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“Uno su mille ce la fa”- Guida (ex dif. Ebolitana) si racconta ad Iamnaples.it

"Tra il settore giovanile ed i campionati semiprofessionistici c'è una differenza abissale"

Nel proseguire la nuova rubrica di Iamnaples.it, “Uno su mille ce la fa”, nata per raccontare storie di vita, emozioni e traguardi vissuti da giovani calciatori che si inseriscono in questo mondo, abbiamo intervistato Raffaele Guida, terzino destro, classe 91, che, dopo un infortunio alla caviglia, mentre era in ritiro con l’Ebolitana,  ha dovuto fermare la sua carriera, ma che ha già esperienze di qualità alle sue spalle ed è assolutamente pronto per tornare in campo più forte di prima. Date le esperienze del giovane calciatore, non solo in ambito di campionati semiprofessionistici, ma anche nel settore giovanile di squadre di serie A, ci siamo soffermati, soprattutto, sulla formazione del giocatore, interrogandoci su quanto sia importante l’ambiente in cui un ragazzo cresce e sviluppa le sue potenzialità.

Cosa pensi del calco di oggi? Quali sono le differenze con il calcio dei tuoi inizi?

“Non credo ci sia una gran differenza, il calcio è sempre stato un mondo difficile e allo stesso tempo affascinante. Da quando per  la prima volta ho indossato i miei adoratissimi “scarpini”, sono trascorsi circa 10 anni e il calcio continua a regalarmi emozioni impressionanti”.

Quale è stato il tuo primo approccio?

“Quando mio padre ha iniziato a capire che non avrei mai staccato il pallone dai piedi, decise di portarmi in una scuola calcio di Castelcisterna e durante una partita un addetto ai lavori del Napoli mi notò in campo e poco dopo mi chiese se mi avesse fatto piacere indossare la maglia azzurra. Avevo solo 13 anni e ovviamente toccai il cielo con un dito. Non potevo rifiutare!”

Quanti anni hai trascorso a Napoli?

“3 anni, dai 13 ai 16. L’anno successivo sono andato a giocare nella Casertana che lo stesso anno ha vinto il campionato di Eccellenza, approdando in serie D. Il secondo anno, con la squadra della mia città, abbiamo sfiorato i play off ai quali non abbiamo potuto partecipare per un punto e il terzo anno finalmente siamo riusciti  ad accedere ai play off”.

Quali sono le differenze tra il settore giovanile delle squadre di serie A e il calcio semiprofessionistico o dilettantistico?

“Per un ragazzo di 15 o 16 anni, agli inizi della sua carriera, la differenza è abissale. Nel settore giovanile di una grande squadra cresci e maturi diversamente, sei agevolato e ti senti in qualche modo protetto dall’ambiente che ti circonda. Anche gli osservatori e i procuratori ti guardano con occhi diversi, come se fossi una sorta di giovane talento che si prepara per il grande passo. Quando ho iniziato la mia esperienza in Eccellenza, ho capito davvero cosa significasse “giocare a calcio”; credo che l’aspetto più importante che differenzi le due categorie sia il fatto che nel settore giovanile disputi campionati con ragazzi della tua stessa età mentre nel  calcio semiprofessionistico ti ritrovi in campo con persone adulte, che giocano per mestiere e, quindi, per guadagnare, e non solo per passione. È un clima diverso che ti porta a crescere soprattutto sotto l’aspetto umano. Inizi a rafforzare il carattere e ad avere il sangue freddo di gestire situazioni più complicate, perché c’è una tensione diversa durante le gare dei campionati semiprofessionisitici. Inizi a giocare davanti ad un pubblico di 3000 o 4000 persone. Nelle squadre giovanili, sbagliare una partita o giocare male creava un danno per me, senza grandi ripercussioni, invece, in serie D le reazioni sono diverse; sbagliare una partita significa giocarsi il posto in campo e non c’è nessuno pronto a giustificare una tua mancanza o un tuo errore; è in quel momento che, secondo me, capisci se hai la stoffa e la grinta per continuare a giocare a calcio. Devi trasformare le tue debolezze in punti di forza.”

Se potessi tornare indietro e scegliere in quale settore crescere e formarti, cosa sceglieresti? E, soprattutto, ritieni che sia importante iniziare da piccoli a giocare a calcio o sia necessaria anche una buona dose di maturità per intraprendere questa carriera?

“Per la mia esperienza  posso dirti di essermi trovato bene così, però, ci sono i pro e i contro in entrambi i casi. Crescere nell’ambito di una squadra di serie A, nonostante la netta differenza fra la Primavera e la Prima squadra, ti porta notevoli vantaggi, ma allo stesso tempo il calcio dilettantistico ti fa crescere in maniera diversa, ti rafforza, ed è importante questo tipo di formazione, non solo nel calcio, ma nella vita. Per giocare a calcio al giorno d’oggi, devi davvero mostrare di possedere talento e qualità, e qualsiasi sia l’ambiente che ti circonda, cerchi di adattarti e di uscirne vincitore. È importante sfruttare al meglio gli anni della formazione, è una carriera “breve” quella del calciatore ed è necessario iniziare quanto prima”.

Quali sono i tuoi obiettivi oggi?

“Ne sono tanti. Sono appena uscito da un momento difficile, causato da una lesione al legamento della caviglia; mi sono infortunato quest’estate, durante l’ultimo allenamento del ritiro con l’Ebolitana, squadra campana che milita nel campionato di Seconda Divisione della Lega Pro. Ero riuscito in pochi giorni a mettere in luce le mie qualità calcistiche e la mia maturità in campo. Ironia della sorte, è bastato un attimo per stroncare la mia prima esperienza in questa categoria. Ora sono tornato ad allenarmi e ho recuperato al 100%. Sono pronto a tornare in campo e ricominciare a giocare più forte di prima”.

Hai parlato di momento difficile, in che modo ti ha segnato questo infortunio?

“E’ stato difficile perché avevo, ovviamente, tanta voglia di mettermi in mostra nel campionato professionistico, quindi non sono riuscito inizialmente a farmene una ragione; anche questi momenti, però, servono nella formazione di un ragazzo che vuole diventare un calciatore, ed è per questo che dalla sfortuna ho tratto dei benefici: sono maturato e ho capito di dover sfruttare al massimo le mie possibilità, senza lasciarmi condizionare da niente e da nessuno. Adesso ho solo voglia di tornare in campo e dimostrare quanto valgo”.

Nonostante la tua giovane età, hai qualche rimpianto per la tua carriera calcistica?

“Più di uno. Ho avuto molte occasioni che non ho saputo sfruttare, forse perché troppo giovane per capire fino in fondo l’importanza di alcune di queste. Non ho saputo distinguere chi mi ha solo gettato fumo negli occhi da chi mi ha, invece, proposto ottime opportunità. E solo ora mi rendo conto di aver sbagliato”.

Ad oggi, quale credi sia stata l’esperienza più bella e che rifaresti ad occhi chiusi?

“Senza ombra di dubbio, la Casertana! Ho giocato nella squadra della mia città, circondato dai miei amici e dalla mia famiglia. Ho avuto soddisfazioni che hanno ripagato tutti i sacrifici fatti fino ad allora, e conserverò per sempre un ricordo bellissimo di quegli anni. Il calcio è amore e spirito di sacrificio; senza questi sentimenti rimane uno sport fine a se stesso, senza nessun tipo di emozione. La passione e la dedizione fanno la differenza”.

A cura di Marianna Acierno

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