L’ora e mezza di Vargas scocca alle 21,05 d’una serata che s’annuncia gelida, meno due o poco più: e in quei novanta minuti da far paura, perché dentro c’è uno spicchio del futuro, bisogna raschiare il fondo dell’anima, lasciarsi alle spalla la malinconia, superare di slancio la tristezza e rimettersi in gioco. Il turboman che il Napoli accende per scaldarsi un po’, per dimenticare, per mostrare che sì, fu vero affare, va già a mille: e però accade in allenamento, sotto gli occhi di Cannavaro e Maggio, di chi è costretto a marcarlo e per mesi e mesi ne ha garantito l’immediata esplosione: «Fa venire i brividi. E’ un fuoriclasse».
A TE, EDU – La memoria aiuta: e rivedersi, ripensare al 20 settembre (diamine, appena due mesi fa eppure sembra esser volata via un’eternità), riscoprire la propria vena da mattatore sapendo d’avere stavolta al fianco pure el matador è una iniezione di coraggio ma pure di autostima, una presa di coscienza su ciò ch’è un talento per ora inaridito. Si riparte dunque da lì, da quella notte magica, dalla esplosione così fragorosa d’una serata divenuta specialissima, perché tre reti tutto d’un colpo non si segnano neppure in allenamento: si ricomincia da quegli istanti, dal famelico istinto di chi in apertura si butta in area, copre il pallone, poi scarica il destro sul palo lungo; o da chi a campo largo va viene leggero e felicissimo, perché ha intuito ch’è cambiato il vento.
LA LINGUA – In fin dei conti, basta poco per rimuovere le incrostazioni, per scacciare via le paure e cancellare pure i pregiudizi: perché contro l’Aik, in quell’avvio pirotecnico di stagione, l’Edu Vargas che si è mostrato al san Paolo è stata la bellissima copia dell’attaccante triste, rimasto isolato nella sua lingua, a cercare di darsi risposte. Mazzarri ci ha provato, magari esagerando nel forzare i contenuti tattici: attaccante alla Pato, si lasciò sfuggire in ritiro, a Dimaro, la soluzione alternativa per trovare fette di campo in cui provare a valorizzare quei dodici milioni di euro. Però, poi, è stata complicata egualmente, perché Vargas ha continuato ad accusare difficoltà nel dialogo e il campo non lo ha agevolato: tre reti all’Aik, è vero, prima del buio.
GLI SCHEMI – La sua Napoli è europea, sostanzialmente: ed è quindi divenuto un tormento migliorarsi nel contesto d’una squadra inevitabilmente precaria nell’anima, costretta a giocare con relativa continuità. A Eindhoven, nel grigiore collettivo, avendo alle spalle un insolito 4-5-1, con Insigne larghissimo e lontanissimo, si smarrì nelle tenebre; e pure in Ucraina, con scelte di modulo differenti ma con eguale esito, divenne un’impresa riuscire a cogliere qualche segnale incoraggiante.
CREDERCI – Ma la convinzione non è mai mancata: non ha mai smesso di credere in lui De Laurentiis, che un bel giorno pensò pure all’ipotesi di trovargli un insegnate di madre lingua che avesse un passato calcistico; né hanno mai avuto perplessità sulle capacità di un bomber che appena dodici mesi fa ha incantato il Sud America, i suoi compagni di squadra, quelli che lo hanno testato in questa sua prima fase e che ne sono rimasti incantati, perché lui nel corso della settimana fa cose “da pazzi”. Eppure, il signore del giovedì sera non ha ancora sfondato, ha acceso una speranza in una giornata ormai distante, prima di ripiombare nel tunnel, di starsene un po’ lontano dai suoi standard, quelli che nel mercato dell’inverno del 2011 furono sufficienti per aprire una vera e propria asta internazionale, nella quale il Napoli ebbe la meglio.
DESTINO – L’Europa League sa di prova della verità ed ha il potere di definire il destino di Vargas, aggrappato a queste due gare (quella con l’Aik e l’ultima con il Psv al san Paolo): se azzera con uno scatto imperioso i pregiudizi determinati da prestazioni non sempre decifrabili, Napoli resterà sua; altrimenti, sarà inevitabile provarci altrove, ovviamente in prestito. Ma poi, per chi si chiama Eduardo, è già tutto scritto: gli esami non finiscono mai.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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