavolo, non venite a dirmi che un tappo come lui, alto 1,70 è nato per il calcio, ha fatto una cosa eccezionale”. Due per la verità, perché anche saltare così in alto, al 50′, sostituire la testa con la mano, ingannare l’arbitro tunisino, è roba da Houdini.

Tutto in una partita, tutto in cinque minuti: male e bene, furbizia e esagerazione, dadaismo e astrattismo, trucco e capolavoro, pugno e carezza, comunque magia. Ha spiegato il regista Kusturica: “Maradona è scisso, molto più di noi, intensamente scisso, quella mano che ruba, quella serpentina che esalta, fa pensare a Marlon Brando, a un attore, Diego dovrebbe sempre giocare e l’arbitro non fischiare mai la fine della partita”.

Un gol di rapina, da ribelle, violando le regole, un gol di bellezza, ristabilendo le regole, il più forte che si beve i più deboli. C’è sempre uno slalom, una fuga tra gli ostacoli, come una poesia che scappa, nelle classifiche del mondo. Anche Pelé ne segnò uno così il 5 marzo ’61, assai bonito, contro la Fluminense, il più bel gol tra i suoi 1.282: zigzagò tra Valdo e Edmilson, lasciò indietro Clovis, Altair e Pinheiro, si liberò di Jair Marinho, scartò Castilho. Anche i suoi compagni Doraval e Coutinho, rimasero stupiti: “Sembrava una nave ubriaca che si divertiva tra le onde”.
 
Solo che il filmato di quel gol non c’è più, è stato rubato da un ladro, forse da un collezionista, che l’ha sostituito con un’altra azione. Mentre la rincorsa di Maradona c’è ancora, è una colonna sonora che resta e su quella sciagurata uscita di Shilton, che già vecchio allora (37 anni), fu avviato alla pensione da quel gol, ci hanno fatto un video-game.
 
Il gol del secolo ha generato una letteratura del secolo. Ne hanno scritto tutti: Galeano, Soriano, Montalbàn, Amis, piccoli e grandi, sudamericani e europei, in molti l’hanno anche cantato, con la faccia allucinata di Juanse, dei Ratones Paranoicos, dei Topi Paranoici. Se vai in Argentina e ti siedi al bar c’è sempre qualcuno che con carta e penna si mette a fare lo schizzo dell’azione, se chiedi a Jorge Valdano, numero 11 di quella nazionale, si metterà il dito sulla bocca, per farti capire che quello che si dissero quel giorno nello spogliatoio resterà segreto. Come se la lunga storia del gol più bello del mondo avesse ancora la palla al piede.

 

Ecco le immagini dello storico gol del “Pibe de oro”:

 

Fonte: Repubblica

 

La Redazione

A.F.

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