Il silenzio stavolta di piombo: perché l’oro è rimasto nelle tenebre del san Mamés e l’espressione malinconica che riconduce verso casa è il manifesto d’una tristezza racchiusa nel tacito patto di starsene buoni, ognuno al proprio posto, senza perdersi nelle cuffie e con la musica, restandosene sospesi con la testa tra le nuvole a rimpiangere l’Europa. Bilbao, alle sei e trenta del mattino, pare ancora più bella, più energica, più solare, un giardino in fiore e strade che brillano di loro ovunque, tranne dinnanzi al Carlton, oscurato da venature d’amarezze di eroi mancati pronti a decollare: partire è sempre un po’ morire e dentro di sé il Napoli, tutto, è invaso dal dondolio del vuoto pneumatico che ha lasciato quella sbandata fatale tra i luccicchii d’uno stadio da far invidia. E’ andata e c’è da farsene una ragione, metabolizzando la sconfitta e lasciandola scivolare sul Nervion: ma perché? E come?
VOLARE. Due ore e mezza ancora prima di tuffarsi nella solitudine di Castelvolturno, poi nella quiete di casa propria, isolandosi dal mondo e tenendo con sé i detriti d’una notte da accartocciare e lanciare via dall’oblò. «Non vi avvilite, sarete, saremo più forti in campionato….». La sveglia è in quel messaggio che parte dalla prima fila e sorvola l’aereo intero, attraversandolo in lunghezza ed in larghezza, tentando di spargere miele e rimuovere il fiele: perché è inutile fingere, e non è neanche possibile, ma questo volo è un tormento, privo di allegria, svuotato di emozioni. Il Napoli c’è e non si nota, non si sente: sta lì, occupa i posti e non lo spazio, vaga assente nel cielo e neppure lo osserva. C’è l’incubo del san Mamés, nient’altro; volti scavati forse dall’insonnia e sicuramente dalla delusione, Ghoulam con il braccio sinistro che dovrà essere operato, sorrisi di maniera ed un profilo bassissimo, nonostante si fosse a diecimila metri e si viaggiasse a novecento chilometri l’ora.
IL PRESIDENTE. E’ fatta, ormai, e domani sarà un altro giorno, con il Genoa ad occupare i pensieri e l’idea fissa di scacciar via quel malanimo rialzandosi in fretta, immediatamente, già a Marassi, l’orizzonte che De Laurentiis va a sfiorare per riconsegnare un po’ d’ottimismo al suo Napoli affranto. «Non siate avviliti, sarete, saremo più forti in campionato». Perché le gerarchie son chiarissime e non c’è bisogno neppure di sforzarsi per definirle: lo scudetto, l’Europa League, poi la coppa Italia e la supercoppa. Ma sono divagazioni che restano inchiodate sulle seggiole, perché non è aria….
L’ATTERRAGGIO. Capodichino, le undici meno dieci, perlomeno si può staccare, si può tentare di dimenticare, magari ignorando lo spareggio pomeridiano in tv per non doversi accorgere ch’è stata una autentica «mazzata» anche dopo: il pullman è fuori, Ghoulam deve scappare in clinica e intorno c’è niente, non una voce ostile, un coro fastidioso, un’occhiata severa. Una signora ha portato la telecamera e suo marito la spinge verso l’esterno, stanno uscendo di là. Sono già usciti dalla Champions e non resta altro da fare che aggrapparsi allo slogan di De Laurentiis… «Saremo più forti in campionato».
Fonte: Corriere dello sport
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