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Viaggio nell’ inferno del Velodrome, tifosi azzurri presi d’assalto: uno è in gravi condizioni

"Avvertivamo un clima pesante ma non avremmo mai immaginato quest'odio nei nostri confronti"

MARSIGLIA – Viaggio all’inferno e ritorno, con la paura che domina e paralizza quello spicchio di Napoli arrivata per regalarsi una serata speciale. «Benvenuti» al Velodrome, lo spaccato d’un universo in fase di ricostruzione, gru che illuminano in lontananza ed ombre che invece s’agitano incamminandosi verso lo stadio del futuro. In realtà (per il momento) un cantiere a cielo aperto dal quale attingere a mani basse l’arma impropria della follia. Lo chiamano calcio e invece è il pretesto per mostrare il peggio di sé con caccia all’uomo: giovani mascherati come delinquenti e fanatici che trasformano il senso d’appartenza, il proprio gemellaggio (con i cugini della Sampdoria) in odio. «Le avvisaglie c’erano state, certo, però non avremmo mai pensato esistesse quest’odio nei nostri confronti. Nessun precedente, nessun contatto: solo quei volantini alla vigilia: Napoli m… Vabbè, uno pensa è una goliardata».

PERICOLO – E invece è il fuoco che cova sotto la polvere di quell’arsenale, pietre che volano alla ricerca d’un «nemico» e angoli sperduti per preparar l’agguato nella notte, un «romanzo criminale» da raccontare – in dieci, quindici, per un caffé ed uno sfogo – dinnanzi al Gate 31. «Il clima non era poi così ostile; al mattino siamo stati bene: passeggiata al vecchio porto, pranzo in locali vista mare. Era evidente che fossimo tifosi del Napoli. Ma nessuno che ci avesse provocato. Fino al Velodrome. Ci siamo arrivati in metropolitana, forse eravamo una cinquantina; già si sapeva dei sassi sui pullman. Quando siamo usciti alla fermata di Rond-Point Du Prado, forse a trecento metri dall’impianto, abbiamo cominciato a temere. Abbiamo seguito il percorso: ma non s’è visto un poliziotto. Fino a quando non è cominciata l’aggressione, da lontano, dei sostenitori del Marsiglia: avevano caschi, tiravano di tutto. Gli agenti – che pure a mezzogiorno erano in Centro e nelle stazioni – sostavano oltre i cancelli, con cani da farti venire un infarto soltanto a guardarli, ma prima che capissero…».

FASI – Lì comincia la disavventura: il prepartita, i novanta minuti in cui tra i settori non sono mancate le carinerie (né il lancio di petardi) e le tenebre, piangendo con discrezione, fingendo che fosse tutta colpa dei lacrimogeni. Ambulanze per soccorrere una ventina di feriti, tra cui un napoletano accoltellato; e le cariche per disperdere la teppaglia e portarne sette in caserma, sei marsigliesi ed un partenopeo: «Siamo riusciti a ritrovare la via dell’albergo ben oltre la mezzanotte, quando la zona era stata liberata». L’ultimo metrò, quasi l’alba.

Fonte: Corriere dello Sport

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