La FIGC apre al challenge nel mondo del calcio. La federcalcio, con un comunicato diramato pochi minuti fa, ha reso noto di aver dato la disponibilità a sperimentare questa possibilità. Sarebbe una svolta epocale, e d’altra parte la Serie A è già stata apripista per l’ingresso del VAR nel calcio. Ma cos’è il challenge?
La chiamata dell’arbitro alla on field review da parte delle squadre. La FIGC lo spiega brevemente così, e infatti questa è la descrizione più calzante. In sostanza, ove questa disponibilità fosse sfruttata e appoggiata dalla FIFA, i club del nostro campionato potrebbero chiedere all’arbitro di campo di andare a controllare il monitor per rivedere le azioni di gioco controverse. Come e quando? Al momento, ovviamente, è troppo presto per dirlo: lo stesso comunicato si rifà alle determinazioni dell’IFAB, cioè dell’ente deputato a fissare le regole del gioco del calcio a livello mondiale. È ovvio che, come già accaduto col VAR, vi saranno protocolli da seguire. E la possibilità di ricorrere al challenge dovrà comportare anche dei limiti, per evitare di spezzettare in maniera eccessiva un gioco già fatto di tante pause come il calcio.
Gli altri sport. Nel tennis, il challenge esiste da tempo: ciascun tennista ha a disposizione tre “chiamate” per set. Tre, ma potenzialmente illimitate: il conteggio si abbassa infatti soltanto in caso di errore da parte del tennista. Dal 2019, la stessa possibilità è stata introdotta anche in NBA: in questo caso, ciascun tecnico può effettuare solo una “chiamata” a partita, in casi molto ben determinati. Dal 1999 (dopo svariati tentativi negli anni precedenti) la stessa possibilità è stata concessa nel football americano, con limitazioni molto precise: tra le altre, ogni allenatore ne ha a disposizione due a partita. Che però diventano tre se il primo è andato a buon fine. Concludiamo con la pallavolo: due challenge a squadra per set. Anche in questo caso, il conteggio si abbassa soltanto in caso di chiamata errata.
Fonte: Tmw
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