Valon Behrami tutto di un fiato. Uno che non s’arrende mai. In campo come nella vita. Passato, presente e futuro del centrocampista svizzero di origini kosovare, da quattro mesi in maglia azzurra. Un lungo racconto con tanti capitoli: tanti quelli scritti, molti altri quelli da scrivere con la maglia del Napoli.
Partiamo da lontano: lei nacque in Kosovo, poi...
«Dovemmo lasciare il Kosovo perchè scoppiò la guerra. Avevo quattro anni, furono dei momenti drammatici. Con papà, mamma e mia sorella dovemmo abbandonare tutto in fretta e furia e ci trasferimmo in Svizzera a Stabio, dove la mia famiglia si guadagnava da vivere giorno dopo giorno».
Come diventa calciatore?
«Andavo a scuola e il mio sport era l’atletica leggera, correvo i 1500 metri oppure i cinquemila. La mia era una famiglia di emigrati, quando avevo 14 anni dovevamo lasciare la Svizzera e ritornare in Kosovo. Proprio in quel periodo scelsi di giocare al calcio e mi salvai perchè in quel contesto conobbi una persona impegnata in politica che ci aiutò a restare li. Cominciai ad entrare nel mondo del calcio giocando in una selezione regionale, poi nel giro della Nazionale svizzera, ottenni la cittadinanza e non ci furono più problemi per la permanenza in Svizzera».
Vive ormai da anni in Svizzera, come è stato il suo legame successivo con il Kosovo?
«Ho residenza a Lugano, una città tranquillissima, ogni tanto vado là quattro-cinque giorni per ricaricarmi. Grazie al calcio ho coronato il sogno della mia vita: sono riuscito a guadagnare i soldi per poter ricostruire le case in Kosovo a tutti i miei parenti che le avevano perse per la guerra».
L’Italia, poi Londra, ora Napoli…
«A Napoli c’è sempre il sole, la città è bellissima, abito a Posillipo, mi affaccio e guardo il mare. A Londra ogni mattina il cielo era sempre grigio, lo stato d’animo ne risentiva: alcuni giorni mi alzavo e non avevo voglia di fare nulla».
A Napoli ha subìto la rapina dell’orologio, quel brutto episodio ha cambiato il rapporto con la città?
«L’episodio l’ho vissuto in maniera tranquilla, poteva capitare dappertutto. Ero dispiaciuto perchè il fatto poteva suscitare clamore, come è stato. Il rapporto con la città non è cambiato, sto benissimo, qui, si trova bene la mia famiglia. Napoli è la prima città nella quale sono riuscito a stringere molte amicizie con persone non legate al mondo del calcio e quindi con loro riesco a parlare d’altro. Con la mia compagna Elena e la piccola Sofia, che ha quattro anni e va in classe con la figlia di Paolo Cannavaro, riesco a vivere molti momenti emozionanti in città».
Ha più volte detto che il Napoli non è inferiore alla Juve: la pensa ancora così?
«Sì, non credo il Napoli sia inferiore alla Juve e infatti a lungo siamo stati molti vicini in classifica. Però in determinate partite abbiamo sprecato il vantaggio, ci è mancata un po’ di esperienza nella gestione del risultato».
Ritiene possibile ancora l’aggancio alla Juve, oppure è più realistico pensare alla Champions?
«Il distacco dalla Juve è molto ampio e per quello che è stato finora il cammino delle due squadre ora come ora il nostro obiettivo è la Champions League, una lotta apertissima con Lazio, Fiorentina, Inter, Roma e Milan».
Ritiene possano essere le sue ex squadre, Fiorentina e Lazio, le avversarie più pericolose?
«Sì, credo che Fiorentina e Lazio abbiano dei valori superiori alle altre. La Fiorentina ha ottimi giocatori, una filosofia di calcio ben precisa, sta ottenendo grandi risultati. La Lazio ha un grande allenatore, Petkovic, lo conosco bene e abita a pochi chilometri da casa mia, a Lugano. Ha saputo valorizzare tutti i giocatori della rosa, la squadra è molto concreta e riesce a vincere anche quando non gioca benissimo».
Cavani è il compagno di squadra più forte con il quale ha mai giocato?
«Edi è uno dei giocatori più forti a livello mondiale, un attaccante moderno, mi ricorda Rooney che ho affrontato più volte da avversario in Inghilterra, uno feroce sia nella fase offensiva che in quella difensiva. Ho giocato con altri campioni come Jovetic, alla Fiorentina, anche se l’anno scorso rientrava dopo un infortunio. Ma Cavani è unico perchè ha la stessa furia agonistica nelle partitine d’allenamento, ci mette sempre la stessa grinta, vuole vincere sempre ed in questo è contagioso per tutti i compagni».
Con Inler forma lo stesso centrocampo della nazionale svizzera, un vantaggio?
«Sicuramente sì. Con Gokhan formiamo la stessa coppia di centrocampo in nazionale, c’è una grande intesa, ci capiamo subito, anche se uno dei due ha un problema. E poi ci integriamo benissimo: lui pensa più a costruire, io sono più portato a rompere il gioco».
La nazionale svizzera: siete primi nel girone, Mondiali vicini?
«Abbiamo cominciato molto bene il girone di qualificazione, 10 punti in quattro partite. Un lavoro cominciato da due-tre anni, dopo qualche problema iniziale ora abbiamo trovato un buon equilibrio. Adesso pensiamo a raggiungere il Mondiale, poi penseremo a quello che potremo fare in Brasile».
La forza del Napoli: il gruppo e Mazzarri?
«Il gruppo del Napoli è straordinario, sono tutti bravi ragazzi e ottimi professionisti. Il mio inserimento e quello di Gamberini sono stati agevolati proprio da questo fatto. Mazzarri è un allenatore che cerca di tirare fuori il massimo sempre, impeccabile nella preparazione delle partite, direi unico nella cura dei particolari. Spero fortemente che rimanga ancora a fine stagione».
L’Europa League, un altro obiettivo: pensa di poterla vincere?
«Vincerla è difficile. Sicuramente dobbiamo provare ad entrare nella fase che conta, quella finale, cioè arrivare tra le prime otto, quindi ai quarti. Poi si vedrà. L’Europa League è una bella manifestazione ed è importante, non capisco come possa essere snobbata da qualcuno».
Domenica c’è il Palermo, quali le insidie della partita dopo la grande vittoria sulla Roma?
«Una partita con tante insidie, ho visto la partita del Palermo con il Parma e non mi è sembrata una squadra in crisi, meritava molto di più. Verrà a Napoli con grandi motivazioni perchè ora è spinto dalle motivazioni di allontanarsi dalla bassa classifica. Non sarà semplice domenica, dovrà vedersi il miglior Napoli».
Il primo gol, prossimo suo obiettivo?
«Sicuramente è un mio obiettivo. Voglio provare la gioia di segnare un gol con la maglia del Napoli, magari al San Paolo davanti ai nostri tifosi. Ma il mio compito è un altro: devo contribuire con le mie prestazioni alle vittorie del Napoli, penso a questo. Segnare sarebbe un qualcosa in più».
Il combattente del centrocampo, come lo era Bagni nel Napoli dello scudetto: le piace l’accostamento?
«Mi piace molto. Bagni è stato un grandissimo calciatore e a Napoli ha vinto. Io sono qui da soli quattro mesi e ancora non ho vinto niente. Sicuramente questo è il mio carattere: sono un combattente dentro e fuori dal campo. Sono felice che queste mie caratteristiche vengano apprezzate dai tifosi».
Le altre passioni oltre al calcio?
«Mi piace molto vedere in Tv le partite di basket Nba. A volte mi capita di fare tardi davanti alla tv. Per fortuna c’è la mattina per poter recuperare e dormire un pochino in più».
I compagni di squadra, con chi ha legato di più?
«Vado d’accordo con tutti, oltre che con gli svizzeri, ovviamente, ho legato molto con Marek. De Sanctis è molto simpatico, abitiamo abbastanza vicini. Ora se andrà via Dossena toccherà a me accompagnarlo in auto fino a casa».
Roberto Ventre per “Il Mattino”
La Redazione
P.S.
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