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Un fungo ha bruciato l’erba del San Paolo

Si spera di aggiustare il campo nel più breve tempo possibile

Edinson Cavani e Stevan Jovetic fanno più di 100 milioni di euro in due, tra clausola rescissoria del Matador e valore approssimativo di Jo-Jo, e considerando anche il resto dei fior di giocatori di Napoli e Fiorentina, da Hamsik a Borja Valero, passando per Insigne, si può serenamente parlare di un patrimonio di gambe e piedi in campo. Bene, e allora perché il terreno di gioco del San Paolo sembrava quello di un campo di periferia?

LE CAUSE – Giallo sabbia, a tratti paglierino, il colore del prato. Di quel che resta del prato dello stadio Fuorigrotta: erba bruciata, ciuffi di speranza tipo calvizie, e poi sabbia. Per l’appunto. Che si alza a nuvole polverose ogni volta che s’affonda un tackle o magari si accelera. Tutta colpa di un fungo, è storia nota. Tutta colpa di un virus, diciamo così, che come ha spiegato l’head of operations del Napoli, Alessandro Formisano, ha colpito la zona antistante la panchina degli ospiti e poi s’è propagato a macchia d’olio per l’intera area. E ancora: «Abbiamo notato un’anomalia nei giorni più caldi dell’estate: all’esterno dello stadio la temperatura era di trenta, trentuno gradi circa, mentre sul terreno di gioco si sfioravano i cinquanta gradi». Con il risultato dell’effetto fiamma: tutto bruciato e adios.
SEMINA E AGRONOMO – Il club azzurro le ha provate tutte. Ha provato a orchestrare ogni tipo d’intervento e miglioria possibile, incentivando l’azione dell’impresa manutentrice dopo l’amichevole del 19 agosto con l’Olympiacos, quella che presentò al pubblico questo pezzo di deserto trasferito temporaneamente dal Sahara a Napoli: nuova semina immediata, esperti e operai al lavoro senza sosta, con tanto di incarico supplementare a un agronomo. Di tutto e di più, per rendere il campo di nuovo praticabile, o quantomeno decente nel più breve tempo possibile.
LAZIO DAY – Risultati? «La situazione del manto erboso è migliorata, ma purtroppo non ha ancora raggiunto lo stato ottimale che avremmo desiderato». Di certo a compattare il fondo, e a limitare almeno un tantino i danni, ci ha pensato la pioggia degli ultimi giorni, ma per poter apprezzare risultati soddisfacenti non bisogna fare altro che attendere. Attendere che le cure facciano effetto e la semina attecchisca. Insomma, i tempi di recupero del campo infortunato, malato, malandato, si aggirano intorno ai venti giorni: stando a quanto spiegato dalla ditta manutentrice, il prato dovrebbe rifiorire dopo la sosta, ovvero il 20 settembre o giù di lì. Un mese dopo la semina. E dunque, a conti fatti, gli azzurri giocheranno su un terreno in condizioni precarie, ma sicuramente migliori di quello di ieri, anche con il Parma il 16 settembre, mentre la questione-campo dovrebbe risolversi in occasione della terza passerella al San Paolo, in programma con la Lazio il 26 settembre. Il Napoli spera una volta per tutte.
FESTA LORENZO – Per un problema pubblico, una festa privata. Un brindisi informale, diciamo così, ma sentito come pochi altri: intorno alle 19, infatti, nel ritiro della squadra è arrivata la comunicazione ufficiosa della convocazione in Nazionale di Lorenzo Insigne. Ufficiosa ma valida eccome: commozione, abbracci da tutti, complimenti da Mazzarri e poi subito in clima partita. Con gli applausi dei quarantamila. Che gioia, per il Bimbo d’oro, come sempre applaudito in tribuna da tutta la famiglia. Che gioia per il team manager azzurro, Giuseppe Santoro, l’uomo che nel 2005 lo ha scoperto e consegnato al Napoli, acquistandolo per millecinquecento euro a un raduno di provincia. Ci aveva visto giusto. Eccome.
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