Giocateci voi con un sacco di dodici milioni di euro (reali, mica virtuali) sulle spalle e quel fisico – leggero – che deve sopportarli ad ogni scatto, ad ogni dribbling, in qualsiasi circostanza: è un fardello troppo grosso per chi ha ventitrè anni e deve scoprire un nuovo mondo ed un altro calcio.
Dodici milioni di euro che trasformano l’estasi in tormento e che fanno di Edu Vargas da pallone d’argento del Sud America un (s)oggetto misterioso persino indecifrabile. E allora, per mesi, ripensando a quel ch’è stato, inevitabile chiedere: e se fosse stato un bluff, un fenomeno passeggero che per un po’ s’è preso il palcoscenico? Dev’esserlo chiesto De Laurentiis, che intanto aveva già firmato l’assegno; e se l’è domandato quel san Paolo «stranito» , perché per undici mesi un’ombra s’è allungata sul campo.
LA «DOPPIETTA» – Poi è arrivato il momento della verità, la resa dei conti o, semplicemente, il profumo del mercato: dentro o fuori, insomma, perché poi nel calcio servono risposte immediate e un anno (quasi) sa di eternità. Sarà un caso – e forse non lo è – ma Edu Vargas si sveglia a Stoccolma, s’accende in quel gelo, complice anche la struttura tecnica alle spalle, non più quella del Napoli-2 che sa di occasionale, ma una squadra più razionale; e poi anche grazie alla presenza rassicurante al fianco di Edinson Cavani, il bomber, la luce da seguire. Vargas dimostra di avere i connotati di un attaccante moderno, va a fare il pressing, si concede al palleggio: non intravede la porta avversaria, ma una via d’uscita. E Cagliari, che sembra una bocciatura, è già all’orizzonte.
LA REAZIONE – L’uomo c’è, evidentemente: perché un altro, in presenza dell’ennesima panchina proprio nella sera in cui mancano Cavani e Pandev, con il tecnico che preferisce modificare il modulo, affidarsi ad una sola punta (Insigne), potrebbe abbattersi definitivamente. Invece a Vargas viene anche detto di essere sveglio, di farsi trovare pronto, perché lo sviluppo della gara finirà per richiederne brillantezza a presa rapida: il cileno al 23′ della ripresa è in campo, al 25′ è ad un niente dal gol, con Pisano che salva sulla linea a portiere battuto, al 28′ dà origine all’azione del gol e al 46′ si imbatte in Agazzi, dopo ripartenza fulminante con Hamsik. E’ uno squillo al Napoli per dire: «Ci sono» . Una mezza dozzina di sfumature d’azzurro che servono per ricaricare l’umore e rimettere in discussione il destino.
LO SCORE – I tre gol All’Aik, nella gara inauguarale della Europa League, ricominciano a brillare, guadagnano spessore, anche perché intanto gli svedesi hanno battuto il Psv e pareggiato con il Dnipro, dunque sostenendo di essere meno inconsistente di quanto si poteva desumere: e pure questo aiuta. Ma, soprattutto, a dar consistenza alle ultime due sortite, contribuisce la concretezza e l’organizzazione d’un Napoli che, in precedenza, è stato troppo fragile per riuscire a facilitare il processo di crescita d’un ragazzo alle prese con problemi di lingua e dunque di apprendimento d’un calcio lontanissimo da quello frequentato in gioventù.
L’EQUIVOCO – Poi ci sono altri alibi: Vargas arriva al san Paolo, trova una squadra che va, che lotta per lo scudetto, che fa bene in Champions; ha davanti a sé Cavani e Lavezzi, due fuoriclasse, e gli restano dieci presenze in campionato che equivalgono però a 109 minuti; due in coppa Italia e una in Champions, chiaramente dalla panchina. Entra a partite chiuse o disperate e in certe circostanze la fiducia s’inabissa. Quest’anno siamo ad otto presenze in campionato (e però minutaggio sempre relativo: 401 primi), cinque gare in Europa League (ma almeno con una tripletta) e adesso due gare che hanno restituito il sorriso – grazie pure a Cavani che gli ha tenuto su il morale e lo ha invitato ad insistere – e spinto (il) Napoli ad attendere prima del giudizio finale. Perché vuoi vedere ch’era tutto sbagliato ciò che si era intravisto?
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.