Il genio c’è: ma non si vede. E ciò che emerge da lontano, palpabile e percebile, è quel (tutt’altro) vago senso di sregolatezza che ne definisce il contorno, alimentando un alone di mistero. Ma se quel Vargas fosse un fenomeno? Gli undici milioni investiti in gennaio l’elevano al rango di stellina e il pallone d’argento conquistato sette mesi fa rappresentano un pregevole indizio: ma le prove, calcistiche e comportamentali, scatenano i sospetti e quel che resta in archivio, per il momento, è un interrogativo (un po’ inquietante) che la cronaca fa ondeggiar nell’aria a mo’ di spada di Damocle…
La notte è fatta…. Quando hai ventidue anni, le ombre sono alleate, compagne assai frequenti, e contengono tentazioni (irresistibili); una calamita, insomma, che attrae prepotentemente e che trascina Edu Vargas laddove non dovrebbe essere quando ormai è quasi l’alba, le quattro del mattino: in discoteca. Ma riposare evidentemente stanca e turboman, quel talento ancora inespresso, il gioiellino strappato dal Napoli a mezzo mondo, s’è concesso una botta di vita, ha eluso con un dribbling l’accordo sulla parola strappato al ct Borghi e se ne è stato con il Gary Mendel a divagare in quella ch’è divenuta immediatamente «una notte brava» , che il commissarrio tecnico del Cile ha punito a modo suo: fuori dalla Nazionale con tanto d’immediato cartellino rosso, un’espulsione in piena regola per tentar di redimere quel talento un po’ naif. «Con Vargas avevamo un accordo che non è stato rispettato. Lui e Mendel avevano il giorno libero, però avevano pure una disposizione da dover rispettare». Niente Pyerto La Cruz, niente Cile-Venezuela, qualificazioni ai Mondiali: stavolta il divano (o la discoteca?) gli tocca.
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