Il vicepresidente della Lega Pro Archimede Pitrolo, in un’intervista del 9 Febbraio 2012 rilasciata a SportMediaset riguardo alle politiche di valorizzazione del calcio dei giovani, ha messo in luce l’evidente differenza tra la media di età dei giocatori italiani schierati nella Lega Professionistica di serie A e quelli del calcio Europeo. A tal proposito ha ricordato come la Lega Pro sin dalla sua nascita ha avuto come funzione primaria la formazione e la valorizzazione dei giovani calciatori italiani, studiando regolamenti e incoraggiando le proprie società al conseguimento di questa politica. Un esempio in tal senso è l’introduzione dell’obbligatorietà in campo di giocatori Under 20.
Abbiamo chiesto a chi vive la realtà del calcio minore in prima persona, di darci le sue impressioni sull’aiuto che queste categorie danno ai giovani; abbiamo intervistato Antonio Napolitano, classe ’88, centrocampista titolare dell’Internapoli Camaldoli, squadra che milita nel campionato di Serie D, precisamente nel Girone H.
Come è iniziato il tuo amore per il pallone?
“Ho iniziato da piccolissimo, avevo circa 5 o 6 anni; una passione nata praticamente da subito. Giocavo nella scuola calcio “Luigi Vitale” di Casoria, e dopo due o tre anni sono passato nella “Damiano Promotion”, che seleziona i migliori per mandarli fuori a giocare. A 13 anni sono andato a Messina, serie B, ovviamente nel settore giovanile; sono rimasto in Sicilia per circa tre anni e mezzo, dopodiché ho trascorso sei mesi di fermo per alcune discussioni con la società del Messina. L’anno successivo sono tornato a Napoli e ho giocato in Eccellenza con il Quarto; l’anno dopo in serie D con il Sibilla Bacoli, vincendo due volte di seguito i play off. L’anno successivo ho giocato sempre in serie D con il Pianura e da due anni a questa parte gioco titolare con l’Internapoli, prima in Eccellenza, e ora, dopo aver vinto i play off, in serie D. Quest’anno ho collezionato tutte le presenze e 7 gol”.
Quando hai capito che la tua passione poteva diventare qualcosa di più importante?
“Inizialmente giochi per passione, per puro divertimento e piacere. Crescendo inizi a renderti conto del giro di soldi che ruotano attorno a questo sport e capisci che potrebbe diventare un lavoro e potresti vivere della tua passione; a quel punto inizi a impegnarti con tutte le tue forze perché vuoi che questo sia il tuo futuro. Adesso non posso immaginare la mia vita senza il calcio”.
Alla luce delle dichiarazioni del vicepresidente Pitrolo, ritieni che la Lega Pro sia realmente una buona vetrina per i giovani calciatori?
“Credo che a differenza delle società di serie B e serie A, la Lega Pro stia mettendo in atto un ottimo programma per mostrare i giovani talenti che altrimenti non avrebbero spazio per mettersi in luce; bisognerebbe puntare un po’ di più su giovani di qualità anche in categorie di un certo livello, altrimenti la carriera di giocatori anche abbastanza validi è bruciata in partenza”.
Qual è stato il momento decisivo della tua carriera calcistica?
“Sicuramente i 4 anni a Messina. Mi hanno fatto crescere dal punto di vista umano e calcistico. Ho vissuto da solo in quegli anni, lontano dagli affetti e dalla famiglia, nel momento forse più delicato della vita di un ragazzo. L’unico rimpianto è quello di non essermi impegnato al 100% delle mie possibilità, sia per una questione di età che per vari infortuni che ho subito in quegli anni. Mi aspettavo di più da quell’esperienza dal punto di vista professionale; speravo potesse portarmi più in alto e invece mi sono ritrovato a ripartire da zero”.
Quanto ha influito nella tua vita questa passione? Hai dovuto fare molte rinunce?
“Il calcio è la mia vita, è qualsiasi sacrificio ho fatto e faccio tuttora, non l’ho mai considerato un vero e proprio sacrificio, perché lo facevo volentieri. Un esempio è l’esperienza a Messina: per un ragazzo di soli 13 anni può sembrare assurdo stare lontano da casa per così tanto tempo, ma io sono sempre stato molto deciso su quello che volevo ottenere e nessun ostacolo mi è mai sembrato così insormontabile”.
La soddisfazione più grande ottenuta fino ad oggi.
“Può sembrare strana come risposta ma la mia grande soddisfazione è quella di aver trovato dei veri amici. Nel calcio è difficile instaurare rapporti veri e legami forti; io ci sono riuscito, e, a prescindere dalle soddisfazioni personali, tra gol e vittorie, credo che la gioia più grande sia questa”.
Quella che speri di ottenere.
“Spero di andare avanti in questo mondo, arrivare a livelli alti e, con molta sincerità, spero di poter guadagnare più di quanto guadagni ora. La vita è sempre più difficile, per non parlare del mondo del lavoro. Quindi poter guadagnare facendo ciò che amo è il sogno più grande a cui posso ambire”.
A cura di Marianna Acierno
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